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ataris
26-04-2016, 14:24
Giochi della I Olimpiade
ATENE 1896

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/4/41/Poster_I_olimpiade.jpg/175px-Poster_I_olimpiade.jpg




DATA: 6 aprile / 15 aprile
NAZIONI PARTECIPANTI : 15
NUMERO ATLETI: 245 (245 uomini)
NUMERO DI GARE: 43
DISCIPLINE: Atletica, Ciclismo, Ginnastica, Lotta greco-romana, Nuoto, Scherma, Sollevamento pesi, Tennis, Tiro



STORIA
I Giochi Olimpici moderni nacquero alla fine dell’Ottocento per iniziativa del barone francese Pierre de Coubertin, sull’onda del rinnovato interesse per l’età classica portato dalle straordinarie scoperte archeologiche di quei decenni. Il suo progetto fu presentato a un congresso alla Sorbona, nel giugno del 1984, al termine del quale fu fondato il CIO e fu deciso che la prima sede delle Olimpiadi moderne sarebbe stata Atene.
In seno al Comitato olimpico internazionale, costituito da de Coubertin, era opinione condivisa che i Giochi dovessero ripartire dalla terra che originariamente li aveva creati. Non certo da Olimpia, dove erano in corso gli imponenti scavi tedeschi in continuazione di quelli iniziati dai francesi e dove emergevano poche tracce degli antichi splendori, sopravvissute agli insulti del tempo, dei terremoti e dei saccheggi, bensì ad Atene. Una corrente di pensiero avrebbe voluto l'istituzione permanente dei Giochi nella capitale greca, ma il barone era contrario. Inizialmente, aveva accarezzato l'idea di aprire il nuovo secolo con il ritorno dei Giochi e di allestirli a Parigi, inseriti nell'Esposizione Universale. Ma poi lo aveva assalito il timore che sei anni, quelli che sarebbero intercorsi fra la decisione assunta nel giugno del 1894 e la disputa dei primi Giochi dell'era moderna, fossero un intervallo di tempo eccessivo. Il principio che de Coubertin difese fu quello di un'Olimpiade itinerante che diffondesse il movimento nel mondo. E anche quest'idea, come quella originaria di ripristinarli, si sarebbe rivelata felice e fruttifera.

L'anno scelto fu dunque il 1896. Dopo aver cortesemente respinto l'offerta del generale svedese Viktor Balck, membro del CIO, di tenere i Giochi a Stoccolma, de Coubertin ricevette il primo assenso, un telegramma del re di Grecia, datato 21 giugno, che lo ringraziava "per aver ricostituito i Giochi".
La notizia che i giochi olimpici sarebbero ritornati in Grecia dopo oltre 1500 anni venne accolta favorevolmente dal pubblico greco, dai media e dalla famiglia reale. Secondo de Coubertin, "il re Giorgio I ed il principe Costantino hanno appreso, con grande piacere, che le Olimpiadi moderne saranno inaugurate ad Atene, confermando il loro patrocinio riguardo questi giochi." Il giornale londinese The Times fu invece critico riguardo l'assegnazione delle Olimpiadi alla capitale greca, sottolineando la mancanza di considerazione nei confronti di importanti esempi sportivi britannici, come quelli delle università di Oxford e di Cambridge. Vi furono delle proteste anche da parte della Germania, che considerava i Giochi olimpici una creazione francese, in quanto erano stati voluti da de Coubertin.

Il primo regolamento olimpico del 1894 stabilì che potessero essere ammessi solo gli sportivi dilettanti (con la sola eccezione di una gara di fioretto), per cui parteciparono alle competizioni studenti, marinai, impiegati e persone che praticavano lo sport solo come passatempo.Alcuni presero parte ai giochi perché erano in Grecia per vacanza o per lavoro (ad esempio, alcuni dei partecipanti inglesi lavoravano nell'ambasciata britannica) o perché avevano la necessità di essere ad Atene nel periodo in cui si tenevano i Giochi. In alcuni casi parteciparono alle gare anche dei turisti che in quel momento stavano visitando la Grecia. Per questo motivo, si hanno poche notizie sui protagonisti della manifestazione e molti di loro parteciparono alle successive edizioni dei Giochi olimpici.
Il regolamento dei Giochi olimpici escluse poi le donne dalle competizioni: il barone de Coubertin, influenzato dalla cultura dell'età vittoriana, in cui il genere femminile era considerato inferiore rispetto a quello maschile, e dalla tradizione dei Giochi olimpici antichi (in cui solo gli uomini erano autorizzati a partecipare agli eventi, con l'esclusione di donne, schiavi e barbaroi, ovvero non greci), era contrario alla loro partecipazione ai Giochi o nello sport in generale; anzi, credeva che "la partecipazione delle donne fosse un male per l'atleta di sesso maschile" e che le sportive dovessero essere escluse dal programma olimpico.

Non esisteva un villaggio olimpico,quindi gli atleti dovettero provvedere da soli al vitto e all'alloggio, oltre che al viaggio, problemi questi che portarono alla rinuncia della partecipazione ufficiale da parte di numerosi paesi, come ad esempio Italia e Paesi Bassi. La giuria, gli arbitri e il direttore dei Giochi avevano gli stessi nomi degli ufficiali dei giochi olimpici antichi, cioè eforo, ellanodico e alitarco. Re Giorgio I si presentava come un arbitro finale; secondo de Coubertin, "la sua presenza dava peso e autorità alle decisioni degli efori".

I fotografi ufficiali della manifestazione, per tutte le discipline, furono sei, inviati dalla Kodak; in particolare, il tedesco Albert Meyer fu l'autore della maggior parte delle foto disponibili.


I PROTAGONISTI
Gli inviti furono curati personalmente da de Coubertin: il programma prevedeva che le gare si svolgessero dal 6 al 15 aprile. Accanto agli sport che videro effettivamente gare disputate (atletica, ciclismo, scherma, ginnastica, tiro a segno, nuoto, tennis, pesi e lotta) erano previste altre discipline. Ma problemi organizzativi e finanziari costrinsero de Coubertin a escludere prima dei Giochi il cricket, gli sport equestri, il pattinaggio su ghiaccio, il jeu-de-paume (tennis corto), il polo e la pallanuoto. Inclusi nel programma, ma cancellati all'ultimo furono il canottaggio, le cui 7 gare previste nella giornata finale non si disputarono per il tempo inclemente, una tempesta di vento e pioggia battente, e la vela, questa per mancanza di iscritti alle 5 prove previste. Le gare, dunque, in 9 sport, furono 43 nell'arco di dieci giorni.

I paesi che risposero all'appello, oltre alla Grecia, furono l'Austria, la Danimarca, la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, l'Ungheria, la Svizzera e gli Stati Uniti. Partecipazioni isolate si registrarono da Australia, Egitto, Italia e Svezia, ciascuna con un concorrente, oltre che da Smirne e Cipro, allora indipendenti. Iscritti, ma assenti ad Atene, atleti di Belgio, Cile e Russia.
La spedizione degli USA merita un cenno a parte. La notizia dei Giochi venne diffusa negli Stati Uniti, soprattutto in ambiente universitario, da William Milligan Sloane, membro del Comitato olimpico internazionale ‒ che per Atene era anche il comitato organizzatore ‒ il quale mise in piedi un team composto da quattro studenti di Princeton e sei di Boston per le gare di atletica. Tiepido l'interesse dei britannici, mista l'accoglienza in Francia, dove i tiratori rifiutarono di partecipare; entusiasmo in Germania, la cui famiglia reale era imparentata con la greca.

Di medaglie nemmeno a sognarle: nella prima edizione dei Giochi moderni i vincitori venivano premiati con una corona di ulivo e una medaglia di argento, i secondi classificati con una medaglia di rame e un ramo d’alloro, mentre addirittura non era previsto alcun premio per i terzi.
Tutti i premi furono consegnati da re Giorgio in occasione della cerimonia di chiusura.


LE GARE
Il primo atto agonistico dei Giochi moderni fu una batteria dei 100 m: vi parteciparono 5 atleti, e l'americano Frank Lane ottenne il primo (parziale) successo dei Giochi, cronometrato in 12″1/5 dall'unico cronometrista, l'architetto inglese Charles Perry. La prima immagine, scattata per la Kodak dal tedesco Albert Meyer ‒ a lungo ritenuta quella della partenza della finale ‒ ci mostra invece, come documentato da Mallon e Kamper, l'avvio della seconda batteria dei 100 m, con l'americano Thomas Curtis, secondo da sinistra, che esibisce i quattro appoggi di scuola anglosassone. Lo stesso Meyer scattò, dall'alto, un'immagine dell'arrivo della finale.

L'atletica monopolizzò l'attenzione: nel suo programma figuravano una gara reinventata per l'occasione e un'altra costruita, letteralmente, a tavolino. La prima era il lancio del disco, modellato sulle statue greche e romane. La storia registra una gara a Cambridge nel 1882, ma quella di Atene, il 6 aprile, fu la vera prima competizione internazionale.
La seconda invenzione dell'atletica di Atene riguardò la maratona. L'idea venne suggerita a de Coubertin da un filologo della Sorbona, Michel Bréal (1832-1915), per commemorare il sacrificio di Fidippide (o Filippide), che secondo il racconto dello scrittore del 2° sec. d.C. Luciano di Samosata (ma Plutarco lo chiama Eucle) aveva percorso d'un fiato la distanza fra Maratona e Atene per annunciare il successo sui persiani nel 490 a.C. ed era poi spirato sotto un albero. In realtà, Erodoto, pur riferendo di resistenti messaggeri degli eserciti ellenici, incluso un certo Fidippide famoso per aver coperto i 240 km fra Sparta e Atene senza peraltro morire, non fa alcun cenno a Fidippide in occasione delle cronache sulla battaglia di Maratona, il che induce a ritenere che Luciano abbia inventato la storia. Il suo racconto comunque fece presa su Bréal e, di conseguenza, su de Coubertin. Il barone fece misurare la distanza e varò una prova di circa 40 km, che seguiva un percorso sicuramente diverso da quello del messaggero dell'epoca, se mai esistito, che di certo aveva tagliato per le colline.

Il livello tecnico delle gare fu modesto: d'altra parte, la spedizione americana comprendeva un solo campione nazionale, Thomas Burke, che infatti vinse 100 e 400 m. Si segnalò la ginnastica, illuminata dai tedeschi: all'aperto, al centro del Panathinaikos, fece man bassa di medaglie Carl Schuhmann, alto appena 1,59 m per 70 kg, che vinse tre ori e ne aggiunse un quarto nella lotta, in cui batté ‒ dopo una sospensione per oscurità e una ripresa il mattino dopo ‒ il greco Georgios Tsitas, alto 1,75 m. Schuhmann fu l'eroe della cena di chiusura, complimentato dallo stesso re, che aveva officiato le gare. Molti ginnasti erano giovanissimi: a 10 anni e 218 giorni Dimitros Loundras fu il più giovane medagliato olimpico, terzo con la sua squadra, l'Ethnikos. L'atleta più anziano fu il trentaseienne Georgios Orphanidis nel tiro; in questa disciplina, ma nella prova riservata alla carabina militare 200 m, gareggiò anche un italiano, tal Rivabella. Fece in tempo ad applaudire la regina Olga che provò un fucile prima delle gare, poi fu subito eliminato e non partecipò alla fase finale.

Il nuoto fu disputato in condizioni proibitive, nelle acque gelide e agitate del Pireo; i 100 m andarono a un ungherese, Alfred Hajos, che divenne poi famoso come architetto: suo sarà il progetto del Nepstadion di Budapest negli anni Venti.

Quanto al tennis, all'aperto, nel velodromo olimpico, vi si affermò fra gli altri la strana coppia formata dal britannico (in realtà irlandese) John Pius Boland e dal tedesco Fritz Traun, che Boland reclutò dopo che Traun era stato eliminato negli 800 m.

Il ciclismo fece registrare le più lunghe gare olimpiche su pista della storia, come i 100 km al coperto con 300 giri del tracciato, dominati dal francese Léon Flameng, che si affermò con 11 giri di vantaggio sul greco Georgios Kolettis, dopo averlo atteso quando si era fermato per un incidente meccanico. Ci fu anche una corsa sulle 12 ore, conquistata dall'austriaco Adolf Schmal, più noto come schermidore: Schmal guadagnò subito un giro di vantaggio, si incollò al britannico Frank Keeping e lo seguì come un'ombra fino al traguardo. Nella sciabola era rimasto fuori dal podio, avendo dovuto ripetere le fasi iniziali ‒ era in netto vantaggio ‒ per il ritardato arrivo del re.



MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/8VnZvpQ.png



L'ATLETA SIMBOLO

Hermann Weingärtner (3 ori, 2 argenti, 1 bronzo nella ginnastica)

http://www.frankfurt-oder.de/media/custom/2616_15_1_k.JPG?1445962924



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=H3Uq5amGfBg

ataris
02-05-2016, 10:11
Giochi della II Olimpiade
PARIGI 1900

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/da/Poster_van_zomerspelen_1900.jpg/175px-Poster_van_zomerspelen_1900.jpg




DATA: 20 maggio / 28 ottobre
NAZIONI PARTECIPANTI : 24
NUMERO ATLETI: 1233 (1211 uomini, 22 donne)
NUMERO DI GARE: 95
DISCIPLINE: Atletica, Calcio, Canottaggio, Ciclismo, Cricket, Equitazione, Ginnastica, Golf, Nuoto, Pelota basca, Polo, Rugby, Scherma, Tennis, Tiro, Tiro con l'arco, Tiro alla fune, Vela



STORIA
Le prime Olimpiadi moderne si erano rivelate un grande successo di pubblico. Nonostante le richieste della Grecia, che avrebbe voluto essere designata come sede unica dei Giochi, l’edizione successiva fu assegnata a Parigi. La proposta, anche questa volta, partì da De Coubertin, attratto dalla possibilità di far coincidere le Olimpiadi con l’Expo in programma nello stesso anno.
Ma le Olimpiadi ne vengono inghiottite. Il commissario generale dell'Esposizione Alfred Picart e il presidente della Francia Emile Loubert non si preoccuparono minimamente dei Giochi e così, de Coubertin deve amaramente constatare che, alla vigilia dell'inizio delle gare, delle strutture previste non c'è assolutamente niente. Le Olimpiadi finiscono per essere disputate in campi di gara improvvisati e si protraggono per oltre cinque mesi.

Bisogna entrare nello spirito dell'inizio secolo, nell'atmosfera d'eccitazione che prese la Ville Lumière durante l'Esposizione Universale. Frenesia del nuovo che avanzava, invenzioni mirabolanti, espositori da baraccone, e la Tour Eiffel che campeggiava da poco sulla Senna. In questo quadro, le competizioni originariamente previste da de Coubertin come olimpiche, con un puntiglioso calendario pubblicato il 29 maggio 1898, divennero gare da concorso internazionale dell'Esposizione, e nessuno parlò mai ai partecipanti di Giochi olimpici. Fu arduo perciò già all'epoca parlar d'Olimpiade; assai più arduo dopo recuperare le gare vere da quelle per professionisti, a handicap, con premi in denaro. E altrettanto arduo fu discernere fra i veri e i falsi partecipanti olimpici: si pensi che nel tiro con l'arco il rapporto olimpico - un'accozzaglia di errori e imprecisioni racchiuse in due enormi e quasi inutili volumi - elenca la bellezza di 5.254 partecipanti! Con tutta evidenza, questi cosiddetti dati tengono conto delle selezioni avvenute nelle più sperdute località della Francia, fino a livello di paesino: a Parigi i francesi furono 13, che con l'aggiunta di 4 belgi diedero vita a una sarabanda di gare mai più viste né sentite in zona olimpica: gare au berceau (sotto una galleria), e au popinjay (alla pertica), al cordon doré, au chapelet, sur la perche... meglio sorvolare: ma i belgi, che qui lottano ad armi pari con i francesi, si vendicheranno con un bel coacervo di gare ad Anversa vent'anni più tardi.
Quello dell'arco è solo un esempio: ma abbiamo anche altre stranezze come la gara di nuoto sott'acqua o quella a ostacoli, discipline mai più viste come il croquet e la pelota basca, fino a un intenso torneo di polo; e per fortuna gli storici ci hanno liberato di 13 gare di auto, due di moto e una di camion; di 18 prove di volo in pallone; delle bocce o del salvataggio, e di otto competizioni di motonautica. Semplicemente, non figuravano nel programma originario di de Coubertin.

Non vennero organizzate né la cerimonia d'apertura, né quella di chiusura, per l'associazione dell'Olimpiade con l'Expo.

La decisione di tenere le competizioni esclusivamente la domenica portò alle proteste ufficiali dal parte degli atleti statunitensi, che parteciparono come rappresentanti dei rispettivi collegi e preferirono ritirarsi piuttosto che gareggiare durante il giorno di riposo, dedicato a Dio

Dalla confusione di Parigi, emergono 18 sport e 95 gare, nell'arco di cinque mesi e mezzo di competizioni.
Tutte, comunque, furono incastonate nella Fiera, aperta il 15 aprile 1900, alla presenza di governanti di 40 paesi. Le esposizioni furono oltre 83.000, di cui ben 7000 dagli USA, distribuite su un'estensione di 279 acri sulle rive della Senna, e su altrettanti al bosco di Vincennes.
L'Expo chiuse il 12 novembre, visitata da quasi 51 milioni di persone; l'Olimpiade ne fu solo un piccolo contorno.

L'esperienza di Parigi depresse profondamente de Coubertin che commentò: "I Giochi sono stati quello che potevano essere nelle condizioni in cui si sono disputati, ed è un miracolo che l'Olimpiade sia sopravvissuta a questa celebrazione". De Coubertin subito dopo Parigi commise l'errore di dar via libera a St. Louis, ma soprattutto mostrò di non aver fatto tesoro dell'esperienza parigina nell'abbinamento nefasto Olimpiade-Esposizione Universale: a St. Louis i Giochi diedero coloritura olimpica a qualunque evento sportivo, ma il tono da fiera paesana svilì molte competizioni e provocò anche una abominia come le gare riservate alle 'razze minori', di cui il barone si vergognerà per tutta la vita.


I PROTAGONISTI
Il regolamento dei Giochi olimpici consentì, per la prima volta, la partecipazione delle donne alle competizioni: il barone de Coubertin, influenzato dalla cultura dell'età vittoriana, in cui il genere femminile era considerato inferiore rispetto a quello maschile, e dalla tradizione dei Giochi olimpici antichi (in cui solo gli uomini erano autorizzati a partecipare agli eventi, con l'esclusione di donne, schiavi e barbari, ovvero non greci), aveva impedito la loro presenza ai Giochi della I Olimpiade; credeva che "la partecipazione di atleti donne fosse un male per l'atleta di sesso maschile, e che le sportive dovessero essere escluse dal programma olimpico".
Inoltre, a partire da questa Olimpiade, poterono partecipare esclusivamente gli atleti professionisti, a differenza di quanto deciso generalmente per Giochi olimpici di Atene del 1896.

Il numero di concorrenti - una stima che si affina anno dopo anno, a mano a mano che le ricerche storiche scovano nuovi dati - salì a oltre 1200 iscritti, rispetto ai 245 di Atene, in rappresentanza di 24 paesi: le donne furono 22

Nonostante tutte le difficoltà le nazioni partecipanti raddoppiarono (da 14 a 28) e le discipline passarono da 9 a 20 Gli atleti francesi la fecero da padroni – non senza qualche polemica – aggiudicandosi 26 medaglie d’oro e 101 totali, contro le 19 (e 47) degli Stati Uniti. A Parigi arrivarono molte prime volte: il primo titolo olimpico della storia per l’Italia, con Giangiorgio Trissino nell’equitazione, seguito poi dallo sciabolatore Antonio Conte; la prima medaglia d’oro per un atleta asiatico, l’indiano Norman Pritchard, che vinse nei 200 e 200 ostacoli; e, naturalmente, la prima campionessa olimpica, ovvero la tennista inglese Charlotte Cooper.


LE GARE
L'atletica fece la parte del leone, sul piano tecnico e dell'interesse suscitato.
Il programma definiva l'evento 'campionati universali', e mescolava gare a handicap per professionisti alle prove amateur, su piste e pedane del Racing Club di Francia al Bois de Boulogne. Si corse su una pista in erba, piena di buche e monticelli, lo sviluppo era di 500 m, il rettilineo finale era incastonato fra gli alberi, in mezzo ai quali finì spesso il disco lanciato dai concorrenti, talora vanificando buone prestazioni.
Molte delle prove atletiche, grazie soprattutto agli Stati Uniti, furono di buon livello. La Francia ne vinse una sola, ma ricerche successive le hanno tolto anche quell'oro. Infatti le indagini svolte nel 1990 dal francese Alain Bouillé hanno appurato che il vincitore della maratona, Michel Théato, garzone di panettiere nella banlieu, era in realtà nato in Lussemburgo, figlio di un mobiliere trasferitosi prima a Bruxelles e poi a Parigi. Il controllo sul percorso non fu impeccabile, se il quinto arrivato, l'americano Newton, sosterrà di non essere mai stato superato da nessuno e crederà d'aver vinto... Molti, dunque, probabilmente Theato compreso, hanno tagliato il percorso tra i vicoletti del centro: e a Newton arriveranno le scuse dei giornalisti francesi.

Nuoto e tiro con l'arco testimoniarono lo stato di confusione e l'approssimativa organizzazione di questi Giochi. Il nuoto si disputò in una Senna intasata di battelli, inquinata, con detriti di ogni natura, dall'11 al 19 agosto, in un caldo asfissiante. Fra le prove in programma, un incredibile 'nuoto subacqueo', in cui i concorrenti si dovevano tuffare e riemergere più lontano possibile dalla partenza (vinse il francese Charles de Vendeville, dopo 60 m e 1′08″4 dal via), e i 200 m a ostacoli, in cui i concorrenti dovevano arrampicarsi su un'asta, poi scavalcare un ponte di barche e nuotare a slalom fra altre imbarcazioni. Il tiro con l'arco ha messo a dura prova gli storici. Le gare 'olimpiche' si svolsero, in realtà, in tutti i villaggi francesi, e circa 5000 arcieri vi presero parte: il rapporto olimpico ne cita la maggior parte, ma è opinione comune che vada presa in considerazione solo la serie di prove disputate al bosco di Vincennes, dal 27 maggio al 14 agosto, con 13 superstiti francesi e 7 belgi.

Il canottaggio, sempre nella Senna, fece registrare il più giovane olimpionico della storia, di cui però si ignora il nome. Quando l'equipaggio del due con del Minerva di Amsterdam si rese conto che il timoniere Hermanus Brockman era troppo pesante rispetto ai ragazzini che timonavano le altre barche, assoldò un fanciullo fra gli spettatori della Senna o fra i timonieri delle prove juniores appena concluse e sostituì Brockman, aggiudicandosi la vittoria. Del fanciullo rimasto innominato esiste una foto, che lo mostra dell'apparente età di 7-10 anni.

In spregio a de Coubertin che non voleva le donne ai Giochi, alcuni sport ammisero competizioni femminili. Il primo oro olimpico femminile individuale lo fece registrare il tennis e andò a una britannica, Charlotte Cooper, che in finale batté 6-1, 6-4 la francese Hélène Prévost. Cooper, vincitrice a Wimbledon nel 1895, 1896 e 1898, conquistò in coppia con Reg Doherty anche il doppio misto. Sposatasi con il presidente della Federazione britannica, come Mrs. Sterry vinse di nuovo a Wimbledon nel 1901 e, a quasi 38 anni, nel 1908, a tutt'oggi la più anziana trionfatrice del torneo inglese. Morì a 96 anni.

Cooper non fu però la prima donna a conquistare un oro olimpico: la contessa Helen de Pourtalès, nata nel 1868, figlia di un banchiere di New York, il conte Bernard, il 22 maggio era con il padre a bordo dello yacht Lérina, di proprietà dello zio (svizzero) Hermann Alexandre de Pourtalès, quando vinse la prova riservata alle imbarcazioni fra 1 e 2 tonnellate, sostenuta nelle acque della Senna, a Meulan. Due giorni dopo, Lérina arrivò secondo nella stessa prova: le gare di vela furono infatti tutte disputate due volte, ciascuna considerata una finale.


MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/pCn5lV3.png



L'ATLETA SIMBOLO

Alvin Kraenzlein (4 ori: 60 metri, 100 metri ostacoli, 200 metri ostacoli, salto in lungo)

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/b3/Kraenzlein_Hurdling.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=6l_2Z5BhNiY&list=PL1_Us9u8d7jkeDIwn7WHlR2IfqaIoOoX-&index=3

ataris
09-05-2016, 08:22
Giochi della III Olimpiade
Saint Louis 1904

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/4/47/1904summerolympicsposter.jpg/175px-1904summerolympicsposter.jpg




DATA: 1° luglio / 23 novembre
NAZIONI PARTECIPANTI : 12
NUMERO ATLETI: 629 (623 uomini, 6 donne)
NUMERO DI GARE: 91
DISCIPLINE: Atletica, Calcio, Canottaggio, Ciclismo, Ginnastica, Golf, Lacrosse, Lotta libera, Nuoto, Pugilato, Roque, Scherma, Sollevamento pesi, Tennis, Tiro con l'arco, Tiro alla fune, Tuffi



STORIA
La cocente delusione procurata a de Coubertin dall'esito dell'Olimpiade di Parigi andava cancellata subito guardando al Nuovo Mondo ed esportandovi l'idea olimpica, come il barone aveva sempre sognato. Invece l'edizione del 1904 segnò un altro passo verso il possibile tramonto del movimento olimpico, rendendo necessario 'risciacquare i panni' in Atene per poter ripartire.

La decisione di allestire un'edizione, la terza, negli Stati Uniti fu rivendicata da de Coubertin come un'idea originaria, nonostante nel 1896 avesse pensato anche a Berlino e Stoccolma come possibili alternative dopo Atene e Parigi
Nonostante far coincidere le Olimpiadi con l’Expo di Parigi non si fosse rivelata un’idea brillante, il CIO decise di ripetere l’esperimento, assegnando i Giochi del 1904 alla città americana di St. Louis, sede della Louisiana Purchase Exposition. E, ancora una volta, le Olimpiadi si trasformarono in un’interminabile quanto disordinata sequenza di eventi sportivi durata quasi 5 mesi.

Fortunatamente non tutte le 390 (!!) gare che si disputano a Saint Louis verranno poi incluse negli albi d'oro ufficiali delle Olimpiadi. Fortunatamente perché alcune sono a dir poco stravaganti: la battaglia con le palle di fango, l'arrampicata sulle pertiche scivolose, le corse nei barili ecc. In compenso non c'è traccia di sport tradizionali come l'equitazione, il tiro e la vela. Il golf fa qui la sua ultima apparizione, mentre a titolo dimostrativo le squadre universitarie statunitensi si sfidano in un nuovo sport, il basket.
Tuttavia questa terza esperienza non è da buttar via sul piano della qualità di alcune gare, anche se l'atmosfera dell'Expo butta ancora tutto sul fieristico. St Louis è una grossa città di 600.000 abitanti, festeggia con l'Expo il centenario della cessione dell'immenso territorio della Louisiana francese, che comprende diversi degli odierni stati Usa, agli Stati Uniti, per 15 milioni di dollari dell'epoca. Atletica e ginnastica fanno la parte del leone anche in termini di partecipazione, con 117 e 121 atleti rispettivamente, e rappresentano, specie la prima, il fiore all'occhiello di questi Giochi.

Ma la pessima organizzazione non fu il lato peggiore dei Giochi di St. Louis, che passeranno tristemente alla storia per aver ospitato le cosiddette “Antropological Days”. Apparentemente dedicate alla diffusione della cultura di popoli esotici provenienti da ogni parte del globo, queste “Giornate Antropologiche” si rivelarono ben presto per quello che erano: una manifestazione del razzismo imperante dell’epoca, nelle quali pigmei, inuit, ainu, sioux e altri ancora venivano fatti gareggiare in pseudo-sport come la lotta nel fango o il lancio della palla contro un palo del telegrafo, tra le risate e il disprezzo di migliaia di persone. Senz’altro una delle pagine più vergognose dello sport in ogni luogo ed epoca.
A St. Louis furono introdotte alcune importanti novità. Innanzitutto, per la prima volta vennero assegnate le medaglie d’oro, d’argento e di bronzo ai primi tre classificati. Furono quindi inseriti nel programma olimpico alcuni sport, come pugilato e pallacanestro, che da allora divennero punti fermi di tutte le future edizioni. Infine, nel nuoto ebbe la sua consacrazione il “crawl”, che si impose da lì in avanti come la migliore e in definitiva unica tecnica utilizzata nello stile libero.

L'olimpiade del 1904 si concluse quasi cinque mesi dopo la sua inaugurazione, il 23 novembre. De Coubertin, che non assistette alle gare, prevedendo il disastro organizzativo, volle voltare subito pagina ed il CIO assegnò i giochi del 1908 a Londra, scelta che segnerà il successo futuro della manifestazione.


I PROTAGONISTI
La posizione geografica di St. Louis scoraggiò molte federazioni e così furono solo 12 le nazioni rappresentate, con soli 651 atleti (meno della metà rispetto a Parigi), per giunta quasi tutti americani – a tal punto che, in molti casi, alle gare parteciparono esclusivamente atleti statunitensi, che in tutto si aggiudicarono 77 dei 95 ori in palio.
Fra le presenze straniere, non mancarono quelle di autentici 'casi' dell'epoca, come Felix Carbajal, un postino cubano che si era esibito all'Avana per raccogliere il denaro sufficiente a raggiungere St. Louis e gareggiare nella maratona, ma perse tutto al gioco in una bisca di New Orleans e arrivò in autostop a St. Louis. Aveva scarpe pesanti, pantaloni lunghi e una maglietta al ginocchio; fu il lanciatore americano Martin Sheridan ad aiutarlo, tagliandogli i pantaloni per consentirgli di correre. Carbajal fu fra i protagonisti della maratona, ma accusò problemi di stomaco per aver mangiato mele acerbe durante il percorso e finì quarto.
L'Italia non partecipa: solo due emigranti gareggiano, ma sotto la bandiera americana.


LE GARE
In atletica - le gare sono ospitate dagli impianti della Washington University - non sono fra le più seguite dal pubblico, con non più di 3.000 presenze al giorno e una punta di 10.000 alla conclusione, .brillano almeno un paio di stelle: Archie Hahn, detto il nano del Michigan, è un velocissimo furetto di colore alto 1,67 "con le spalle di un toro e la testa di un lottatore". Vince 60, 100 e 200: in quest'ultima gara, grazie al rettilineo di 220 yards, corre in 21"6, che resterà record olimpico fino al '32. Altra tripletta mette a segno Harry Hillman, che prima conquista una straordinaria gara dei 400, non per lo svolgimento, ma perché in finale partono in 13, dodici su una fila e uno dietro, poi aggiunge i 400 hs, nella quale si corre su barriere più basse di quelle standard, e i 200 hs. Passerà alla storia anche per un record unusuale: 11" nelle 100 yards... su tre gambe, exploit ottenuto legando la sua destra a quella sinistra di Lawson Robertson.

Ma ancora una volta è la maratona ad affascinare. Diventata una prova di respiro internazionale, è resa ardua a St Louis dalle condizioni climatiche (caldo torrido) e dalle strade polverose e assolate. Fra i personaggi in gara, spicca un postino cubano che è arrivato grazie a una sottoscrizione pubblica organizzata all'Avana, nonostante abbia speso tutti i soldi in viaggio al tavolo verde: si chiama Felix Carvajal, è alto un metro e mezzo, magrissimo: si fa mantenere a St Louis da tre lanciatori Usa, Rose, Flanagan e Sheridan, di cui diviene la mascotte, e parte allegro nei 31 gradi, 90 per cento di umidità, della gara, fra pietre spaccate, collinette fino a 100 metri di dislivello e niente acqua o quasi sul percorso. Carvajal corre con una camicia bianca a maniche larghe, pantaloni lunghi scuri e aderenti e scarpe da passeggio con tacchi pesanti e la punta tagliata per far passare le dita. Mentre corre, si ferma a scherzare con gli spettatori, sembra del tutto a suo agio, poi ha una crisi di fame: entra in un campo e ruba qualche mela acerba, sta malissimo, ma ha la forza di riprendere, e arrivare quarto.
Nello stadio, intanto, Alice Roosevelt, figlia del presidente degli Usa, ha già incoronato Fred Lorz, un bruno e tozzo nuovayorchese, quando entra in pista Thomas Hicks, stupefatto di ritrovarsi un corridore davanti: in effetti Lorz si era ritirato, poi l'auto sulla quale era salito si era guastata, e lui aveva ripreso a correre... Lorz è ovviamente squalificato a vita, poi riammesso alle gare l'anno dopo: vincerà la maratona di Boston.

Le poche gare di pallanuoto e nuoto furono allestite in un laghetto dove si abbeverava e veniva lavato il bestiame dell’esposizione: molti giocatori si ammalarono di tifo e alcuni di essi morirono.

La ginnastica risultò, dopo l'atletica, la disciplina più frequentata dei Giochi di St. Louis. Fra il 1° e il 2 luglio sul prato dello Stadio olimpico si disputò, ad alto livello, la cosiddetta ginnastica 'Turnverein', o ginnastica secondo le norme tedesche, consistente in una combinazione di prove ginniche e atletiche. Il 28 ottobre si svolse senza partecipazione straniera la competizione di ginnastica svedese, che prevedeva solo esercizi con gli attrezzi. In entrambe gareggiò George Eyser, straordinario con gli attrezzi, ma pessimo nelle prove atletiche, in cui fu ultimo. Con una gamba di legno per esser finito sotto un tram quand'era ragazzo, aveva sviluppato forza straordinaria negli arti superiori e nel torso, tanto da conquistare tre ori, due argenti e un bronzo.

Si chiude con il torneo di calcio, il 23 novembre: lo vincono i canadesi di Galt, Ontario, campioni nazionali, davanti a due raccogliticce squadre di St Louis: ma gli inviati del Cio sono partiti da tempo, per raccontare a de Coubertin i pochi splendori e le molte miserie dell'edizione.




MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/nJrcDET.png



L'ATLETA SIMBOLO

Archie Hahn (3 ori: 60 metri, 100 metri, 200 metri)

http://bentley.umich.edu/athdept/stadium/images/hahn03l.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=VMLTQIfvehE

ataris
16-05-2016, 08:43
Giochi della IV Olimpiade
Londra 1908

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/d7/Olympic_games_1908_London.jpg/175px-Olympic_games_1908_London.jpg




DATA: 27 aprile / 31 ottobre
NAZIONI PARTECIPANTI : 22
NUMERO ATLETI: 2008 (1979 uomini, 44 donne)
NUMERO DI GARE: 110
DISCIPLINE: Atletica, Calcio, Canottaggio, Ciclismo, Ginnastica, Hockey su prato, Jeu de paume, Lacrosse, Lotta greco-romana, Lotta libera, Motonautica, Nuoto, Pallanuoto, Pattinaggio artistico su ghiaccio, Polo, Pugilato, Rackets, Rugby, Scherma, Tennis, Tiro, Tiro con l'arco, Tiro alla fune, Tuffi, Vela



STORIA
Ad ospitare la quarta edizione dei Giochi, De Coubertin avrebbe voluto Roma. E in un primo tempo Roma sembrerebbe proprio poter ospitare le Olimpiadi, senonché le difficoltà economiche inducono il governo di Giovanni Giolitti alla rinuncia ad un anno dall'evento. Il comitato organizzatore romano, dopo mesi di inattività, si disciolse nel 1906: l'eruzione del Vesuvio (7 aprile 1906), che si accompagnava alla crisi economica che l'Italia stava attraversando, determinò l'impossibilità di finanziare l'evento e l'Italia rinunciò all'organizzazione Si trova subito una sostituta all'altezza: Londra.

Nonostante il modesto tempo a disposizione, Londra si impegna al meglio per garantire la riuscita dei Giochi che Roma ha rifiutato.
Gli inglesi fanno le cose in grande con un'organizzazione degna della loro cultura sportiva: splendidi impianti, come il White City Stadium, un'arena che ospita la pista per il ciclismo, quella per l'atletica e la piscina, il primo vero Villaggio Olimpico. Gli atleti che gareggiano salgono ad oltre 2000, mentre vengono fissate nuove regole per partecipare. Anzichè iscriversi a livello personale come avvenuto nelle prime edizioni, gli atleti debbono farlo tramite il comitato olimpico della propria nazione. Questo per limitare il numero di partecipanti di una stessa nazione ad ogni singola gara, numero che viene fissato a 12 atleti.
A Londra torna la solenne cerimonia d'apertura, durante la quale, tra l'altro, la squadra americana si rifiuta di inchinarsi di fronte al palco dove siede la famiglia reale. Il programma delle gare viene sfrondato delle sue divagazioni più assurde, viste a Parigi e Saint Louis. Tuttavia, ma non potrebbe essere altrimenti, non mancano gli inconvenienti e i problemi. I giudici di gara, ad esempio. Gli organizzatori si rifiutano di far partecipare giudici di gara non inglesi e in alcune situazioni l'aiuto che ne deriva per i padroni di casa è fin troppo evidente

I giochi si conclusero il 31 ottobre e riuscirono a ridare slancio al movimento olimpico che da quell'edizione crebbe in popolarità e partecipazione. Il sogno di de Coubertin si era avverato. L'olimpiade di Stoccolma nel 1912 si giovò dell'esperienza londinese rappresentando sicuramente la migliore tra le edizioni olimpiche precedenti alla Prima guerra mondiale.


I PROTAGONISTI
Furono in tutto 2008 gli atleti che parteciparono ai Giochi di Londra (37 le donne), in rappresentanza di 22 nazioni, tra cui l’Italia, la cui spedizione era composta da 67 atleti. Benché Boemia, Austria e Ungheria facessero parte dello stesso stato (l'impero austro-ungarico) le statistiche dei risultati degli atleti furono separate. Nei risultati ungheresi vennero conteggiati anche i risultati degli atleti della Voivodina e della Slovacchia. Poco prima dell'inizio dei giochi il governo di Vienna chiese alle squadre di calcio della Boemia e dell'Ungheria e alle squadre di pallanuoto dell'Austria e dell'Ungheria di ritirarsi, erano temuti inasprimenti delle tendenze nazionaliste in occasione di eventuali scontri diretti fra le compagini.

25 atleti dell'Australia e quattro provenienti dalla Nuova Zelanda formarono la squadra congiunta chiamata Australasia con una bandiera ideata per l'occasione. Questa unione si ripeté in occasione dei giochi del 1912 mentre dal 1920 in poi i due stati presentarono squadre distinte. Nonostante l'unione personale Finlandia e Russia presentarono squadre distinte. Diversi atleti irlandesi si rifiutarono di gareggiare per il Regno Unito e chiesero la cittadinanza statunitense.

Per la prima volta prese parte ai giochi olimpici un atleta islandese aggregato alla squadra della Danimarca. L'impero turco era rappresentato da un turco di origine greca, Aleko Moullos, il rapporto ufficiale lo cita come partecipante alla competizione a squadre di ginnastica, tra i risultati non è però citato il suo nome, per contro è certa la partecipazione di un atleta argentino, il pattinatore Hector Torromé residente in Inghilterra.

Le pochissime donne partecipanti erano coinvolte nelle gare di tiro con l'arco, pattinaggio, vela, tennis e nelle competizioni di imbarcazioni a motore. Vi furono delle esibizioni di ginnastica femminile a squadre ma erano solo a scopo dimostrativo.


LE GARE
Le gare di atletica furono splendide: la prima vera grande manifestazione internazionale di questo sport.
La maratona ricevette dalle vicende di Londra il definitivo impulso per diventare la più famosa delle creature di de Coubertin. Ed il protagonista assoluto di questa gara fu l'italiano Dorando Pietri un umile garzone di fornaio originario di Carpi.
Durante la maratona riuscì a staccare tutti gli avversari di oltre dieci minuti; entrato nello stadio fu osannato dal pubblico, ma in prossimità del traguardo stremato per la stanchezza cadde a terra. In un primo momento riuscì a tornare in piedi, ma cadde nuovamente e fu aiutato a rialzarsi da uno dei giudici di gara. Nonostante avesse tagliato il traguardo in largo anticipo rispetto agli avversari, Dorando fu squalificato per aver accettato un aiuto illecito e fu dichiarato vincitore il secondo classificato, un americano di nome Johnny Hayes. Pietri era diventato un eroe, tant'è vero che oltre a ricevere un premio morale dalle mani della regina Alessandra (una coppa d'oro piena di sterline), l'atleta fu anche elogiato dallo scrittore Sir Arthur Conan Doyle sul Daily Mail.
Nonostante un ridimensionamento gli americani conquistano il maggior numero di vittorie nell'atletica: 15 su 27 gare. Curiosa la storia dell'ostacolista Forrest Smithson. Americano, Smithson, corre la finale dei 110 ostacoli, fissata di domenica, con la Bibbia in mano, piuttosto che rinunciare come già avevano fatto in passato molti altri atleti. Smithson riesce a vincere e addirittura a stabilire il nuovo record del mondo. L'egemonia statunitense nella velocità viene spezzata: i 100 vanno al sudafricano Walker, i 200 al canadese Kerr. Nel mezzofondo domina invece il 25enne americano Melvin Sheppard, che fa doppietta: oro negli 800 e nei 1500, nela distanza più breve davanti all'italiano Emilio Lunghi.

Nell'ampio panorama dei Giochi di Londra merita di essere segnalata la presenza femminile simboleggiata da Sybil 'Queenie' Newall, vincitrice nel 'double national round' di tiro con l'arco. Gonna alla caviglia, corpetto bianco, grosso basco in testa, discendente di un'antichissima famiglia che risaliva al Quattrocento, Newall non era la miglior tiratrice britannica: fra il 1886 e il 1922 Alice Legh, che non partecipò ai giochi di Londra, vinse 23 titoli nazionali contro i due di Newall, e la settimana dopo la gara olimpica la batté di 151 punti. Ma Queenie, che aveva 53 anni e 8 mesi, rimane la meno giovane fra le donne ad aver vinto un oro olimpico. Alle sue spalle si piazzò un'altra tiratrice britannica, Lottie Dod, che al contrario è a tutt'oggi la più giovane vincitrice di Wimbledon (in singolare a 15 anni), oltre che nazionale di hockey su prato e golfista, campionessa britannica nel 1904.

Come se non bastasse, ci si mise anche il tiro alla fune ad alimentare le solite discussioni tra USA e Gran Bretagna, quando i poliziotti di Liverpool si presentarono al primo turno contro gli USA (che schieravano tre lanciatori: Ralph Rose, John Flanagan e Matt McGrath) con scarpe "grandi come ferry boats", come scrisse il lanciatore Martin Sheridan, arricchite, secondo gli americani, di robusti chiodi per far presa sul terreno. I superiori del corpo di Liverpool negarono, testimoni indipendenti confermarono che si trattava di scarpe d'ordinanza, la gara andò avanti, la finale vide Liverpool perdere contro i colleghi di Londra.

Nel calcio per la prima volta presero parte ai giochi olimpici delle squadre nazionali e non delle squadre di club, la Francia presentò ben due squadre; dell'organizzazione del torneo si occupò la Football Association britannica. Dopo il ritiro della Boemia e dell'Ungheria fu possibile disputare solo due partite dei quarti di finale, la squadra britannica sconfisse la nazionale olandese mentre nell'altra partita la Danimarca sconfisse la prima squadra francese con un punteggio di 17:1, Sophus Nielsen fu autore di ben 10 gol, con un totale di 11 gol nel torneo fu capocannoniere di questa edizione dei giochi.
Dopo questo tracollo la Francia decise di non presentarsi alla finale per il terzo posto, al loro posto subentrò la nazionale svedese che fu sconfitta 2:0 dall'Olanda. Nella finale, che si svolse davanti a 8.000 spettatori, i padroni di casa sconfissero la Danimarca per 2:0 con reti di Frederick Chapman (20') e Vivian Woodward (46').

Le competizioni previste nel canottaggio erano quattro e tutte e quattro le gare videro la vittoria di imbarcazioni britanniche.
Contrariamente a quanto avvenne negli altri sport vennero premiati solo i primi, non si svolsero quindi le finali per il terzo e quarto posto. I s
secondi e terzi classificati non ricevettero alcuna forma di riconoscimento se non la medaglia consegnata a tutti i partecipanti ai giochi olimpici.

Il torneo di tennis era suddiviso in due fasi, nella prima metà di maggio si svolsero gli incontri indoor presso il Queen's Club, nella prima metà di luglio quelli all'aperto a Wimbledon.
Il torneo sull'erba ebbe luogo immediatamente dopo il torneo di Wimbledon, molti dei giocatori migliori avevano già lasciato la città visto che il prestigio del torneo non era comparabile con quelle embrionale dei giochi olimpici. Tra gli assenti il già citato Arthur Gore, vincitore del torneo e campione olimpico della fase indoor.
Nonostante le numerose assenze gli organizzatori non rividero il cartellone degli incontri cosicché molti giocatori arrivarono alle fasi finali senza nemmeno aver disputato un incontro. Questo svarione organizzativo fu particolarmente evidente nel torneo femminile dove la britannica Dora Boothby giunse in finale senza aver disputato un solo incontro, venne sconfitta dalla connazionale Dorothea Douglass che all'epoca era la migliore tennista mondiale. Nella finale maschile vinse il britannico Josiah Ritchie che sconfisse il tedesco Otto Froitzheim. Il doppio maschile vide la vittoria dei britannici George Hillyard e Reginald Doherty.

Per la prima volta nei giochi olimpici le competizioni di nuoto vennero svolte in una piscina, ad Atene le gare di nuoto si erano svolte in mare, a Parigi nella Senna e a Saint Louis in un lago artificiale. La vasca dei giochi di Londra, situata all'interno del White City Stadium, era lunga il doppio della misura attuale e larga la metà, aveva quindi solo 4 corsie.
Responsabile dell'organizzazione fu la English Amateur Swimming Association, la stesura delle regole diede origine a diversi equivoci così il 19 luglio, con le competizioni ancora in corso, i rappresentanti di 10 federazioni nazionali si riunirono presso il Manchester Hotel e fondarono la federazione internazionale (FINA).
Fra i nuotatori spiccò il britannico Henry Taylor che vinse tre medaglie d'oro, nei 400 m stile libero, nei 1500 m stile libero e nella staffetta 4 × 200 m stile libero. In quattro delle sei discipline presenti vennero ottenuti dei record mondiali: Charles Daniels (USA) nei 100 m stile libero, Henry Taylor (GBR) nei 1500 m stile libero, Frederick Holman (GBR) nei 200 m rana e la staffetta britannica.




MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/q3G3Q4h.png



L'ATLETA SIMBOLO

Henry Taylor (3 ori: 400m stile l, 1.500m stile l, 4x200m stile l)

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/f/f2/Henry_Taylor%2C_1908_Olympics.jpg/220px-Henry_Taylor%2C_1908_Olympics.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=es5LLX1uSmk

ataris
20-05-2016, 10:53
Giochi della V Olimpiade
Stoccolma 1912

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/f/f2/1912_poster.jpg/175px-1912_poster.jpg




DATA: 5 maggio / 22 luglio
NAZIONI PARTECIPANTI : 27
NUMERO ATLETI: 2380 (2327 uomini, 53 donne)
NUMERO DI GARE: 102
DISCIPLINE: Atletica, Calcio, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Lotta greco-romana, Nuoto, Pallanuoto, Pentathlon moderno, Scherma, Tennis, Tiro, Tiro alla fune, Tuffi, Vela



STORIA
I Giochi del 1912 furono assegnati a Stoccolma sulla spinta di Viktor Gustaf Balck (1844-1928), il padre dello sport svedese.
Se Londra rappresenta la svolta in termini di capacità organizzative e di dignità complessiva dei Giochi, Stoccolma e il Nord Europa rappresentano un altro significativo passo in avanti. Sia sul piano della qualità della partecipazione, sia su quello di un altro decisivo contributo alla riduzione dell'arco di durata.

Gli organizzatori svedesi studiarono per bene, quattro anni prima, il lavoro svolto dal Comitato Olimpico inglese e prepararono tutte le strutture necessarie ad ospitare la manifestazione. Il Comitato per i Giochi di Stoccolma si mise al lavoro nell'autunno del 1909, presieduto da Balck; Il problema era lo stadio: il governo - nonostante l'opposizione parlamentare di socialdemocratici e del partito agrario - ne finanziò uno ex novo, con un costo finale di quasi 1.200.000 corone dell'epoca (circa 6 milioni di euro di oggi), raccolti da una lotteria nazionale. L'impianto, in stile neogotico, con mattoni rossi, due torri di 33 m e una capacità di appena 19.000 spettatori, portati a 22.000 durante i Giochi con tribune provvisorie, restò di proprietà dello Stato fino al 1964, quando fu praticamente regalato alla città di Stoccolma

I Giochi della V Olimpiade furono aperti ufficialmente il 5 maggio 1912. La famiglia Reale di Svezia lasciò il Palazzo di Stoccolma alle 10.40 e fu ricevuta allo Stadio Olimpico da membri del CIO. Durante la cerimonia d'apertura la squadra svedese entrò per ultima, ma a differenza delle altre edizioni precedenti e successive, la squadra della Grecia non entrò per prima
L'Olimpiade si svolse in un clima di generale armonia e senza grandi contestazioni. Molti degli atleti avevano già avuto modo di conoscersi e fraternizzare nel 1908.

I giochi del 1912 si conclusero il 27 luglio con grande soddisfazione di de Coubertin per la perfetta organizzazione. Il clima che si era creato in quell'edizione faceva ben sperare anche per la successiva, nel 1916 a Berlino, ma questi propositi vennero cancellati dallo scoppio della Prima guerra mondiale che ne impedì lo svolgimento.



I PROTAGONISTI
Il numero di atleti partecipanti sigla un nuovo record, si arriva a circa 2500, e le nazioni giungono a 28, con l'importante novità del Giappone

Fu la ginnastica a fare la parte del leone con circa 1.200 atleti che gareggiarono o diedero dimostrazioni di abilità. Anche il nuoto ebbe un notevole risalto con circa 300 atleti impegnati, ed in questa edizione per la prima volta le donne vennero ammesse a gareggiare, aumentando la loro presenza fino ad allora limitata alle gare di tennis e di tiro con l'arco. Per la prima volta partecipò la Russia. Per rivederla nuovamente gareggiare dovremo aspettare 40 anni, ad Helsinki nel 1952.

Quest'Olimpiade lancia anche le grandi famiglie, i tiratori svedesi Swahn (padre e figlio) e i gemelli Carlberg, e vede fra i concorrenti il futuro presidente del Cio, Avery Brundage, sesto nel pentathlon, e il mitico, futuro generale George Patton, che s'impegna nel pentathlon moderno, gara inventata da de Coubertin, ed è 5° su 41 atleti partecipanti.

Gli Stati Uniti confermarono il loro dominio nell’atletica leggera, con 41 medaglie; tuttavia, come nelle edizioni precedenti, il medagliere vide prevalere gli organizzatori: la Svezia chiuse con 65 medaglie complessive contro le 63 degli USA, che tuttavia conquistarono più ori (25 a 24).



LE GARE
In Svezia, furono introdotte due innovazioni per l’epoca avveniristiche: il fotofinish e il cronometraggio elettronico. Inoltre, si decise che sulla pista di atletica sarebbero state tracciate delle corsie per evitare che si ripetessero episodi come quello del 1908, quando nel corso della gara dei 400 metri piani due atleti americani ostacolarono volontariamente l’inglese Halswelle per favorire il loro compatriota Carpenter (poi squalificato).

L'atleta che segnerà nel tempo con il suo nome l'edizione dei Giochi di Stoccolma 1912 è l'americano Jim Thorpe. E non solo per le sue straordinarie doti atletiche, ma anche per la sua particolarissima e malinconica vicenda. Jim Thorpe è di origini pellerossa e per la sua tribù è Wa Tho Huck, Sentiero Lucente. E' un atleta completo, sa esprimersi ad altissimi livelli sia nella velocità, che nei salti e nei lanci. Decide così di gareggiare nelle prove multiple. A Stoccolma strabilia tutti, vincendo con grande margine il pentathlon e il decathlon, siglando delle performance che lo avrebbero fatto qualificare per le finali olimpiche un po' in tutte le singole prove. Si guadagna anche l'ammirazione del re di Svezia Gustavo V, che vuole premiarlo personalmente, e nel momento in cui gli consegna la medaglia d'oro gli confessa tutta la sua stima con un "lei è il più grande atleta del mondo". Ma qui comincia la parte drammatica della sua vicenda: l'Amateur Athletic Union degli USA comunica al CIO che Sentiero Lucente ha ricevuto uno stipendio per aver giocato qualche mese in una squadra di baseball. Pochi dollari, che gli servivano per vivere, ma il CIO è irremovibile: quello che era stato definito il più grande atleta del mondo deve conoscere l'onta della restituzione delle medaglie e veder cancellato il proprio nome dall'albo d'oro olimpico. Da lì Thorpe passerà a praticare un po' ogni tipo di sport a livello professionistico, dal baseball al football, fino ai rodei e alle esibizioni nei circhi, si sposerà tre volte, avrà otto figli, ma soprattutto quell'ingiustizia subita lo accompagnerà per sempre. A 40 anni si ritira dall'attività sportiva, ma dei soldi guadagnati non gli rimane ormai quasi niente. Gli ultimi anni li vive tristemente in una roulotte comprata grazie ai soldi raccolti dai vecchi compagni d'università, in preda all'alcolismo. Nel 1953 arriva la fine, a 64 anni. Ci vorranno altri trent'anni per arrivare al momento in cui il CIO accoglierà le proteste dei figli di Thorpe Sentiero Lucente e restituirà loro le medaglie d'oro vinte dal padre.

Nella corsa ben tre furono i successi del finlandese Hannes Kolehmainen che vinse i 5.000 m, i 10.000 m e la corsa campestre. Hannes, con i suoi fratelli anch'essi corridori, visse a lungo negli USA, apprendendo le metodiche di allenamento americane. In seguito a questi risultati, molte nazionali di atletica europee si affidarono a tecnici americani per la preparazione dei propri atleti. Il protagonista delle gare di corsa veloce fu lo sprinter americano Ralph Craig che trionfò nelle gare dei 100m e dei 200m. Nella gara di maratona la vittoria andò al sudafricano Kennedy McArthur. La gara fu segnata da un caldo insolito per quelle zone e molti atleti dovettero essere trasportati in ospedale a causa della disidratazione e dei colpi di sole. Uno di essi, il portoghese Francisco Lázaro, muore due giorni dopo la gara.

Finalmente a Stoccolma viene ampliato il programma delle gare femminili e così le donne hanno accesso anche alle gare di nuoto e di tuffi. Questo nonostante l'opposizione di de Coubertin, secondo il quale i costumi sono troppo scandalosi. La prima stella del nuoto femminile olimpico è una ragazzina australiana non ancora 18enne, Fanny Durack, che vince i 100 stile libero. Nella gara maschile dei 100 sale alla ribalta un giovane americano che viene dalle isole Hawaii: Paoa Duke Kahanamoku. L'americano segna il nuovo record del mondo anche grazie al perfezionamento che porta al crawl. Anche le Olimpiadi successive saranno suo terreno di conquista.

Stoccolma fece anche registrare il più lungo incontro di lotta della storia olimpica. Nella greco-romana, categoria medi, l'estone Martin Klein (di origini tedesche) che gareggiava per la Russia e il finlandese Alfred Asikainen duellarono in semifinale per ben 11 ore sotto un sole cocente. Quando Klein fu dichiarato vincitore, era così esausto da rinunciare alla finale contro lo svedese Claes Johanson, che vinse per assenza.

La spedizione italiana, partita con grandi difficoltà economiche, è segnata dalla contemporanea presenza di due dei più grandi campioni dello sport italiano: Alberto Braglia e Nedo Nadi. Braglia si ripete ai livelli di Londra e domina nuovamente il concorso individuale della ginnastica. Rispetto a Londra, però, insieme al fuoriclasse modenese c'è anche una squadra di alto livello e così l'Italia conquista, oltre al terzo posto di Serafino Mazzarocchi nel concorso individuale, la medaglia d'oro nel concorso a squadre. L'altro fuoriclasse della spedizione azzurra è uno schermidore livornese di 19 anni, Nedo Nadi. A Stoccolma vince nel fioretto davanti all'altro italiano Pietro Speciale, ma la sua storia olimpica è appena all'inizio.



MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/FtABIdP.png



L'ATLETA SIMBOLO

Jim Thorpe (2 ori: pentathlon e decathlon)

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/9/9d/Jim_Thorpe_olympic.png/158px-Jim_Thorpe_olympic.png



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=CvN6DD8fMJ4

Bel Vale
20-05-2016, 10:58
dai aratris fai un gioco-truffa-olimpico :baffo:

ataris
22-05-2016, 22:45
dai aratris fai un gioco-truffa-olimpico :baffo:

è una idea, però fatevi prima un pò di storia perchè se ti chiedo chi arrivò ultimo 6 ore dopo Bikila nella maratona di Roma '60, non sapete un cazzo :sure:

Bel Vale
23-05-2016, 06:57
è una idea, però fatevi prima un pò di storia perchè se ti chiedo chi arrivò ultimo 6 ore dopo Bikila nella maratona di Roma '60, non sapete un cazzo :sure:

No, tu peschi i nostri atleti e noi stiamo lí a vedere se vinciuamo o no :baffo:

ataris
23-05-2016, 07:18
No, tu peschi i nostri atleti e noi stiamo lí a vedere se vinciuamo o no :baffo:

no, il gioco è mio e decido io (cit.)

ataris
25-05-2016, 08:45
Giochi della VI Olimpiade
Anversa 1920

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/7/73/1920_olympics_poster.jpg/175px-1920_olympics_poster.jpg




DATA: 23 aprile / 12 settembre
NAZIONI PARTECIPANTI : 29
NUMERO ATLETI: 2664 (2587 uomini, 77 donne)
NUMERO DI GARE: 155
DISCIPLINE: Atletica, Calcio, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su ghiaccio, Hockey su prato, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallanuoto, Pattinaggio artistico su ghiaccio, Pentathlon moderno, Polo, Pugilato, Rugby, Scherma, Sollevamento pesi, Tennis, Tiro, Tiro con l'arco, Tiro alla fune, Tuffi, Velaa



STORIA
Mentre nell'antichità le Olimpiadi avevano il potere di fermare le guerre, nel XX secolo sono purtroppo le guerre che fermano i Giochi. La tragedia della Prima Guerra Mondiale non lascia chiaramente spazio allo sport e l'edizione del 1916 già fissata a Berlino non va in scena. Anche nel 1920, a guerra finita, ma con le rovine ancora nelle città, le devastazioni, il ricordo dei milioni di morti, il clima non è dei migliori.
Nel 1919, dopo la cancellazione dell'Olimpiade che sarebbe dovuta svolgersi a Berlino tre anni prima, si scelse di affidare a una delle nazioni più colpite dalla Grande Guerra, il Belgio, l'organizzazione dei Giochi del 1920, ambiti anche da città come Roma, Budapest, Amsterdam e Lione: la scelta ricadde invece su Anversa.

La guerra costò molto allo sport. La maggioranza dei circa 6000 atleti che avevano gareggiato ai Giochi dal 1896 al 1912 fu impegnata nel conflitto. Di 115 si sa che caddero in guerra: nomi meno noti, tra cui l'astista italiano Manlio Legat e il ginnasta Guido Romano

Gli impianti, le strutture per gli atleti, le cerimonie, tutto è fatto con sobrietà e concretezza, senza lussi del resto impossibili vista la situazione internazionale e col contributo fondamentale dei soldato americano di stanza in Europa. Nonostante le difficoltà del momento Anversa ce la fa.

Diverse le novità rilevanti di queste Olimpiadi: intanto la bandiera olimpica, quella con i cinque cerchi che conosciamo ancora oggi, disegnata proprio da De Coubertin, poi il giuramento degli atleti, che si ripete da allora in tutte le cerimonie di apertura, e il riconoscimento ufficiale del CIO per la partecipazione delle donne. Anche sul piano tecnico non mancano le innovazioni, le più importanti delle quali sono l'adozione definitiva della lunghezza della piscina e della pista di atletica, rispettivamente 50 e 400 metri.
Aumentarono inoltre le gare di nuoto e, soprattutto, di tiro, al punto da far circolare sui giornali la massima "Si è sparato più ad Anversa che durante la guerra"; vennero invece depennati i salti da fermo. Per la prima volta gli atleti italiani si presentarono alla manifestazione in tenuta azzurra.

Non mancarono gli episodi curiosi. La squadra di pallanuoto italiana, all'esordio, rinunciò a terminare la partita poiché la temperatura dell'acqua della piscina era troppo fredda. Inoltre, durante un'interminabile gara di tennis (14-12, 6-8, 5-7, 6-4, 6-4; la regola del tie-break non era stata ancora concepita) tra lo statunitense Lowe e il greco Zerlentis si assistette all'ammutinamento dei raccattapalle, troppo affamati per continuare


I PROTAGONISTI
La partecipazione, ancorché limitata, vide 29 paesi in gara, un numero di concorrenti che ‒ a parte un paio di incertezze nel tiro ‒ si fissa a 2664 atleti, di cui 77 donne, per 155 gare in 25 sport
Era stata presa la decisione di escludere dai Giochi Germania, Austria, Ungheria, Bulgaria e Turchia, paesi sconfitti nella prima guerra mondiale; la Germania, in segno di protesta contro l'occupazione francese della regione della Ruhr, non prenderà parte nemmeno ai Giochi Olimpici di Parigi del 1924. La Russia, invitata a partecipare, rifiutò per motivi politici, partecipando per la prima volta soltanto dal 1952.

La squadra statunitense si rivelò la migliore, collezionando 41 ori e 95 medaglie complessive, ma ottima figura fecero anche diverse nazioni del Nord Europa, come la Svezia, la Finlandia e la Norvegia. In particolar modo furono i finlandesi a imporsi come grandi rivali degli americani nell’atletica leggera, conquistando la bellezza di 9 medaglie d’oro.

L’Italia, i cui atleti per la prima volta indossavano l’azzurro dei Savoia, raccolse 13 ori e 23 medaglie totali: memorabili soprattutto le imprese del marciatore Ugo Frigerio, che vinse l’oro nella 3km e nella 10km, e dello schermidore Nedo Nadi, portabandiera azzurro, che trionfò in 5 delle 6 gare a cui partecipò, fallendo solo l’obiettivo della spada individuale a causa di un malore. Nadi, che successivamente divenne anche c.t. della squadra azzurra, è considerato tra i più grandi schermidori della storia di questo sport.


LE GARE
L'atletica, fra i personaggi di rilievo, presentò Charles Paddock, campione dei Giochi Interalleati 1919, che al via della finale dei 100 m si vide fortunosamente privato di un pericoloso rivale grazie a un equivoco: Loren Murchison, che aveva battuto Paddock ai Trials, dopo aver atteso che i giudici sistemassero correttamente al connazionale le mani dietro la linea di partenza, quando lo starter sparò non partì aspettandosi che l'intera procedura fosse ripetuta. Così Murchison fu ultimo e Paddock primo con il famoso 'saltino' sul traguardo che esibiva di solito.
Il mezzofondo lungo vide la nascita della stella di Paavo Nurmi, il finlandese che avrebbe trionfato con cinque ori a Parigi nel 1924. Ad Anversa si 'accontentò' di tre ori e un argento

Le gare di nuoto si tennero in un fangoso canale. "Maestà, abbiamo nuotato nella mota, non nell'acqua", disse alla regina Ethelda Bleibtrey, mentre riceveva i complimenti per i suoi tre ori. Ethelda faceva l'infermiera a New York, anche lei aveva subito un fermo di polizia per 'nudità' sulla spiaggia di Manhattan. In Belgio indossò casti costumi e trionfò sotto la guida di Louis de Breda Handley.

Da ricordare ancora Aileen Riggin, morta a 96 anni nell'ottobre 2002, dopo aver detenuto a lungo il primato di longevità fra le olimpioniche. Andò ad Anversa quasi per scommessa, uno scricciolo alto 1,37 m e del peso di soli 32 kg, che aveva da poco compiuto 14 anni. Nei tuffi da 1 metro gareggiarono solo quattro ragazze americane. Riggin batté Wainwright e restò la più giovane vincitrice olimpica fino a quando a Berlino nel 1936 non conquistò l'oro un'altra teenager americana, Marjorie Gestring, tre mesi prima di compiere 14 anni.

Nelle prove di tiro emerse una coppia americana che accumulò 14 medaglie: Willis Lee cinque d'oro su sette, Lloyd Spooner quattro, ma grazie alla gran quantità di prove a squadre. A livello individuale, Spooner ottenne solo un bronzo. Ma di spari, ai Giochi, se ne erano sentiti troppi: si tennero 21 gare di tiro, con la partecipazione di 234 concorrenti, mentre a pochi km l'esercito belga faceva ancora brillare le granate tedesche inesplose.

Durante i Giochi venne organizzata una settimana dedicata agli sport invernali: fu dunque la prima volta ai Giochi olimpici per il pattinaggio di figura e per l'hockey su ghiaccio.

Da segnalare il fatto che una gara di vela fu effettuata in acque olandesi, perché considerate di una qualità superiore.



MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/xOheTGx.png



L'ATLETA SIMBOLO
Nedo Nadi (5 ori: fioretto ind. e a squadre, sciabola ind. e a squadre, spada a squadre )

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/d9/Nedo_Nadi_1919.jpg/250px-Nedo_Nadi_1919.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=F47QEPncZ0I

ataris
30-05-2016, 12:44
Giochi della VIII Olimpiade
Parigi 1924

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/8/8d/1924_poster.jpg/175px-1924_poster.jpg




DATA: 04 maggio / 27 luglio
NAZIONI PARTECIPANTI : 44
NUMERO ATLETI: 3076 (2937 uomini, 139 donne)
NUMERO DI GARE: 126
DISCIPLINE: Atletica, Calcio, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallanuoto, Pentathlon moderno, Polo, Pugilato, Rugby, Scherma, Sollevamento pesi, Tennis, Tiro, Tuffi, Vela



STORIA
I Giochi del 1924 furono gli ultimi ad essere organizzati sotto la presidenza di Pierre de Coubertin. A Losanna, nel 1921, fu accontentata proprio una sua richiesta, assegnando l'organizzazione dell'Olimpiade alla sua città natale, Parigi, che ebbe così la meglio su Roma, Amsterdam, Barcellona, Praga e Los Angeles e che diventò la prima città ad aver ospitato più di un'edizione dei Giochi.

Grazie anche al fondamentale intervento economico del governo francese, i Giochi del 1924 seppero cancellare la brutta immagine che Parigi aveva lasciato a causa della pessima organizzazione dell'edizione del 1900, e furono caratterizzati da un buon successo di pubblico.

Il problema principale era rappresentato dallo stadio, dal momento che il Pershing, usato per i Giochi Interalleati del 1919, appariva inadeguato. Lo stanziamento finale assommò a 16 milioni di franchi e fu garantito dal primo ministro Aristide Briand: la scelta cadde su Colombes, sede dei Giochi 1900 e del Racing Club de France. Si decise di rifare la pista e di aggiungere un campo per il rugby, uno stadio del nuoto e terreni per il tennis, con uno stanziamento addizionale del Racing di 4 milioni. Il progetto, scelto nel 1921, portava la firma di Louis Faure-Dujarric, esponente della Scuola delle belle arti, che eseguì i lavori in due anni. Aveva capacità di 60.000 spettatori, più 10.000 in tribune supplementari smontabili, per un costo di 6 milioni di franchi: oltre ai campi per il rugby e tennis furono allestiti anche una sala di scherma e impianti per gli allenamenti. La strada su cui si apriva l'ingresso dello stadio fu denominata 'Boulevard Pierre de Coubertin'.

Meno affascinante appariva il disegno del villaggio olimpico, che consisteva essenzialmente di baracche con un ristorante, una libreria e un ufficio postale. Il costo della diaria era di 30 franchi, il soggiorno minimo 25 giorni e la residenza degli atleti doveva necessariamente essere fissata nel villaggio, nonostante le proteste di molti membri del CIO. Per 380.000 franchi fu costruita una linea ferroviaria di 8 km che attraverso il bosco di Colombes collegava la Gare St.-Lazare sulla Senna alla Gare Olympique.

Per la prima volta venne utilizzato il motto "Citius, Altius, Fortius" ("Più veloce, più alto, più forte") e, al termine della cerimonia di chiusura, furono issate tre bandiere: quella olimpica, quella del paese nel quale si erano svolti i Giochi e quella del paese che li avrebbe ospitati per l'edizione successiva. Anche questa, nel corso degli anni, divenne una tradizione.

Risale a quest'edizione il primo lungometraggio sui giochi olimpici (le prime immagini filmate dei giochi si ebbero già nel 1912).


I PROTAGONISTI
Il programma viene sfoltito, con 128 titoli in palio, ma l'evento si protrae ancora per quasi tre mesi. Purtroppo, poi, la politica si mette ancora in mezzo e così la Germania a causa dei contrasti con la Francia non partecipa. Non c'è neanche la Russia, alle prese con una difficile situazione interna e con la morte di Lenin

La Cina, che aveva iscritto quattro tennisti, si ritirò a seguito della rivolta contadina che nel settembre avrebbe deposto l'imperatore e fatto proclamare la repubblica. I partecipanti furono 3076, fra i quali 139 donne, per 126 gare, più 5 concorsi d'arte; dimostrazioni di pelota, canoa fluviale e savate vennero inserite assieme ad alcune competizioni giovanili.

L'Italia fu presente con 201 atleti, un record per le spedizioni azzurre. Della squadra facevano parte tre donne, tutte tenniste ( e due ascari eritrei

A Parigi giunsero molte rappresentative dell'Asia, del Sud-America e anche dell'Africa.


LE GARE
Il nome da accostare a Parigi 1924 è senz'altro quello del fondista finlandese Paavo Nurmi. Oscurato quattro anni prima da Nedo Nadi, nonostante tre ori vinti, Nurmi compie qui l'impresa più straordinaria di una carriera ai limiti del mito. Il finlandese è un uomo di ghiaccio, solitario, in gara un martello implacabile, l'uomo cronometro. Nurmi tiene un passo costante, regolare per tutta la gara e con il suo ritmo demolisce avversari e record. I primati mondiali a fine carriera saranno per lui 22, dai 1500 metri ai 10000. A Parigi Nurmi fa bottino pieno nelle campestri, oro individuale e a squadre, poi il 10 luglio è il giorno storico della doppietta 5000-1500, vinti ad un'ora di distanza l'una dall'altra. Ancora un paio di giorni e sono suoi i 3000 a squadre, che gli consegnano la sua ottava medaglia d'oro in due Olimpiadi. Per le concomitanze del programma non può partecipare ai 10000 che vanno al connazionale Villie Ritola, già battuto da Nurmi nei 5000. Ma l'appuntamento è solo rimandato di 4 anni. I finlandesi però non sono solo il grande Paavo Nurmi e rappresentano ancora la seconda forza dell'atletica appena dietro agli americani, con 12 ori a 10. Oro finlandese anche nella maratona con Albin Stenroos che stacca l'italiano Romeo Bertini.

Il nuoto rivela uno dei campioni più grandi della storia di questo sport, l'americano Johnny Weismuller, che poi sarà anche un famoso attore nel ruolo di Tarzan. Nei 100 stile libero, Weismuller, deve vedersela col connazionale Duke Paoa Kahanamoku, l'hawaiano che ha già vnto nel 1912 e nel 1920. Weismuller cancella l'avversario siglando il primo tempo olimpico sotto il minuto, poi fa doppietta nei 400 stile libero battendo lo svedese Arne Borg e trascina la staffetta all'oro davanti all'Australia. Come se non bastasse l'americano, si dà anche alla pallanuoto, ma qui deve "accontentarsi" della medaglia di bronzo. Quattro anni dopo, ad Amsterdam, sarà ancora lui, e ancora di più, l'indiscussa stella della piscina.

Le Olimpiadi parigine segnano un indubbio successo sia organizzativo che di partecipazione da parte del pubblico, ma anche qualche battuta d'arresto imprevista per i padroni di casa. Nel tennis, per esempio, dove i francesi presentano Borotra, Cochet, Lacoste e Brugnon, i quattro moschettieri vincitori di tante Coppe Davis. Il titolo del singolare però va all'americano Vincent Richards che piega in finale Cochet. Anche il doppio ha un epilogo simile: Richards in coppia con Hunter batte ancora Cochet e Brugnon.

Anche nel torneo di rugby, all'ultima presenza olimpica, la Francia si presenta alla finale con l'oro già quasi in tasca, ma prendendo sotto gamba gli avversari americani riesce a perdere 18-3 e l'epilogo si traforma in una gigantesca rissa tra giocatori, forze dell'ordine e pubblico.

Una curiosità nel canottaggio: vinse l'oro schierato al settimo posto dell'otto della Yale University un futuro, famosissimo pediatra, Benjamin Spock allora ventunenne, che poi avrebbe venduto 30 milioni di copie del suo Babe and child care, tradotto in 29 lingue.

Solo una malattia improvvisa impedì a Oscar Swahn di gareggiare a quasi 77 anni nel tiro. Lo svedese si era messo in luce nel 1908 a Londra dove aveva vinto l'oro nel tiro al bersaglio mobile con colpo singolo sia individuale sia a squadre e il bronzo nel doppio colpo. A Stoccolma 1912 ‒ dove in squadra c'era anche il figlio Alfred, classe 1879 ‒ con il successo nel bersaglio mobile a squadre, diventò, a 64 anni e 258 giorni, il più vecchio vincitore olimpico, primato ancor oggi suo. Ad Anversa, grazie all'argento a squadre nel colpo doppio, ottenuto a 72 anni e 279 giorni, divenne anche il meno giovane vincitore di medaglie in assoluto. La carriera di Alfred proseguì e a Parigi fu ancora sul podio, argento nel bersaglio mobile a squadre: in totale collezionò 9 medaglie, tre d'ogni tipo, in dodici anni.


MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/7QlU9lH.png



L'ATLETA SIMBOLO
Paavo Nurmi (5 ori: 1.500m, 5.000m, 3.000m a squadre, cross ind e cross a squadre)

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/a/a8/Paavo_Nurmi_%28Antwerp_1920%29.jpg/192px-Paavo_Nurmi_%28Antwerp_1920%29.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=Dox1I1uqysU

ataris
01-06-2016, 09:43
Giochi della IX Olimpiade
Amsterdam 1928

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/3/33/1928_poster.jpg/175px-1928_poster.jpg




DATA: 17 maggio / 12 agosto
NAZIONI PARTECIPANTI : 46
NUMERO ATLETI: 2883 (2605 uomini, 278 donne)
NUMERO DI GARE: 109
DISCIPLINE: Atletica, Calcio, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallanuoto, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tuffi, Vela



STORIA
Dopo due tentativi andati a vuoto per questioni politiche (la volontà di premiare prima il Belgio martoriato dalla guerra e quindi il dimissionario padre dei Giochi moderni, il barone De Coubertin), nel 1928 Amsterdam ottenne finalmente la sua Olimpiade
Realizzato il suo sogno di riportare i Giochi a Parigi, il barone può passare la mano. La presidenza del Cio ormai per lui è troppo gravosa, e il successore è già individuato: il conte Henri de Baillet-Latour viene insediato dallo stesso de Coubertin al congresso di Praga del 1925. Ormai il Cio è un organismo funzionale e autorevole, le sedi olimpiche sono assegnate fino al '36, sono partiti a Chamonix i Giochi invernali, e la vecchiaia del rifondatore dell'Olimpiade si annuncia serena

La scelta di Amsterdam avvenne sette anni prima della IX Olimpiade, che si svolse dal 17 maggio al 12 agosto 1928
L'Olimpiade olandese si svolse in un clima abbastanza tranquillo. Gli echi di guerra erano ancora lontani, la Germania, al suo ritorno ai Giochi dopo sedici anni di assenza, era ancora una democrazia e l'economia non aveva ancora conosciuto le difficoltà che sarebbero conseguite al "Martedì nero"
Nonostante alcuni problemi di organizzazione (la costruzione del villaggio olimpico non venne terminato in tempo, l'Italia si arrangiò alloggiando in un piroscafo), l'edizione riscosse un buon successo di critica e pubblico. La Coca-Cola diventò il primo sponsor olimpico.

Un merito di Amsterdam è l'introduzione nel programma dell’atletica femminile: qui è lo stesso barone ad essere contrario, ritenendo ridicolo e disdicevole lo spettacolo delle donne negli stadi: ancora alla vigilia dei Giochi olandesi, un de Coubertin malato, nel suo messaggio di saluto, ribadirà d'essere ostile alla loro presenza in un numero sempre crescente di gare". Ma il movimento femminile ha vinto la sua battaglia: e di certo ne guadagnerà tutta l' Olimpiade; nessuno lo sa, ma dieci anni, proprio in Olanda, è nata una delle più grandi atlete di tutti i tempi, che illuminerà i Giochi di Londra '48, Fanny Blankers-Koen.

La cerimonia d'apertura si tenne il 28 luglio. I giochi furono aperti ufficialmente dal principe Hendrik, consorte della regina Wilhelmina, che lo aveva autorizzato a fare le veci per lei, che in quel momento era in viaggio in Norvegia. Per la prima volta la passerella degli atleti fu guidata dalla rappresentativa greca per terminare con i membri della squadra del paese ospitante. Inoltre, il rito dell'accensione della torcia olimpica, già sperimentato quattro anni prima a Parigi, divenne ufficiale: una staffetta tra giovani greci portò la fiaccola da Atene ad Amsterdam nei mesi precedenti all'apertura della manifestazione. Questi giochi sono stati i primi a presentare un programma standard di circa 16 giorni, che è ancora tutt'oggi in uso.


I PROTAGONISTI
Il ritorno della Germania lasciò fuori dal consesso olimpico solo l'URSS, che non partecipava alle competizioni internazionali. Un incidente causò l'assenza dei francesi dalla cerimonia d'apertura, dopo che agli atleti era stato impedito di allenarsi sulla pista dello stadio olimpico e ne era nata una baruffa, nella quale venne malmenato anche il segretario della Federazione dell'atletica francese Paul Méricamp. Ma la Francia fu regolarmente presente con 230 atleti.

Ridotto il programma (109 gare, e tuttavia ben 15 concorsi d'arte), anche se i paesi salirono a 46, gli atleti furono meno che a Parigi: 2883 (278 donne, un record); la durata dei Giochi esclusi calcio e hockey venne contenuta in 2 settimane, fra il 28 luglio e il 12 agosto (il torneo di hockey su prato iniziò il 17 maggio), per l'ultima volta le premiazioni si svolsero tutte alla fine. Da Los Angeles, anche per le necessità di rientro di molte squadre, sarebbero state più o meno contestuali alle gare.

Ben 33 nazioni (su 46) ritornarono in patria con almeno una medaglia: un record, questo, che durò per 40 anni. Per la prima volta le donne vennero ammesse alle gare di atletica leggera. La prestazione dell'Italia non soddisfece appieno Benito Mussolini, che perciò estromise Lando Ferretti dalla carica di presidente del CONI. Delusero anche gli Stati Uniti che, anche a causa delle prestazioni non esaltanti nell'atletica leggera, guadagnarono meno della metà degli ori conquistati a Parigi, riducendo di almeno un terzo anche il numero delle medaglie d'argento e di bronzo.


LE GARE
Il programma fu definito nella sessione del CIO a Praga, alla fine di maggio del 1925. Scartati hockey su pista, motonautica e scacchi, si dibatté molto se accogliere calcio, tennis e tiro, discipline ad alto tasso di professionismo. "Noi non distinguiamo dilettanti e professionisti", tuonò Daniel Mérillon, il nemico di de Cou-bertin a Parigi 1900, presidente del tiro: e il tiro restò fuori. Fuori anche il tennis, che sarebbe tornato solo nel 1988. Il calcio restò, ma decimato, senza i britannici, che non aderivano alla FIFA, e i nordici; tuttavia, la finale Uruguay-Argentina sarebbe stata la stessa anche ai Mondiali di due anni dopo.

La grande notizia di Amsterdam è che gli Usa non sono più uno squadrone, o che almeno la selezione arrivata ad Amsterdam non è di qualità paragonabile alle precedenti, e il conto delle medaglie si dimezza rispetto a Parigi, segno anche che il resto del mondo si è ripreso dai guasti della guerra. Bruciante, per gli Usa, è soprattutto la doppia sconfitta nella velocità: in entrambe le prove, 100 e 200, dove sul podio non sale neppure uno statunitense, trionfa un canadese, appena ventenne. Si chiama Percy Williams, che ha uno strano tipo di allenatore, Bob Granger. Questi usa massaggiarlo con burro di noce di cocco e lo costringe a indossare tre o quattro tute durante gli allenamenti, per evitare la fuga di calore dal corpo.
Mentre ad Amsterdam tutti fanno il riscaldamento prima delle gare, Percy si trattiene nello spogliatoio sotto numerose coperte, assistito dal suo tecnico che è arrivato ad Amsterdam grazie a una colletta. Percy conquista il primo successo nei 100, e al ritorno trova una folla davanti al suo albergo. Chiede chi stiano aspettando, gli rispondono "quel canadese che ha battuto gli americani". Percy non rivela la sua identità e chiacchiera a lungo con i suoi nuovi fan, che non sanno d’avere davanti, in un’epoca in cui non c'era la tv, il loro idolo. Williams fa il bis anche nei 200, correndo l'ottava gara in quattro giorni, e al ritorno riceve in Patria celebrazioni da eroe greco. Viaggia in treno, a Montreal scende con la madre per ricevere un orologio d'oro, a Hamilton un servizio da te in argento, a Winnipeg addirittura una statua in bronzo, oltre a una coppa in argento e un cane, un golden retriever. Quando finalmente arriva nella sua Vancouver, viene dichiarata una giornata di festa cittadina, Percy riceve in dono una vettura sportiva, una Graham-Paige blu, e quindicimila dollari per poter continuare gli studi.

Le donne in atletica furono dunque l'evento più atteso e significativo di questa edizione. L'onore del primo titolo olimpico femminile di atletica toccò a una studentessa dell'Università di Varsavia, Halina Konopacka, 27 anni, la cui gara, il disco, era la prima del programma delle finali, alle 14 del 31 luglio

Nonostante le sconfitte gli USA comunque prevalsero nel bilancio complessivo dell'atletica. Nel nuoto invece spuntò una nuova, temibile concorrenza: il Giappone. Il primo oro giapponese della storia era stato vinto il 2 agosto, nel triplo, da Mikio Oda, ventitreenne di Hiroshima, ma fu nel nuoto che i giapponesi si dimostrarono avversari davvero terribili. Nel 1920 soltanto due giapponesi avevano partecipato alle gare di nuoto, a Parigi erano stati sei e avevano sfiorato il bronzo nella staffetta 4 x 200 m. Ad Amsterdam erano undici e la giornata memorabile fu l'8 agosto, quando Yoshiyuki Tsuruta (o Turuta, come si firmava), 25 anni non ancora compiuti, conquistò i 200 m rana, costringendo il direttore della banda ad acquistare in tutta fretta lo spartito dell'inno giapponese in un negozio vicino.Due giorni dopo Katsuo Takaishi ottenne il bronzo nei 100 m stile libero e poi guidò all'argento i suoi compagni, tutti di età inferiore ai 20 anni, in staffetta.

Nel ciclismo si registrò il terzo oro consecutivo di un quartetto dell'inseguimento italiano, ancora con una formazione diversa, che comprendeva Cesare Facciani, destinato a prematura morte dieci anni dopo in sanatorio.

Fra le 18 donne che fecero parte della rappresentativa italiana, vi furono le straordinarie Piccole italiane della Ginnastica Pavese, un gruppo di dieci bambine e ragazze, più due riserve, tutte di Pavia, che conquistò l'argento dietro le mature olandesi nella prova a squadre,

Il medagliere complessivo premiò comunque gli USA con 22 ori, 18 argenti, 16 bronzi, e salutò il ritorno della Germania, seconda. Una curiosità di questi Giochi, fra l'altro, fu l'oro di un principe che sarebbe poi diventato re. Sull'imbarcazione norvegese Norna, classe 6 metri, c'era un famoso costruttore e velista, Johan Anker, già quarto a Londra 1908 e oro nel 1912, realizzatore della barca Bra, che aveva vinto a Parigi 1924. Anker aveva 57 anni, fece da guida preziosa al venticinquenne principe ereditario, Olav, nato in Inghilterra e che aveva studiato a Oxford. Olav, che nel 1922 aveva saltato 33 m dal trampolino di Holmenkollen e 40,5 m l'anno dopo, si era appena fidanzato con la principessa Martha di Svezia, che avrebbe sposato l'anno dopo. Nel 1957 diventò re, come Olav V. Il figlio Harald fu poi tre volte velista ai Giochi.

All'estremo opposto, un modesto operaio algerino della Renault, nato nel 1898 nel villaggio di Ould Djleb, vicino all'oasi di Biskra, arruolato nell'esercito francese, Ahmed Boughéra El Ouafi, campione nazionale francese di maratona nel 1924, e settimo ai Giochi di Parigi, rivinse nel 1928 il titolo nazionale e andò ai Giochi di Amsterdam, dove corse di conserva con il cileno Miguel Plaza, che quattro anni prima era arrivato appena davanti a lui. Stavolta le parti si invertirono, tutti cedettero, ultimo il giapponese Kanematsu Yamada, e El Ouafi trionfò. Morì nell'ottobre del 1959, dopo una sfortunata tournée negli Stati Uniti, ucciso durante una rissa scoppiata in un caffè-albergo di St.-Denis.



MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/KKlAW47.png



L'ATLETA SIMBOLO
Percy Williams (2 ori: 100 e 200 metri )

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/7/70/Percy_Williams_1928.jpg/220px-Percy_Williams_1928.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=VZ_SLYomkZ0

ataris
03-06-2016, 08:33
Giochi della X Olimpiade
Los Angeles 1932

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/7/78/1932_poster.jpg/175px-1932_poster.jpg




DATA: 30 luglio / 14 agosto
NAZIONI PARTECIPANTI : 37
NUMERO ATLETI: 1332 (1206 uomini, 126 donne)
NUMERO DI GARE: 117
DISCIPLINE: Atletica, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallanuoto, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tiro, Tuffi, Vela



STORIA
28 anni dal disastro di Saint Louis le Olimpiadi approdano ancora negli Stati Uniti. Come già successo per Parigi la seconda edizione è quella del riscatto. Gli americani mettono in campo tutta la loro forza organizzativa e finanziaria in grande anticipo e così la profonda crisi economica del 1929 trova la macchina Giochi in gran parte già funzionante.

Gli Stati Uniti d'America, nonostante la grave crisi economica di quel tempo, ce la misero tutta per organizzare un'Olimpiade tale da far cancellare il brutto ricordo dei Giochi Olimpici che si erano tenuti a Saint Louis nel 1904. Diversi luoghi vennero totalmente costruiti come la piscina e il velodromo, altri vennero notevolmente ampliati come il Los Angeles Memorial Coliseum il gigantesco stadio da 105.000 posti che all'epoca fu lo stadio più grande ad avere mai ospitato un'Olimpiade
All'avanguardia anche il Villaggio Olimpico: sono 550 villini con impianti per gli allenamenti, cinema, ospedale, in cui sono alloggiati atleti, allenatori, accompagnatori. Solo uomini, però. Le 127 donne che partecipano a Los Angeles '32 vengono sistemate in albergo.

Anche a causa delle ristrettezze economiche delle varie federazioni, venne deciso che le Olimpiadi sarebbero durate due settimane: un format che sarebbe proseguito fino a oggi. Altre novità di rilievo: l’introduzione di nuove discipline nell’atletica, come i 50km di marcia e il lancio del giavellotto, e l’esclusione del calcio dal programma olimpico, vista la scarsa popolarità di cui godeva in America; e, soprattutto, l’introduzione del podio e degli inni nazionali durante le premiazioni. Considerando anche l’atmosfera di festa e l’indotto, i Giochi di Los Angeles furono un successo memorabile.


I PROTAGONISTI
Un elemento di richiamo che gli organizzatori sfruttarono appieno fu la vicinanza di Hollywood. La Mecca del cinema fu mobilitata per i Giochi, i cui testimonial furono attori famosissimi come Douglas Fairbanks e Mary Pickford, al lavoro già dal 1924 per promuovere l'Olimpiade con spot e interventi pubblici; furono assoldati persino grandi scrittori: nella giuria dei concorsi d'arte, per la letteratura figurò anche Thornton Wilder, che regalò una 'menzione onorevole' a un saggio del presidente dell'AAU (Amateur athletic union), Avery Brundage, sul dilettantismo.

Ma non tutti raggiunsero Los Angeles come avrebbero voluto. I brasiliani si imbarcarono su una nave che trasportava sacchi di caffè, venduti a ogni scalo per pagarsi le spese. All'arrivo, solo 58 avevano un dollaro per pagare la tassa di sbarco, altri 49 restarono a bordo; furono raggiunti dai pallanuotisti che, sconfitti 7-3 dai tedeschi, aggredirono l'arbitro, che era Béla Komjadi, giornalista e commissario tecnico degli ungheresi, finché la polizia non intervenne e i sudamericani furono cancellati dal torneo.


LE GARE
Le gare di corsa, soprattutto nella velocità tornano dominio Usa. 100 e 200 sono entrambi vinti da Thomas Edward Tolan, ma con episodi particolari. Nei 100 Tolan e l'altro americano Ralph Harold Matcalfe tagliano il traguardo contemporaneamente. Senza le odierne tecnologie sarebbe impossibile stabilire il vincitore, ma i giudici decidono per Tolan. Nei 200 Matcalfe è ancora più sfortunato: finisce ancora dietro a Tolan ma si accorge che la misurazione delle corsie non è corretta ed ha percorso almeno un metro in più rispetto al vincitore. La classifica viene però omologata e Matcalfe resta così uno degli atleti più sfortunati della storia olimpica. Gli americani dominano anche le staffette, il decathlon e i 400 con Williams Carr al nuovo record del mondo con 46'2''. Anche i giapponesi cominciano a mettersi in mostra e qui vincono il salto triplo con Nambu. Anche il vecchio Paavo Nurmi vorrebbe essere ancora protagonista, stavolta nella maratona, ma viene accusato di professionismo e per questo squalificato. La vittoria della maratona va così ad un argentino, Juan Carlos Zabala. Ai finlandesi non resta che consolarsi con i 3000 siepi di Volgari Iso Hollo. Ma grande protagonista nell'atletica è anche il nostro Luigi Beccali, detto Ninì. Beccali, milanese di 24 anni, corre la finale dei suoi 1500 metri il 4 agosto. All'inizio la gara vede in testa l'americano Cunningham con l'azzurro nelle retrovie. Ma all'ultimo giro lo statunitense comincia a cedere e Beccali si mette in scia all'inglese Cornes che cerca l'inseguimento, per poi battere tutti sul rettilineo finale.

Nonostante la partecipazione femminile non sia ancora molto cospicua (127 atlete) le storie di un certo spessore non mancano, anzi è proprio una ragazza la grande protagonista di Los Angeles '32.
Mildred Ellen Didrikson, detta "Babe" è una ragazza 21enne americana ma di origine norvegese. Mildred ha la capacità di emergere in specialità diverse dell'atletica ma addirittura in molti altri sport. Il regolamento dei Giochi le permette di partecipare a non più di 3 gare e lei vince il lancio del giavellotto e gli 80 ostacoli. Nella terza gara, il salto in alto, si classificherebbe prima a pari merito con la connazionale Jean Shiley. Succede però che i giudici reputino lo stile di "Babe" non conforme ai regolamenti dell'epoca e gli assegnino il secondo posto. Resta comunque, nonostante questo episodio la sua grandezza: senza le imposizioni dei regolamenti avrebbe potuto primeggiare un po' ovunque e lo farà in altri sport nel corso della carriera (soprattutto nel golf) prima di morire ad appena 45 anni per un tumore.

Un'altra atleta che si fa notare è la velocista polacca Stanislawa Walasievicz che vince l'oro nei 100 e sigla il nuovo record del mondo, 11'9''. Ma su di lei si accende qualche dubbio e sono dubbi ben fondati visto che alla morte (nel 1980) si scoprirà che Stanislawa era a tutti gli effetti un uomo.

Fece sensazione l'Irlanda, che, pur presentando soltanto tre atleti, riuscì a centrare due ori, con l'inatteso 51,7″ di Robert Tisdall sui 400 m ostacoli (tempo che non fu primato mondiale causa l'abbattimento di una barriera), e nel lancio del martello con Patrick O'Callaghan; inoltre sfiorò il bronzo nel salto triplo Eamon Fitzgerald, gara ancora vinta da un giapponese.

Se l'atletica segna un indubbio successo statunitense il nuoto è invece per i padroni di casa una debacle assoluta. Si salva solo Clarence Linden Crabbe sui 400 stile libero. Come il suo illustre predecessore Weismuller anche Crabbe passerà ad Hollywood come Tarzan ma anche come Flash Gordon. Il resto della rassegna in piscina però, è tutto un dominio giapponese: alla fine infatti ben 5 ori su 6 sono al collo di atleti del Sol Levante. Nel medagliere finale dei Giochi i giapponesi, a conferma della loro imperiosa crescita, contano 18 medaglie con 7 ori. Agli americani non resta che rifarsi con i successi in campo femminile di Helene Madison, che è la mattatrice con 3 ori.

Takeichi Nishi (Baron Nishi) e il suo cavallo Uranus vincono l'oro nel salto ostacoli individuale: è l'unica medaglia d'oro giapponese nell'equitazione, fino a oggi. Nishi morirà nel 1945 nella difesa dell'Isola di Iwo Jima. Egli è uno dei personaggi principali nel film di Clint Eastwood' Lettere da Iwo Jima.

Nel torneo di hockey si presentarono solo tre squadre: l'India, che arrivò prima, il Giappone, che fu secondo e gli Stati Uniti, che persero tutte le gare ma che comunque si presero un bronzo.

L'Italia fu protagonista in questa Olimpiade: mai più sarebbe stata seconda nel medagliere (qui dietro gli USA) e mai più, a parte Roma 1960, avrebbe vinto così tante medaglie (36, fra cui 12 ori). La spedizione italiana era composta da 101 atleti, quasi un terzo dei quali andò sul podio. Erano partiti sul Conte Biancamano da Napoli, dopo dieci giorni erano stati accolti dal sindaco di New York, Fiorello La Guardia, dopo quattro notti di treno erano arrivati a Los Angeles su un convoglio che si era fermato quasi a ogni stazione per ricevere il saluto degli emigrati italiani. Portabandiera era Ugo Frigerio, ancora capace di ottenere un bronzo nella 50 km di marcia, otto anni dopo l'ultimo oro di Parigi. L'atletica offrì anche un bronzo nella staffetta 4 x 100 m, con Ruggero Maregatti, Giuseppe Castelli, Gabriele Salviati ed Edgardo Toetti: alle spalle di USA e Germania lo spunto di Toetti salvò il terzo posto da una muta di inseguitori.

Fra i 31 dell'atletica spiccò Luigi Beccali, da tutti detto 'Nini'. Il 4 agosto 11 atleti partirono per la finale dei 1500 m, mancava solo il francese Jules Ladoumègue, in tribuna, primatista mondiale sul miglio in 4′09,2″, escluso in marzo per professionismo. Beccali vi giunse dopo aver preceduto nettamente in batteria, il giorno prima, il finnico Eino Purje, che non concluse la gara. Dopo una falsa partenza di Beccali, partì velocissimo lo svedese Eric Ny, che dovette però cedere il passo all'americano Glenn Cunningham e al nero canadese Philip Edwards. Beccali si tenne dietro, incollato al finlandese Harry Larva, oro nel 1928, che poi finì decimo. Uno scatto dell'inglese John Cornes alla campana scosse Nini, che era a 20 metri dai leader della corsa: Beccali rispose ed entrambi andarono a prendere i due battistrada, mentre Edwards all'imbocco dell'ultima curva scavalcava Cunningham, in crisi. A metà curva Beccali all'esterno affiancò Cornes, lo superò, sullo slancio passò avanti anche a Cunningham e andò all'assalto di Edwards, trascinandosi Cornes, che però gli finì dietro, molto staccato. Fu il nuovo record olimpico per l'italiano: 3′51,2″; Cornes era a quasi un secondo e mezzo, gli ultimi 300 m furono percorsi in 41″. Beccali corse ad abbracciare Dino Nai, il suo tecnico, che balzò in pista.

A Long Beach ci fu entusiasmo, non solo italiano, per la finale dell'otto di canottaggio: gli USA erano quasi professionisti, lottare testa a testa con loro fu già un successo. Già il 4 con si era impegnato in un aspro duello con i tedeschi, in finale, concluso con un argento, a soli due decimi dai vincitori. Ma nell'otto i livornesi della Canottieri erano decisi a tutto contro l'Università della California di San Francisco, dopo aver battuto anche Cambridge. C'era anche uno dei due Vestrini beffati ad Amsterdam, Roberto, in quella che il New York Times definì la più bella sfida del canottaggio USA. Capovoga Vittorio Cioni, primo in barca anche nell'Europeo 1929 - che faceva anche da Mondiale ufficioso - vinto dagli stessi livornesi, secondi nel 1930 e nel 1931. Ultimi all'avvio, gli italiani esibirono un serrate straordinario che li portò a superare inglesi e canadesi, e li proiettò sull'armo americano. Prima del verdetto finale, che assegnò all'Italia l'argento, la giuria restò a lungo riunita.



MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/lEx8rXT.png



L'ATLETA SIMBOLO

Babe Didrikson-Zaharias (2 ori, giavellotto e 80m ostacoli, e 1 argento nel salto in alto)

https://extrawellrounded.files.wordpress.com/2012/10/babe-didrikson-trophy.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=Ev0ny_nLOVc

ataris
12-06-2016, 17:52
Giochi della XI Olimpiade
Berlino 1936

http://www.christies.com/lotfinderimages/d55461/franz_wurbel_germany_berlin_1936_olympic_games_d55 46176h.jpg




DATA: 1° agosto / 16 agosto
NAZIONI PARTECIPANTI : 49
NUMERO ATLETI: 3962 (3634 uomini, 328 donne)
NUMERO DI GARE: 129
DISCIPLINE: Atletica, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallamano, Pallanuoto, Pentathlon moderno, Polo, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tiro, Tuffi, Vela



STORIA
Quella di Berlino fu una delle edizioni più controverse della storia dei Giochi Moderni. Da un punto di vista organizzativo, sportivo e commerciale, infatti, le Olimpiadi del 1936 rappresentarono uno dei massimi vertici mai raggiunti dalla manifestazione, con infrastrutture moderne e costose, un’enorme partecipazione popolare (grazie anche alla televisione, che fece il suo esordio olimpico) e all’elevato livello agonistico delle gare

Per ottenere l'assegnazione dei Giochi del '36 si presentano ben 11 città, tra cui Roma, segno della grandissima considerazione che ormai le Olimpiadi raccolgono. La scelta cade su Berlino, scelta contrastata, visto che la Germania sta entrando in pieno periodo hitleriano. Proprio Hitler, però, che nel '33 accentra nelle proprie mani tutti i poteri, non è per niente soddisfatto di vedere in casa propria quella che definisce come una rassegna di ebrei.

Ma l'influente ministro della propaganda Joseph Gobbels interviene a fargli cambiare idea: i Giochi possono essere l'occasione per mostrare al mondo intero la potenza germanica e la superiorità degli atleti di razza ariana. E Hitler cambia rotta di 180°: nuove costruzioni faraoniche, tra cui un Villaggio Olimpico splendido, e una squadra tedesca che si prepara scrupolosamente e per mesi nella Foresta Nera, da dove esce in grande spolvero dopo allenamenti durissimi. Le proteste ai Giochi Hitleriani di certo non mancano, ma ancora più che le proteste non mancano le contraddizioni: gli Stati Uniti minacciano il boicottaggio per voce del presidente Roosevelt, ma tutto poi rientra. Succede che Roosevelt manda un inviato in Germania per verificare quale sia effettivamente la situazione, ma la scelta della persona è clamorosamente sbagliata. Ad attraversare l'oceano infatti è Avery Brundage, futuro presidente del CIO e soprattutto di tendenze ultraconservatrici e razziste. Così il suo rapporto è positivo e gli Stati Uniti partecipano. Anche Hitler si ridipinge un po': nello squadrone tedesco sono inseriti così una manciata di atleti di origine ebrea, tutto questo mentre sono già operative le leggi antiebraiche.

Durante i Giochi, il comandante del Villaggio Olimpico, Wolfgang Fürstner, fu improvvisamente sostituito. La ragione ufficiale da parte dei nazisti era perché egli non aveva agito "con l'energia necessaria" causando danni significativi al sito. Ma questo era solo un pretesto per togliersi di torno l'ufficiale mezzo ebreo. Egli si suicidò poco dopo la conclusione dei Giochi di Berlino, perché con l'introduzione delle leggi di Norimberga che lo classificavano come ebreo, era stato dimesso dal suo incarico di ufficiale dalla Wehrmacht

In un trionfo di svastiche il 1° agosto 1936 il mezzofondista tedesco Erik Schilgen accende con la fiaccola giunta per mano di 3000 tedofori da Atene, il braciere olimpico. E' questa la nota lieta dell'inaugurazione dei Giochi del '36, che da qui si ripeterà sempre. Passando all'aspetto sportivo le novità più importanti sono il ritorno del calcio e l'ingresso della pallacanestro.
Vennero aggiunte le prove di canoa, di pallamano, e di baseball (a livello dimostrativo). In aggiunta si tennero anche delle sfilate e dei saggi della gioventù hitleriana in stile ellenico. Il vero miracolo fu comprimere questo programma sterminato nelle ormai canoniche due settimane di durata dei Giochi.


I PROTAGONISTI
Gli atleti statunitensi parteciparono quindi ai Giochi di Berlino. Tuttavia a New York, come anche si cercò di tentare a Barcellona, fu organizzata una contro-olimpiade in contemporanea con lo svolgimento delle olimpiadi ufficiali.
La Spagna rinuncia per la guerra civile: e in totale, nell'imminenza dell'Olimpiade tedesca, vengono annunciate ben 5 contro-olimpiadi. A Tel Aviv si svolge quella ebraica, Praga e Anversa rinunciano, un "carnevale olimpico" viene organizzato a Randalls Island, negli Usa. Ma il serio tentativo è quello di Barcellona, con l'appoggio dei sovietici. Annunciati 2.000 atleti, il primo ministro della Catalogna inaugura i Giochi della Libertà il 16 luglio, il mattino dopo uno scontro a fuoco alle porte della città fa abortire il tentativo.

Come la Spagna, anche l'Unione Sovietica rifiutò di partecipare ai Giochi estivi del 1936, anche se non organizzò nessuna contro-Olimpiade

Le voci più robuste contro le Olimpiadi tedesche vennero dalla Francia. Toccò al governo popolare di Léon Blum decidere se mandare la rappresentativa francese a Berlino e fu proprio la sinistra, da cui ci si attendeva una posizione contraria alla partecipazione, a dare il suo assenso.
La Gran Bretagna aspettò fino al dicembre 1934 per rispondere all'invito tedesco, inoltrato l'anno precedente. Dopo averlo accolto, il Comitato olimpico effettuò un'accurata ispezione che lasciò le cose come stavano

Il resto dell'Europa non restò a guardare: la Iugoslavia manifestò contro i Giochi, vi furono dimostrazioni di piazza a Stoccolma, la città di Amsterdam finanziò una mostra delle 'deviazioni' naziste in contemporanea con i Giochi. Dissero 'no' le Federazioni calcio belga e ceca e la Federnuoto svizzera.

L'Italia prese parte con 182 atleti, la spedizione più ampia della sua storia.



LE GARE
Ci sono Olimpiadi indelebilmente segnate da un unico grande personaggio. E' il caso, forse più che in ogni altra edizione di Berlino '36, legata a doppio filo a James Cleveland "Jesse" Owens.

Le imprese sportive straordinarie, ripetute solo da quell'altro fenomeno di Carl Lewis 50 anni dopo, ma anche l'aver provocato il disappunto di Hitler, che preferì abbandonare lo stadio piuttosto che premiare quell'atleta di colore, ne fanno un personaggio leggendario. E già, perché Owens, quasi 23enne di colore dell'Alabama, in pista e in pedana domina su tutti, tedeschi compresi, nelle gare simbolo dei Giochi, facendosi beffe delle tesi razziste del Fuhrer e della tanto decantata superiorità della razza ariana. Ma andiamo in pista. L'americano è esploso l'anno precedente nel Michigan, ad Ann Arbor, segnando 4 record mondiali (ma 2 di essi erano validi sia per le misurazioni in yards che metriche, di poco diverse, quindi i record sarebbero 6!), in poco più di 1 ora. A Berlino incanta tutti tranne Hitler. Vince i 100 metri davanti al connazionale Metcalfe, secondo anche 4 anni prima, poi si getta nel salto in lungo, l'impresa che si rivela più bella. Il duello è con il tedesco Luz Long. Owens si trova in difficoltà nelle qualificazioni, con due salti nulli, ma è proprio il tedesco, che diventerà suo grande amico, a dargli il consiglio giusto: anticipare la rincorsa di pochi centimetri. Così è e l'americano strappa la qualificazione alla finale proprio all'ultimo salto. La finale è avvincente, con i due amici-rivali che si trovano in testa appaiati. Ma Owens negli ultimi due salti allunga fino a 8,06 del record olimpico e si mette al collo il secondo oro. La terza medaglia è sui 200 metri, dove vince nettamente, l'apoteosi è la staffetta, dove gli americani dominano segnando un nuovo record mondiale, e gli azzurri fanno bellissima figura giungendo secondi. La carriera del leggendario campione si chiude praticamente così, breve e intensa come i suoi sprint. Dopo ci sarà ancora spazio per le esibizioni, per il passaggio al professionismo ma niente che possa aggiungere qualcosa a quanto già raccontato.

Sull'uscita di scena del Führer si sono scritti fiumi di parole ed è diffusa la convinzione che Hitler non abbia voluto stringere la mano a un nero, in questo caso a uno che aveva battuto un ariano. In effetti, la vicenda può essere parzialmente ridimensionata: Hitler aveva incominciato a ricevere nel suo palco i vincitori delle gare di atletica durante la prima giornata, ma si era allontanato, nel tardo pomeriggio del 2 agosto, alle prime ombre della sera, dopo essersi congratulato con il pesista tedesco Hans Woellke, vincitore dell'oro, ma prima della premiazione dell'alto, che aveva fatto registrare la doppietta di due neri americani, Cornelius Johnson e Dave Albritton, coprimatisti del mondo con 2,07 m ai Trials. Il Führer si comportò nello stesso modo la sera dopo, prima della premiazione dei 100 m. La cosa non sfuggì al CIO, che fece pervenire subito la raccomandazione di "accogliere tutti o nessuno". Hitler continuò a ricevere chi desiderava, come la velocista statunitense Helen Stephens ‒ che invitò anche nel 'nido d'aquila' di Berchtesgaden, offerta gentilmente rifiutata ‒ ma discretamente, nel retro del suo palco. Non era presente, quando si celebrò il secondo oro di Owens, come non c'era stato in occasione del primo

Nonostante le imprese di Owens, gli Stati Uniti sono battuti piuttosto nettamente nel medagliere finale. La Germania conquista ben 88 medaglie di cui 33 d'oro, mentre gli ori americani sono "solo" 24. I tedeschi fanno man bassa in ogni sport, ma nell'atletica e nel nuoto, gli sport simbolo, non riescono a sfondare. L'atletica li vede vittoriosi solo nei lanci, mentre nel nuoto è ancora un affare privato tra Giappone e USA, con il solo ungherese Czik, che vince i 100 stile libero. Almeno al maschile, perché al femminile il nuoto è quasi tutto per l'olandese Hendrika Mastenbroeck, con 3 ori. Per la Germania comunque c'è da rifarsi con un netto dominio nella ginnastica e nell'equitazione.

Dopo appena 4 anni, la statunitense Marjorie Gestring, oro nei tuffi a 13 anni, batté il record conquistato a Los Angeles da Kusuo Kitamura. Sempre in questa edizione, Inge Sorensen, svedese, vinse a 12 anni il bronzo nei 200 metri rana, diventando la più giovane atleta ad essere mai salita sul podio olimpico in una gara individuale.

Nella pallanuoto, Olivér Halassy vinse con la squadra ungherese la medaglia d'oro, pur essendo privo di una gamba, che gli era stata amputata dopo un incidente stradale.

Trebisonda "Ondina" Valla, ventenne bolognese, diventò la prima donna italiana a vincere una medaglia d'oro, grazie al suo successo (ufficializzato dal fotofinish) negli 80 metri ad ostacoli.
La sua grande rivale fu Claudia Testoni, di un anno più giovane (nata il 20 maggio 1916), con la quale si trovò alla Bologna Sportiva, dopo che si erano già misurate alle medie nelle corse brevi, sulle barriere, nel salto.
Alla vigilia di Berlino nessuno le intervistò, si sapeva che Valla eccelleva nello stile, Testoni, maturata più tardi, azzurra dai 16 anni, era più potente. La rivalità era aspra, quasi non si parlavano. In una delle batterie degli 80 m ostacoli Testoni fu prima in 12″, in un'altra Valla seconda con 11,9″. In una semifinale, spinta dal vento, Valla scese a 11,6″, che valeva il mondiale dell'epoca, mentre nell'altra Claudia arrivò terza e rischiò l'esclusione. La finale si corse il 6 agosto: Testoni, in seconda, soffriva di dolori mestruali; Valla, in quinta, faceva fatica a camminare per il mal di gambe. Poi seppe recuperare una non felice partenza e si buttò insieme ad altre quattro sul filo. Fu subito dichiarata prima, poi lo studio del photofinish assegnò l'argento alla tedesca Anni Steuer e il bronzo alla canadese Elizabeth Taylor

La finale di basket tra Canada e Stati Uniti venne vinta da questi ultimi con l'incredibile punteggio di 19-8; ciò accadde in quanto la gara fu giocata all'aperto, in un campo fangoso e sotto una pioggia battente.

Ad Amsterdam la nazionale azzurra di calcio aveva vinto il bronzo, con atleti praticamente professionisti. Poi il CIO aveva imposto restrizioni alla FIFA, chiedendo solo dilettanti. Gli italiani, campioni del mondo, oggettivamente poco si aspettavano dalla formazione di studenti che Vittorio Pozzo aveva messo forzatamente in piedi, anche se molti di loro avevano ricche 'borse di studio' e giocavano in serie A. Un mese di collegiale a Merano introdusse l'avventura olimpica di questi ragazzi, che debuttarono contro gli USA il 3 agosto: un gol dell'ala destra Annibale Frossi, friulano di Muzzana del Turgnano, che giocava in B (ma passò all'Inter subito dopo i Giochi) e si distingueva per i suoi occhiali infrangibili tenuti fermi da una fascia, rimediò all'espulsione di Pietro Rava, terzino della Juve. Le cose cambiarono subito con il Giappone (8-0), annichilito da 4 gol di Carlo Biagi, 3 di Frossi e uno di Giulio Cappelli. La sofferta semifinale con la Norvegia raffreddò gli animi: finì 1-1, con rete del solito Frossi nei supplementari. Nell'altra semifinale, quando il Perù era in vantaggio per 4-2 sull'Austria, i tifosi sudamericani invasero il campo per la gioia; fu chiesta la ripetizione dell'incontro, ma il Perù rifiutò e ritirò la squadra; a Lima la polizia dovette presidiare l'ambasciata tedesca. Contro gli azzurri in finale ci fu dunque la scuola danubiana, confronto ritenuto impari. Non successe niente per oltre un'ora, finché Frossi al 70′ non andò a segno; dieci minuti dopo Eduard Kainberger gelò le speranze italiane. Nei supplementari Frossi segnò subito, al 2′, e l'Italia resistette all'assedio austriaco. In squadra c'erano anche Alfredo Foni, terzino della Juventus, che con Frossi (avevano debuttato assieme in B nel Padova) divise poi successi come allenatore, guidando anche la nazionale, e Ugo Locatelli dell'Inter. Pozzo era al secondo trionfo, dopo il Mondiale 1934 poi replicato nel 1938. Alla guida degli azzurri vinse 63 delle 95 partite disputate.



MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/VGAQn90.png



L'ATLETA SIMBOLO

Jesse Owens (4 ori: 100m, 200m, 4x100m e salto in lungo)

http://i.ebayimg.com/00/s/NTAwWDM5NA==/z/crsAAOxy0x1TVk2X/$_35.JPG?set_id=2



IL FILMATO

https://www.youtube.com/watch?v=Ryil1qW3Yv4

ataris
17-06-2016, 08:58
Giochi della XII Olimpiade
Londra 1948

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/4/48/London_Olympics.jpg/175px-London_Olympics.jpg




DATA: 29 luglio / 14 agosto
NAZIONI PARTECIPANTI : 59
NUMERO ATLETI: 4104 (3714 uomini, 390 donne)
NUMERO DI GARE: 136
DISCIPLINE: Atletica, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallanuoto, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tiro, Tuffi, Vela



STORIA
Dodici anni di vuoto per le Olimpiadi. 12 anni pieni di morti, immani tragedie ed un presente pieno di rovine e difficoltà. All'indomani della 2° Guerra Mondiale, che cancella 2 edizioni dei Giochi (tra l'altro quella del '40 già assegnata a Tokyo) il panorama è desolante e la creazione di De Coubertin, dopo la grande espansione degli anni '20-'30 rischia di essere travolta e dispersa.
A proposito del barone, dopo la sua morte (nel 1937) la poltrona che fu sua per tanti anni, la presidenza del CIO, è passata nel frattempo al belga Henry de Ballet Latour e alla scomparsa di quest'ultimo allo svedese Edstroem.

Far ripartire la macchina dei Giochi è impresa tutt'altro che facile, ma per fortuna si fa avanti Londra, che nonostante sia ancora devastata dai bombardamenti tedeschi, salva per la seconda volta le Olimpiadi. Già agli albori infatti gli inglesi erano intervenuti in una situazione molto difficile dopo due edizioni fallimentari e l'improvvisa rinuncia di Roma: nacque così Londra 1908. Questa comunque è un'altra storia, fatta soprattutto di austerità, si sistemano alla meglio gli impianti sportivi, si fanno alloggiare come possibile gli atleti in caserme e scuole.
La scelta di Londra come sede della prima edizione olimpica postbellica aveva anche un forte carattere simbolico. La Gran Bretagna era stata la fiera avversaria del nazismo e Londra era la città che più di ogni altra Hitler avrebbe voluto distruggere: se Berlino aveva trionfalmente ospitato l'ultima edizione dei Giochi, esaltando la forza organizzativa, economica e militare della Germania nazista, toccava ora alla democrazia britannica dimostrare che i valori morali dell'olimpismo potevano trovar casa soltanto in un paese libero, rispettoso dei diritti dell'uomo.

Furono approntate soluzioni economiche: le gare di nuoto si svolsero nel Tamigi, le gare di ciclismo trovarono posto nell'ampio parco di Windsor. Fu ricostruita la pista di atletica nello stadio di Wembley, dove si erano svolti i precedenti Giochi del 1908. Non fu edificato nessun villaggio olimpico: gli atleti alloggiavano in collegi e capannoni militari. I più fortunati furono gli americani, che vennero riforniti di generi alimentari direttamente dal loro paese, tramite un ponte aereo. Inoltre la Danimarca e i Paesi Bassi spedirono quasi mezzo milione di uova, la Cecoslovacchia inviò 200.000 bottiglie d'acqua minerale, mentre i pescatori inglesi regalarono ben 2.000 tonnellate di pesce.

Nonostante queste premesse non confortanti, i risultati tecnici furono tutt'altro che modesti, visto che nove primati olimpici furono migliorati nell'atletica leggera e otto nel nuoto, sia in campo maschile sia in quello femminile. Evidentemente la guerra non riuscì a frenare la rincorsa ai nuovi metodi di preparazione, alle innovazioni nello stile, oltre all'applicazione delle scienze mediche alla pratica fisica. I Giochi Olimpici di Londra del 1948 furono, per la prima volta nella storia delle Olimpiadi, trasmessi in tutta l'Inghilterra dalla televisione.

I giochi furono aperti ufficialmente il 29 luglio. Bande dell'esercito iniziarono a suonare alle 2 del pomeriggio per gli 85.000 spettatori dello Stadio di Wembley. Gli organizzatori nazionali e internazionali arrivarono alle 14:35 circa e il re Giorgio VI e la regina Elisabetta con altri membri della famiglia reale, si presentarono alle 14:45. Quindici minuti più tardi inizio la sfilata delle nazioni all'interno dello stadio che durò all'incirca 50 minuti. L'ultima squadra fu, come tradizione, quella del paese ospitante ossia il Regno Unito.

Alle 4 del pomeriggio il re dichiarò ufficialmente aperti i Giochi della XIV Olimpiade. 2500 piccioni furono liberati nell'aria e la bandiera olimpica fu innalzata. L'artiglieria a cavallo Reale suonò 21 colpi di cannone e l'ultimo tedoforo salì i gradini del calderone olimpico. Dopo aver salutato la folla, si voltò e si accese la fiamma. Dopo altri discorsi, Donald Finlay della squadra inglese recitò il giuramento olimpico a nome di tutti i concorrenti.

Al termine dei Giochi si registrò la prima fuga di un atleta dai paesi ormai al di là della cortina di ferro: Maria Provanzikova, cecoslovacca, presidente della Commissione tecnica della ginnastica, rifiutò di tornare in patria.


I PROTAGONISTI
La partecipazione fu molto elevata per quegli anni postumi alla guerra: più di 4300 atleti (468 donne), in rappresentanza di 59 nazioni, alcune delle quali frutto della decolonizzazione del Medio Oriente e del subcontinente indiano.
A Londra però non vengono ammesse Germania e Giappone, nazioni responsabili dell'immane tragedia mondiale, mentre l'Italia, grazie all'impegno in prima persona di Winston Churchill che riconosce l'importanza della lotta partigiana, viene ammessa.

Non c'è ancora l'Unione Sovietica, mentre è presente con un piccolo drappello la Cina. Furono volontariamente assenti anche la Romania, la Bulgaria e il neonato stato di Israele.Degli altri paesi dell'Europa dell'Est, ormai sotto l'influenza sovietica, parteciparono soltanto Cecoslovacchia e Polonia.
Le nuove nazioni presenti a Londra furono Cile, Danimarca, Islanda, Sud Corea e Libano.

Per quanto riguarda il medagliere, gli ori vennero distribuiti fra un novero di 23 nazioni mentre nell'XI Olimpiade erano state solo 21; tra gli exploit vanno segnalati gli Stati Uniti d'America che passarono da 24 ori a 38 ori, la Svezia da 6 ori a 16 ori, la Turchia da 1 oro a 6 ori (nella lotta e nel pugilato); l'Europa conservò il doppio di ori rispetto alle Americhe. I padroni di casa inglesi si aggiudicarono solo tre ori, quattordici argenti e sei bronzi, per un totale di 23 medaglie, scivolando così al 12º posto nella classifica tra nazioni. Gli Azzurri conquistarono 8 medaglie d'oro in specialità che costituivano, per così dire, punti di forza tradizionali per il nostro sport: canotaggio, pugilato, scherma e ciclismo. Una lieta sorpresa fu la vittoria nella pallanuoto, mentre deluse, la nazionale di calcio fu battuta ai quarti di finale dalla Danimarca.


LE GARE
L'edizione londinese dei Giochi di 40 anni prima era passata alla storia anche per la drammatica vicenda di Dorando Pietri. Ebbene a distanza di 40 anni, Londra sembra non avere ancora dimenticato il piccolo podista carpigiano, tanto che un impostore si presenta come Dorando Pietri all'organizzazione dei Giochi, ricevendo così tutti gli onori possibili. Purtroppo però il vero Dorando era scomparso nel 1942 e solo l'intervento di un dirigente italiano fa scoprire l'inganno. Il ricordo di Pietri aleggia anche sulla maratona. Il belga Gailly entra per primo, da solo nello stadio di Wembley dove è posto l'arrivo, ma qui incappa in una crisi quasi degna di quella di Pietri: barcolla, sembra sul punto di cadere, ma cerca di resistere. Alle sue spalle però rinvengono l'argentino Cabrera e l'inglese Richards che lo superano e così il belga deve accontentarsi, nonostante l'eroica resistenza, del bronzo e di finire direttamente in ospedale.

I mattatori della rassegna sono inevitabilmente gli americani, anche per le assenze importanti della Germania e del Giappone e per l'ennesima rinuncia a entrare nel giro olimpico dell'Unione Sovietica. Nella velocità è un dominio per gli USA: William Harrison Dilard, un ostacolista che ha fallito la qualificazione nella sua gara, vince i 100 metri, Mel Patton, figlio del generale di ferro, i 200, ed anche la staffetta è americana. Grandi prove americane anche nel nuoto, altro terreno con pochi rivali, mentre due storie decisamente particolari arrivano dal sollevamento pesi e dalla vela. La prima riguarda Joseph de Pietro, pesista di chiare origini italiane che vince l'oro nei gallo nonostante sia affetto da nanismo, con uno sviluppo degli arti ridottissimo. La seconda è una storia familiare in quanto nella classe star della vela succede che a contendersi l'oro siano due coppie di padre e figlio, gli americani Smart e i cubani De Cardenas, con successo finale degli americani.

Un piccolo miracolo è quello di Bob Mathias. Ha 17 anni e 263 giorni quando inizia, al terzo posto, la seconda giornata del decathlon. Vincendolo, diventerebbe il più giovane olimpionico dell'atletica maschile d'ogni epoca. Ma in pochi ci credono, poiché Bob ha cominciato a praticare le prove multiple solo in questa stagione, al liceo di Tulare in California. E le sue nozioni sono rudimentali, se è vero che Bob annulla il suo miglior risultato nel peso uscendo frontalmente dalla pedana: ignorava la regola... E che Bob sia uno che deve ancora imparare molto si vede nell'alto, dove a quota 1,75 commette due errori e si salva solo buttando alle ortiche il suo stile e saltando "all'italiana". Nel disco succede che i giudici segnino un lancio di Bob attorno ai 45 metri, ma che poi il marcaposto anneghi letteralmente nel fango di una giornata piovosissima. Entra in campo, con un passo falso da giornalista, anche il fratello di Bob e la ricerca del segnaposto dura mezz'ora: alla fine i giudici si arrendono e assegnano a Bob 44 metri. Giavellotto e 1500 si disputano alla luce dei fari delle macchine, poiché non c'è impianto di illuminazione: e alla fine Mathias trionfa, ripetendosi a Heslsinki 4 anni dopo. Vero è, anche, che 4 giorni dopo il risultato di Mathias un estone, Heino Lipp, ottiene 900 punti in più di Mathias a Tarttu: ma l'Estonia, sotto l'Urss che è assente, non è ai Giochi. Lipp non andrà neppure a Helsinki '52, ma sarà il 70enne Lipp a portare la bandiera estone a Barcellona nel '92.

Fanny Blankers-Koen (Paesi Bassi, atletica leggera): soprannominata la "mammina volante", vinse 4 ori nei 100 m piani, 80 m ostacoli, 200 m piani e staffetta 4 x 100 m. Il suo soprannome lo deve quando, agli Europei di Oslo nel 1946, tra una gara e l'altra aveva allattato la figlia neonata. Al suo ritorno nei Paesi Bassi, dopo le Olimpiadi di Londra, venne accolta trionfalmente ed ebbe persino l'onore di un monumento.

Londra '48 è anche l'occasione per presentare uno dei più grandi atleti della storia olimpica: il cecoslovacco Emil Zatopek. Il suo stile di corsa, perché Zatopek è un fondista, è decisamente sgraziato, sempre sofferente in volto come sull'orlo della crisi, ma l'efficacia della sua azione è straordinaria. I 10000 metri sono un dominio incontrastato, mentre nei 5000 accusa una leggera crisi nella prima parte di gara e nonostante questo riesce a rimontare fino all'argento a un passo dal belga Reiff. Per Zatopek appuntamento a Helsinki '52.

Per noi, Londra significa soprattutto Adolfo Consolini. Il gigante buono e il suo compagno d'armi nel disco, Beppone Tosi godono a Londra della straordinaria opportunità di avere in campo, nella finale, il loro allenatore, Giorgio Oberweger, bronzo a Berlino '36 e qualificato per questi Giochi allo scopo di guidare i due pretendenti al successo. Oberweger, che sarà poi ct della nazionale italiana di atletica e una delle figure preminenti del nostro sport, deve soprattutto istruire i due a parare l'assalto dell'americano Fortune Gordien, assente l'altro americano Fitch che ha appena strappato a Consolini un record del mondo che è durato 5 anni. In una giornata autunnale, il 2 agosto, le qualificazioni mostrano le doti di Adolfo, che in tuta batte il primato olimpico, al di là del quale va anche Tosi. Gordien è dietro, ma c'è la finale alle 15,30, dove tutto può cambiare.
La pioggia è divenuta battente, la pedana è intrisa d'acqua, Oberweger la spazza e asciuga il disco per gli azzurri. Al primo lancio, Tosi è in testa con 51,78, nuovo primato olimpico: non si migliorerà più. Consolini gli risponde al secondo con un metro in più, Gordien non va oltre 50,77. La serie di tre lanci finali si disputa in condizioni impossibili: all'ultimo lancio Gordien avvicina il 52,78 di Consolini, ma fa nullo.
Un flash dell'Ansa delle 17,52 annuncia all'Italia il successo del gigante buono: e nasce la leggenda di un atleta che avrà carriera straordinaria. Nel '38, dieci anni prima dei Giochi di Londra, è già capace di vincere i campionati internazionali britannici. Anche a lui la guerra impedirà di mietere successi più vasti: ma in quattro Olimpiadi e 29 anni di carriera, nonostante una tecnica non esemplare - anticipata rotazione delle anche, scarse oscillazioni di preparazione, il piede sinistro troppo arretrato - centra 3 primati del mondo, 4 europei e 8 italiani, un oro e un argento olimpico, tre ori europei, 15 titoli nazionali e 50 maglie azzurre.

Altra disciplina largamente seguita ai Giochi di Londra fu la scherma, che godette del più alto afflusso di pubblico nella storia delle Olimpiadi. L'Italia era uno dei paesi con maggiore storia e migliori campioni e fu protagonista in ogni gara. La Francia era la grande rivale e si comportò assai bene: nel fioretto, Jehan Buhan e Christian d'Oriola dominarono, in una finale alla quale partecipò Manlio Di Rosa, che sarebbe divenuto uno dei grandi maestri continuatori della tradizione italiana. Nel fioretto a squadre la sfida fu ovviamente con i francesi, che vinsero il titolo, mentre gli azzurri (Renzo Nostini, che sarebbe poi stato per molti anni presidente della Federazione scherma e vicepresidente del CONI, Manlio Di Rosa, Edoardo Mangiarotti, Giuliano Nostini, Giorgio Pellini, Saverio Ragno) ottennero la medaglia d'argento

Diciotto squadre presero parte al torneo di calcio, e fra esse l'Italia, vincitrice dell'ultimo titolo olimpico. Ma il professionismo calcistico era ormai una realtà e i migliori calciatori europei e sudamericani non parteciparono ai Giochi. All'opposto i paesi dell'Europa dell'Est, dove il professionismo ufficialmente non era ammesso, potevano includere nella selezione i loro migliori calciatori. Tuttavia la vittoria andò alla Svezia, contro la Iugoslavia. La Svezia aveva una squadra formidabile, con i tre fratelli Gunnar, Bertil e Knut Nordhal, oltreché Gunnar Gren e Nils Liedholm

Il nuoto venne largamente dominato dagli Stati Uniti, che nelle gare maschili si aggiudicarono sei vittorie e videro quindici dei diciotto atleti iscritti in finale. Nuovi record mondiali vennero stabiliti in otto gare, ma la vera sorpresa fu la vittoria, nei 100 m stile libero femminili, della danese Greta Andersen, che negli anni successivi divenne professionista e attraversò per sei volte il canale della Manica, ottenendo nel 1964, all'età di 36 anni, il record Inghilterra-Francia in 13h14′.

A proposito dei Giochi di Londra si possono infi- ne ricordare alcune curiosità, parte della storia sta- tistica o del costume. Per la prima volta si tenne una competizione femminile di canoa, vinta dalla danese Karen Hoff. Si registrò la prima medaglia conquistata da una donna di colore, l'americana Audrey Patterson, bronzo sui 200 m in atletica; il giorno successivo, Alice Coachman, anche lei americana, fu la prima donna di colore ad aggiudicarsi la medaglia d'oro, vincendo il titolo di salto in alto.


MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/TIZwLbF.png



L'ATLETA SIMBOLO

Fanny Blankers-Koen (4 ori: 100m, 200m, 80m hs, 4x100m)

http://media-2.web.britannica.com/eb-media/06/84606-004-A82EC7C6.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=fS5x2tJtWog

ataris
18-06-2016, 20:02
Giochi della XV Olimpiade
Helsinki 1952

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/2/2d/Olimpiadi_Helsinki_1952.png/175px-Olimpiadi_Helsinki_1952.png




DATA: 19 luglio / 3 agosto
NAZIONI PARTECIPANTI : 69
NUMERO ATLETI: 4955 (4436 uomini, 519 donne)
NUMERO DI GARE: 149
DISCIPLINE: Atletica, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallanuoto, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tiro, Tuffi, Vela



STORIA
L'assegnazione della XV Olimpiade estiva a Helsinki era stata automatica: la capitale finlandese era stata costretta a cancellare i Giochi che le erano stati assegnati per il 1940 a causa dell'invasione sovietica, e dopo che Londra ‒ a sua volta designata per il 1944 ‒ aveva organizzato la prima edizione del dopoguerra, nessun'altra città aveva contestato quel diritto.

Strana l'atmosfera che si respira a Helsinki, durante questi Giochi che vengono definiti quelli dell'apertura totale, e che invece vedono alcune zone della Finlandia ancora occupate dai sovietici, come la strada per l'antica capitale Turku, sede di alcuni incontri di calcio, che attraversa sbarramenti militari, e i giornalisti si ritrovano chiusi a chiave in treno: e addirittura due Villaggi Olimpici, a Kapyla per il grosso degli atleti, a Otaniemi per il blocco dell'Est europeo.
Il senso della guerra fredda si percepisce chiaramente: Kapyla è guardato da pochi soldati, Otaniemi è pesantemente recintato per impedire contatti e fughe all'esterno a sovietici, cecoslovacchi, ungheresi, polacchi, bulgari e romeni. Poiché le donne delle spedizioni occidentali sono alloggiate in alberghi, Otaniemi ha anche il singolare primato d'essere il primo Villaggio Olimpico misto: ma c'è poca allegria dietro le recinzioni. Ogni giorno, su un grande tabellone, si segue la classifica per nazioni, computata attraverso i piazzamenti nelle finali, un esercizio statistico che il Cio non ha mai riconosciuto e che non riconoscerà mai - assieme al medagliere, che tutti compilano ma il Cio ignora - ma che è fondamentale per i sovietici: finché le finali di pugilato scavano un margine incolmabile a favore degli Usa, e il tabellone d'improvviso scompare.

Come scompare dal Villaggio la nuotatrice ungherese Eva Novak, dopo la batteria dei 200 rana: è andata a sposare un giornalista belga. Torna, è perdonata, disputa la finale e vince l'argento. Non tutto è a Helsinki pura contrapposizione fra i due blocchi: in campo, sulle pedane, in acqua spesso sovietici e statunitensi fraternizzano. Nell'asta gareggia il pastore volante, reverendo Bob Richards, insegnante di teologia in California, che teorizza la fratellanza fra i popoli, ed è fautore di rapporti cordiali con i sovietici. Il suo avversario è Don Laz, altro americano, i l'Urss punta su Pyotr Dyenisenko, che però si ferma a 4,40 e sarà quarto. Quando Richards vola oltre 4,55, il primo ad abbracciarlo, e poi a portarlo in trionfo, è proprio il sovietico

Le olimpiadi di Helsinki furono aperte da una cerimonia inaugurale sotto la pioggia battente. Quando Paavo Nurmi, ultimo tedoforo della staffetta olimpica; fece il suo ingresso nello stadio, sia spettatori che atleti, lo salutarono con applausi e grida di felicità. I giochi della XV Olimpiade furono inaugurati in uno stato di estrema allegria e fratellanza, nonostante la pioggia e le difficili situazioni politiche di quel tempo.
Tra le discipline nuove introdotte in questa rassegna rammentiamo il baseball, seppur a titolo dimostrativo e molte specialità della ginnastica femminile come la trave, le parallele, il volteggio, il corpo libero; oltre all'inserimento della prova a squadre del pentathlon moderno e all'aggiunta di qualche specialità nei pesi e nel pugilato


I PROTAGONISTI
A Helsinki convogliarono 69 nazioni, 10 in più che a Londra, comprese le rientranti Germania e Giappone e soprattutto l’Unione Sovietica, alla sua prima partecipazione della storia (come Russia, mancava dal 1912). E fu proprio l’URSS a imporsi come prima, vera grande antagonista degli Stati Uniti a livello di medagliere generale.

I sovietici conquistarono infatti 71 medaglie, solo 5 in meno degli americani; e il successo del sistema orientale fu confermato dagli exploit dell’Ungheria, terza a sorpresa con 42 medaglie, e della Cecoslovacchia, sesta con 13 (e 7 ori). I paesi dell’Est avevano adottato il “dilettantismo di stato” introdotto dalla Germania nazista, per cui gli atleti, mantenuti dallo stato, potevano dedicarsi interamente allo sport senza infrangere le regole CIO. Da quel momento e fino alla caduta del blocco comunista, gli Stati Uniti prevalsero nel medagliere generale soltanto in altre tre occasioni, compresa l’Olimpiade di Los Angeles boicottata dai sovietici. L’URSS ci riuscì in sei, 1980 compreso.

Fu più nutrito del solito lo schieramento delle Nazioni dell'Asia e dell'Africa
Anche Israele fece il suo debutto olimpico durante la sua. Lo Stato ebraico non ha potuto partecipare ai Giochi del 1948 a causa della sua guerra d'indipendenza. Una prima squadra palestinese aveva boicottato i Giochi del 1936 per protestare contro il regime nazista.

La Repubblica di Cina (Taiwan) si ritirò dai Giochi il 20 luglio, per protesta contro la decisione del CIO che permise agli atleti provenienti dalla Repubblica popolare cinese a competere.



LE GARE
Come sempre l'atletica leggera è la più grande fucina di storie e di campioni dell'Olimpiade,
Il cecoslovacco Emil Zatopek, fondista dalla corsa sgraziata e dalla faccia perennemente sofferta, lo avevamo conosciuto a Londra '48 vincitore dei 10000 e secondo sui +. Qui compie un'impresa incredibile, mai eguagliata da nessun altro. Zatopek si presenta a Helsinki su una lunga scia di primati e vittorie e comincia con i 10000 dove stacca tutti nettamente. Sui 5000 la gara è più tirata ma la volata finale lo vede ancora davanti al francese Mimoun, già secondo sui 10000. Ma il capolavoro arriva dall'ultima gara, la maratona. Zatopek non l'ha mai corsa prima, eppure spazza via gli avversari con apparente, disarmante facilità. Il secondo, l'argentino Gorno, giunge al traguardo con più di due minuti di ritardo. Come detto, nessuno saprà più fare altrettanto. Ai successi di Zatopek si aggiunge, poi, curiosamente anche l'oro della moglie Dana Ingrova che vince il lancio del giavellotto.

Si rivede il decatleta Robert Mathias che doppia l'oro di Londra, oltre a William Harrison Dillard, l'americano che 4 anni prima aveva vinto i 100 metri e che qui partecipa alla gara che gli è più congeniale, i 110 ostacoli, e naturalmente è d'oro. Da ricordare anche, tra gli altri atleti di spicco, il triplista brasiliano Da Silva e il saltatore in alto texano Davis. Al femminile si registra l'avanzamento prepotente dell'Australia: Marjorie Jackson conquista ori e primati su 100 e 200 metri, altrettanto fa Shirley Strickland de la Hunty sugli 80 ostacoli, dove l'eroina di Londra Blankers Koen, ormai a fine carriera, deve fermarsi dopo essere finita contro la terza barriera.

C'è sempre qualcosa di inaspettato in un'Olimpiade. A Helsinki accadde che la finale dei 1500 m fosse vinta da un lussemburghese, Josy Barthel. Tra i grandi sconfitti vi fu il britannico Roger Bannister che, due anni più tardi, sarebbe entrato nella storia dello sport come il primo a scendere sotto i 4 minuti nel miglio. Barthel fece un corsa perfetta, e migliorò il suo primato personale di circa 3″ (3′45,1″ il tempo della vittoria). Alle sue spalle, l'americano Bob McMillen, che gli terminò ad appena un decimo di secondo, il tedesco Werner Lueg e poi Bannister. Per la prima (e ultima) volta l'inno del principato del Lussemburgo risuonò in uno stadio olimpico.

L'Olimpiade atletica italiana fu salvata da Giuseppe 'Pino' Dordoni. Il suo successo sulla gara più classica ‒ i 50 km di marcia ‒ fu netto, indiscusso e ammirato dalla critica: in 4h28′07,1″ non soltanto conquistò l'oro, ma anche segnò la miglior prestazione olimpica e mondiale.

L'URSS domina nella ginnastica, anche grazie a Viktor Chukarin, un campione di grande polivalenza in grado di salire ben 6 volte sul podio con 4 ori (concorso individuale e a squadre, volteggio, cavallo con maniglie). Meglio di lui fa in realtà la connazionale Marya Gorokhovskaya che di medaglie ne vince addirittura 7, ma con "solo" 2 ori. La Gorokhovskaya vince il concorso completo individuale e a squadre, ma nei singoli attrezzi finisce per ben 5 volte al 2° posto. Questo è comunque l'inizio di un dominio destinato a durare nel tempo nella ginnastica per i sovietici e tutto l'est europeo in genere. Alla storia passa anche Nina Romaschkova perché la sua vittoria nel lancio del disco resta negli annali come il primo oro olimpico nella storia dell'URSS

Con sorpresa ma pieno merito l'Ungheria si prende il ruolo di terza forza dei Giochi. Con merito perché molte delle sue medaglie rivelano atleti di straordinaria classe che ad Helsinki incantano. Come nel calcio, dove lo squadrone guidato da Ferenc Puskas, il campionissimo che farà la storia del Real Madrid, non lascia scampo agli avversari tra cui l'Italia, liquidata per 3-0.
Ma non è solo il calcio a rivelare la forza ungherese. Nella boxe uno degli atleti più ammirati è il superwelter Laszlo Papp, già oro a Londra. Il nuoto femminile è un'autentica fucina, con 4 ori in 5 gare, mentre nella scherma i magiari si dividono con gli azzurri il ruolo di primattori

Il nuoto fu dominato dagli americani, nelle gare maschili, e dalle ungheresi in quelle femminili (quattro titoli su cinque)
Carlo Pedersoli fu il primo italiano a scendere sotto il minuto nei 100 m stile libero ma si fermò alle semifinali; Egli diventerà famoso nel cinema con il nome di Bud Spencer.

Nel tiro con la pistola automatica Karoly Takacs, ungherese, vinse nuovamente il titolo olimpico che aveva già conquistato nel 1948. La cosa singolare è che Takacs sparava con la mano sinistra poiché nel 1938, quando già faceva parte della squadra ungherese, aveva perso la destra durante un'esercitazione militare.

Per quanto riguarda l'equitazione ‒ dove l'Italia ottenne un sesto posto con Piero D'Inzeo (in sella a Pagoro) nella gara di tre giorni su tre competizioni: dressage, endurance, jumping ‒ un'importante innovazione fu introdotta dalla federazione internazionale nel regolamento del dressage. Prima del 1948, soltanto cavalieri che fossero ufficiali di carriera potevano partecipare alle competizioni; dal 1952, la competizione fu aperta non solo a sottufficiali e soldati semplici, ma anche anche ai civili, uomini e donne.
Quattro cavallerizze presero parte alla competizione olimpica fra le quali la danese Lis Hartel, la cui storia è un vero romanzo. Nel 1944, ventitreenne, era una speranza di questo sport quando, sposata e incinta, fu colpita dalla poliomielite. Combatté contro gli effetti della malattia, prima rieducando ai movimenti le braccia, quindi provando ad allenare la muscolatura delle cosce. Quando nacque la figlia, in perfetta salute, Hartel ricominciò a educare il suo corpo. Poco alla volta riuscì a stare in piedi e a camminare con l'aiuto di stampelle. Quindi volle ritornare a cavalcare. Nel 1952 si qualificò per i Giochi di Helsinki dove, seppure paralizzata nelle gambe dalle ginocchia in giù, ottenne il secondo posto in sella a Jubilee, dietro lo svedese Henri Saint Cyr e al famoso cavaliere francese André Jousseaume.


MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/H6rZh8p.png



L'ATLETA SIMBOLO

Emil Zátopek (3 ori: 5.000m, 10.000m e maratona )

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/3/38/Emil_Z%C3%A1topek_redux.jpg/220px-Emil_Z%C3%A1topek_redux.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=vwziAD3TLwE

ataris
21-06-2016, 21:42
Giochi della XVI Olimpiade
Melbourne 1956

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/7/7a/1956_Summer_Olympics_logo.png




DATA: 22 novembre / 8 dicembre
NAZIONI PARTECIPANTI : 72
NUMERO ATLETI: 3314 (2938 uomini, 376 donne)
NUMERO DI GARE: 145
DISCIPLINE: Atletica, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallanuoto, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tiro, Tuffi, Vela



STORIA
I Giochi della XVI Olimpiade (in inglese Games of the XVI Olympiad) si sono svolti a Melbourne, in Australia, dal 22 novembre all'8 dicembre 1956. Melbourne è stata scelta come città ospitante dei giochi olimpici superando Buenos Aires, Città del Messico, Montreal, Los Angeles, Detroit, Chicago, Minneapolis, Filadelfia e San Francisco.
La scelta della sede fu motivata dalla esigenza di universalizzare il più possibile le Olimpiadi che, invece, fino a quel momento erano state organizzate sempre in Europa e solamente in due occasioni, negli Stati Uniti. Ancora una volta il momento storico sembrò poco congeniale per confermare gli entusiasmi degli sportivi, a causa delle tensioni belliche attorno al canale di Suez e dell'occupazione dell'Ungheria da parte dell'esercito sovietico. A quest'ultimo fatto può essere ricondotto l'evento della cosiddetta "partita del sangue nell'acqua", ovverosia la partita di pallanuoto tra la squadra nazionale ungherese, all'epoca campionessa olimpica uscente, e quella sovietica.

Una legge australiana impedisce l'importazione di animali e così le gare di equitazione debbono essere spostate a Stoccolma, dove si disputano dal 10 al 17 luglio. C'è poi il problema delle date, con le difficoltà ad organizzare l'evento in luglio, come avvenuto per lo più fin qui, semplicemente perché nell'emisfero australe le stagioni sono rovesciate, quindi si gareggerebbe in inverno. Il CIO decide così di sistemare i Giochi in un'insolita data tra fine novembre (22) e inizio dicembre (8), che causa qualche scompenso a europei e nordamericani.

Il programma delle gare fu uguale a quello di Helsinki, salvo l'aggiunta in atletica della prova di marcia sui 20 km e, nel nuoto, dei 200 m farfalla, specialità che esordiva ai Giochi Olimpici configurandosi come una sorta di separazione tecnica dai 200 m rana. I 100 m farfalla, invece, non avrebbero fatto la loro comparsa sino all'edizione olimpica del 1968.

Tra i vari primati, non tutti invidiabili, che Melbourne può vantare (prima edizione disputata nell'emisfero meridionale, primo boicottaggio dichiaratamente politico, prima volta delle due Germanie, unite sotto la bandiera dello sport) c'è anche quello televisivo. Nonostante lo scarso entusiasmo dello stesso Brundage, prudente e conservatore anche in questo, il CIO richiese che gli organizzatori predisponessero le strutture per una ripresa televisiva dei Giochi, perché l'avvenimento venisse poi riprodotto in un film. I diritti furono ceduti dal Comitato organizzatore alla nascente televisione australiana per una cifra simbolica e i 5000 possessori di apparecchi televisivi nel paese poterono assistere alle trasmissioni predisposte dallo stadio olimpico e da pochi altri importanti siti di gare, come lo stadio del nuoto.

Fortunatamente, le tensioni che avevano caratterizzato tutto il corso delle Olimpiadi si dissolsero nella cerimonia di chiusura, in cui tutti gli atleti sfilarono in ordine sparso, senza bandiere.


I PROTAGONISTI
L'evento più grave dell'anno accade in Ungheria: rivolta degli studenti il 23 ottobre, nuovo Governo di Imre Nagy, uscita dal patto di Varsavia. Mosca interviene, Janos Kadar è chiamato dai sovietici a formare il nuovo Governo e a chiedere l'intervento sovietico per ripristinare la legalità. La resistenza è repressa nel sangue.

Quando tutti si aspettano che l'Ungheria diserti le gare di Melbourne, appare a Praga il 30 ottobre un gruppo di atleti, 109, che lo stesso Cio indirizza in Australia. Molti protestano per la presenza dell'Urss, l'Olanda vota per il no e si astiene, la Spagna si associa, la Svizzera dice no, ma è già andata a Stoccolma, e rimane una delle cinque nazioni sempre presenti ai Giochi (con Usa, Gb, Francia e Grecia). Sei Paesi mancano dunque all'appello a Melbourne più la Cina Popolare (A completare il quadro c'è anche Mao che non fa partecipare la sua Cina dopo aver saputo che sarebbe stata presente Taiwan, la Cina nazionalista di Chiang Kai Shek)
La novità è che le due Germanie formano un'unica squadra: sarà così fino al '68.

Altri disordini legati alla disputa relativa al canale di Suez fanno si che anche Iraq, Egitto e Libano disertino i GIochi. Per questo motivo gli atleti furono circa 2000 in meno rispetto a quattro anni prima.
Al boicottaggio sopperì, in qualche modo, la presenza di nuovi paesi: Kenya, Etiopia, Isole Figi, Liberia, Uganda, Malesia e Borneo settentrionale (più tardi confluite in una sola rappresentanza)

Nonostante la situazione politica (alcuni membri della squadra olimpica, per esempio i calciatori, non partirono per Melbourne), l’Ungheria si confermò tra le potenze mondiali dello sport, finendo quarta con 26 medaglie nel medagliere. In vetta, per la prima volta, chiuse l’Unione Sovietica, con 37 titoli olimpici e 98 medaglie. L’Australia padrona di casa finì terza a sorpresa dietro gli Stati Uniti, grazie soprattutto alle straordinarie performance nel nuoto (8 titoli su 13).


LE GARE
La gara che passò alla storia fu giocata nel torneo di pallanuoto vinto dall'Ungheria
Al momento della rivoluzione, la squadra di pallanuoto ungherese era in un campo di addestramento in montagna, sopra Budapest. Da lì, avevano potuto sentire gli spari e vedere il fumo che si alzava. Gli atleti erano i campioni olimpici uscenti e - considerato che da lì a due mesi si sarebbero aperti i Giochi della XVI Olimpiade a Melbourne - furono spostati in Cecoslovacchia, per evitare di essere coinvolti dagli scontri. I giocatori vennero a conoscenza della reale portata della rivolta solo dopo il loro arrivo in Australia e quindi erano tutti in ansia per le notizie di amici e parenti.
Durante la semifinale con l'URSS, l'incontro degenerò rapidamente in una rissa: la partita dovette essere sospesa e la vittoria venne assegnata agli ungheresi, che conducevano per 4-0.
Il mattino prima della partenza, gli ungheresi avevano sviluppato una strategia per prendere in giro i russi, la cui lingua erano stati costretti a studiare a scuola. Le parole di Zádor furono: "Avevamo deciso di provare a far arrabbiare i russi per distrarli."
Fin dall'inizio la partita fu violenta. A un certo punto il capitano ungherese Dezső Gyarmati sferrò un pugno ad un giocatore sovietico, come registrato in un film.
Nei minuti finali, mentre l'Ungheria stava conducendo 4-0, Zádor ebbe degli scambi verbali con Valentin Prokopov, di cui insultò anche la famiglia. Prokopov per questo lo colpì, provocandogli una ferita sanguinante sotto un occhio. Zádor lasciò la piscina, e questo fu la goccia che fece traboccare il vaso per i tifosi, già in delirio. Molti spettatori infuriati invasero l'area circostante il campo, insultando i russi. Per evitare una sommossa, la polizia entrò nell'arena e placò la folla ungherese.
La partita fu chiamata e passò alla storia col titolo di partita del sangue nell'acqua dopo che l'ungherese Ervin Zádor uscì dall'acqua con il sopracciglio destro sanguinante, a causa di un colpo ricevuto dal sovietico Valentin Prokopov.

A dare un'immagine più fresca di un'edizione olimpica sovrastata da drammatici eventi ci pensano alcuni nomi nuovi gettati in campo dai padroni di casa, che fanno e faranno la storia di questo periodo dei Giochi. La personalità che emerge maggiormente è quella della nuotatrice Dawn Fraser, una ragazza 19enne dal carattere difficile, capace di sopportare allenamenti massacranti come nessun'altra ma non di tenere a freno la sua natura esuberante e litigiosa. A Melbourne è una delle eroine del pubblico vincendo i 100 stile libero e la staffetta 4x100 oltre all'argento dei 400. Ma Dawn Frazer farà parlare ancora molto di sé. Il nuoto è grande terreno di conquista per l'Australia: nei 100 stile libero monopolizza il podio sia tra gli uomini che tra le donne, vince le staffette, segna una quantità di nuovi primati mondiali. Agli americani non resta così che consolarsi vincendo nella farfalla, stile al suo debutto olimpico.

Anche nella pista di atletica gli australiani si fanno notare, con il risultato così di imporsi in molte gare tra le più sentite dei Giochi. Qui è Betty Cuthbert ad imporsi, con una tripletta d'oro 100-200 metri e staffetta: la ritroveremo anche più avanti. E' ancora d'oro la medagliata di Helsinki Strickland de la Hunty che si conferma sugli 80 ostacoli.
A Melbourne si ripresenta il tricampione di Helsinki Emil Zatopek, ormai leggenda vivente dello sport. Ma siccome gli anni passano anche per le leggende, Zatopek non è più quello di un tempo. Decide allora di disertare le gare in pista e concentrarsi solo sulla maratona, ma rimane ben presto attardato. L'oro va così al francese Alain Mimoun, un eterno 2° sempre battuto da Zatopek in passato. Il campione ceco chiude invece al 6° posto, nella sua ultima apparizione olimpica.
Per una leggenda che se ne va ce n'è sempre, però, un'altra che arriva, di cui qui si intuiscono solo le capacità che lo faranno iscrivere nella storia olimpica. Si tratta del discobolo americano Al Oerter che infila la prima di 4 medaglie d'oro consecutive nella sua specialità. Bisognerà aspettare fino a Carl Lewis per avere un altro atleta capace di fare altrettanto. Un altro nome che emerge è quello del velocista texano Bobby Joe Morrow. Morrow vince 100, 200 e staffetta veloce segnando anche due record del mondo: una tripletta riuscita solo a nomi leggendari come il già citato Lewis o Owens

A sorpresa vince la Russia il torneo di calcio, orfano della grande Ungheria di Puskas, che rivela un grande portiere, il "ragno nero" Lev Jascin, unico estremo difensore che abbia mai vinto il Pallone d'Oro.

Nella ginnastica femminile la sovietica Larisa Latynina si aggiudica 3 titoli e un secondo posto. Larisa Latynina parteciperà anche alle Olimpiadi di Roma e di Tokyo, e con ben 18 medaglie (tra oro, argento e bronzo) è a tutt'oggi la seconda atleta (superata solo recentemente dal nuotatore Michael Phelps) più medagliata, nella storia delle Olimpiadi.
La ginnastica maschile fu ancora dominata da Viktor Chukarin, che completava così la serie di vittorie iniziata nel 1952, ma il fatto più rilevante fu il successo del sovietico armeno Albert Azaryan negli anelli.

La squadra nazionale di hockey indiana vince il suo sesto oro consecutivo.

Laszlo Papp difende il suo titolo di boxe nei pesi medi, guadagnando un terzo oro, impresa mai riuscita prima.

Anche a Melbourne l'Italia si conferma straordinaria interprete di ciclismo e scherma. La pista è terreno di conquista del veneto Leandro Faggin che si impone nel km da fermo e nell'inseguimento a squadre insieme a Gasparella, Domenicali e Gandini.
E' grand'Italia anche nella pedana della scherma, dove è ancora impegnato l'infinito Edoardo Mangiarotti, ormai 37enne. I nostri impongono un dominio strabiliante nella spada con la tripletta nella gara individuale, Pavesi - Delfino - Mangiarotti, e l'oro a squadre insieme anche a Bertinetti, Anglesio e Pellegrino. Nel fioretto solo il fuoriclasse francese D'Oriola riesce ad impedire lo stesso dominio battendo Bergamini nella finale individuale dove anche Spallino è sul podio, 3°. Nella gara a squadre si ripete la sfida Italia-Francia, una finale all'ultima stoccata risolta favorevolmente da Spallino che si mette al collo l'oro assieme al solito Mangiarotti, Di Rosa, Bergamini, Pellini e Nostini.

Le competizioni di basket furono ancora una volta dominate dagli Stati Uniti, guidati da due fuoriclasse: Bill Russell e Kenneth Jones. Entrambi diventarono poi stelle della NBA e, segnatamente, di uno dei club più gloriosi, i Boston Celtics. Ai Giochi di Melbourne, la squadra americana non ebbe rivali: vinse tutte le partite con almeno 30 punti di vantaggio, superando i 100 punti in quattro incontri. La media delle loro vittorie fu 99-46.


MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/E4qlVXI.png



L'ATLETA SIMBOLO

Bobby Joe Morrow (3 ori: 100m , 200m e 4x100m )

http://www.rankopedia.com/CandidatePix/135574.gif



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=UTT53-swqpo

ataris
24-06-2016, 16:10
Giochi della XVII Olimpiade
Roma 1960

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/a/a7/Olimpiade_Roma_1960.jpg/175px-Olimpiade_Roma_1960.jpg




DATA: 25 agosto / 11 settembre
NAZIONI PARTECIPANTI : 83
NUMERO ATLETI:5338 (4727 uomini, 611 donne)
NUMERO DI GARE:150
DISCIPLINE:Atletica, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Lotta greco-romana, Nuoto, Pallacanestro, Pallanuoto, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tiro, Tuffi, Vela



STORIA
Oltre mezzo secolo dopo la rinuncia all’organizzazione della III Olimpiade, Roma fu il teatro dei Giochi del 1960, che per la bellezza degli scenari, il clima favorevole, la funzionalità delle strutture (12 impianti stabili, 5 temporanei, un Villaggio di circa 1500 appartamenti) e la qualità delle competizioni è ricordata come una delle edizioni meglio riuscite. Tra le novità: la massiccia partecipazione dell’Africa post-coloniale e la totale copertura televisiva della manifestazione, con oltre 100 ore di programmazione complessiva.
La scelta di Roma come città ospitante è stata presa dal Comitato Olimpico Internazionale riunitosi il 15 giugno 1955 a Roma. Le altre città candidate erano: Losanna, Detroit, Budapest, Bruxelles, Città del Messico e Tokyo. Roma ha avuto la meglio nell'ultimo ballottaggio contro la città di Losanna.

Grossa novità è l'avvento dei cronometraggi elettrici in alcune gare, ma non in atletica perché la Federazione non ne ha ancora ratificato l'adozione. Quattro anni dopo a Tokyo si andrà molto più in là con l'ingresso in una nuova era dello sport, dominato da sponsor e mass media.

Intanto però Roma si fa notare per le suggestive ambientazioni che sfruttano la storica bellezza della città: le Terme di Caracalla ospitano le gare di ginnastica, la basilica di Massenzio quelle di lotta, mentre la maratona prende il via dal Campidoglio e dopo aver percorso l'Appia Antica si chiude sotto l'Arco di Costantino.
Tra le nuove opere si realizzarono il velodromo, per 20.000 spettatori, il Palazzetto dello Sport, per le gare di basket, con una capacità di 5000 spettatori, e il villaggio olimpico, a distanza di passeggiata dal complesso del Foro Italico e a pochissimi passi dal Palazzetto dello Sport. Il villaggio olimpico, nel quale lavorarono durante i Giochi quasi 300 cuochi, ospitò 5338 atleti, tra cui 611 donne (11% del totale), in rappresentanza di 83 paesi. La sua collocazione vicino ai principali impianti ‒ resi più facilmente raggiungibili dalla costruzione di un nuovo ponte sul Tevere ‒ e appena a un paio di chilometri dal centro di Roma, rappresentava un magnifico esempio di integrazione degli atleti con gli abitanti della città. In effetti fu questa una delle caratteristiche più apprezzate da quanti si trovarono a vivere quei Giochi, sia da protagonisti sia da spettatori. Non esisteva isolamento, gli atleti non erano reclusi in una città isolata ma potevano, nel poco tempo libero dagli impegni agonistici e di allenamento, rilassarsi andando incontro alla vita cittadina. Quel villaggio ‒ che al termine dei Giochi venne trasformato in quartiere abitativo per le crescenti esigenze della città ‒ va specialmente ricordato per queste caratteristiche di centro urbano. In seguito, per via del crescente gigantismo ma soprattutto per i timori relativi alla sicurezza, l'atmosfera sarebbe totalmente cambiata: la serenità olimpica visse a Roma la sua ultima stagione.

La particolare situazione di Roma, poi, come sede del Vaticano e la presenza del Papa aggiunsero qualcosa di unico ai Giochi: Giovanni XXIII dette udienza a tutti gli atleti nella sua residenza vaticana.


I PROTAGONISTI
Gli iscritti furono oltre cinquemila le Nazioni partecipanti ottantatre.
La divisione della Germania in due Stati autonomi era ormai un fatto, ma la Repubblica democratica tedesca non era ancora stata riconosciuta a pieno titolo dal CIO. Tanto bastava all'organismo olimpico per insistere sul mantenimento dello status quo: le due Germanie avrebbero dovuto presentare una sola squadra sotto la stessa bandiera, come era avvenuto nei Giochi di Melbourne. Pur con qualche mugugno la Germania Est accettò e i tedeschi fecero il loro ingresso nello Stadio Olimpico durante la cerimonia d'apertura dei Giochi come un team unito.

La Cina è sempre in polemica per la partecipazione di Taiwan, la Cina nazionalista di Chiank Kai Shek. Durante la sfilata degli atleti i cinesi di Mao espongono così al posto della loro bandiera un cartello con la scritta "under protest", in protesta.
Altra questione che, alla vigilia dell'Olimpiade romana, andava caricandosi di forti significati politici ed etici era quella della presenza del Sudafrica. Il regime di apartheid era calato da tempo come un maglio su decine di milioni di sudafricani neri, tenuti separati dai bianchi e segregati nella vita come nello sport. A Roma, dunque, il Sudafrica razzista fece la sua ultima comparsa. Dopo di allora sarebbe stato riaccolto nel consesso olimpico nel 1992, con l'avvento del primo governo d'integrazione razziale.
In compenso accorrono in massa le nazioni dell'Africa nera ed anche quelle dell'area mediterranea liberate dal colonialismo


LE GARE
Dei 150 eventi che si disputarono a Roma, alcuni sono entrati a pieno titolo nella storia dello sport sia per il valore tecnico della prestazione sia per il carisma del vincitore.
La maratona di Abebe Bikila è stata un evento la cui importanza trascende i confini dell'atletica e delle competizioni olimpiche. La vittoria, al termine di 42,195 km attraverso alcuni dei luoghi più solenni della storia del mondo, l'agile correre a piedi nudi sulle pietre dell'Appia Antica, l''intelligenza' tattica nel dominare gli avversari, la capacità di controllare il proprio corpo e le proprie emozioni, l'arrivo solitario sotto l'Arco di Costantino illuminato dai riflettori e il piegarsi per far ginnastica quando qualunque altro sarebbe stato piegato dalla fatica: tutto ciò fece di Abebe Bikila non soltanto il primo campione olimpico dell'Africa nera ma, soprattutto, l'ambasciatore di un continente giovane, capace di sconfiggere, in pacifiche competizioni, i più o meno antichi colonizzatori.
La maratona olimpica di Roma fu la prima a svolgersi di notte, con partenza e arrivo fuori dello stadio. Essa fu anche la prima a essere dominata da due africani: alle spalle di Bikila si piazzò il marocchino Rhadi Ben Abdesselam, quando il favorito era il russo Sergei Popov, detentore della miglior prestazione mondiale. Ma Bikila, fidando sull'istinto di corridore di lunga lena (e sull'allenamento sotto la supervisione del finlandese Onni Niskanen), non ebbe difficoltà a migliorare quel primato, trionfando in 2h15′16,2″, nonostante per prudenza non avesse lanciato il suo démarrage che a un miglio dal traguardo, avendo per punto di riferimento dell'attacco il passaggio a fianco dell'Obelisco di Axum che, ironia della storia, era stato portato sin là dall'Etiopia dalle truppe d'occupazione italiana.

Per la prima volta nella storia olimpica un atleta italiano riesce ad essere protagonista nelle gare di velocità dell'atletica. Siamo sui 200 metri, dove Livio Berruti, un giovane studente piemontese, scalda il pubblico eguagliando il record del mondo in semifinale. L'attesa per l'assegnazione delle medaglie diventa così spasmodica, ma Berruti non cede all'emozione. Scatta bene, con la sua grande capacità di correre in scioltezza la curva, già a metà gara è decisamente avanti e resiste sul rettilineo finale dove ripete ancora il record mondiale a 20.5, davanti all'americano Carney.
Anche nei 100 metri c'è una novità, con il dominio statunitense spezzato da un tedesco, Armin Hary, che riesce sempre a partire con una reazione allo sparo formidabile.
Gli americani possono rifarsi con la splendida Wilma Rudolph, una velocista 20enne di colore che conquista ori e grandi simpatie. La Rudolph viene da un'infanzia travagliata, con 18 fratelli e l'impossibilità di camminare da bambina per una paralisi reumatica. Superato il problema in breve diventa un fenomeno e già a Melbourne, a 16 anni, era stata bronzo nella staffetta. Qui non trova rivali alla sua altezza né nei 100, né nei 200, né nella staffetta, vincendo ovunque con ampi margini. Vinta quella femminile, agli americani, resta invece una nuova delusione dalla staffetta maschile: per un cambio sbagliato, fuori settore, sono squalificati e l'oro va così ai tedeschi di Hary.
Detto di Berruti, la regina atletica regala la sorpresa di Giusi Leone, bronzo nei 100 metri, un'altra novità assoluta per gli azzurri, e la mezza delusione del marciatore Abdon Pamich, partito con i favori del pronostico nella 50 km ma finito solo 3°.

L'Olimpiade romana segna un grande successo del torneo di pugilato che lancia nomi eccellenti. Il primo è senz'altro quello di Cassius Clay, un diciottenne del Kentucky che vince l'oro dei mediomassimi imponendo il suo stile di tecnica e velocità. Diventerà una delle figure leggendarie dello sport con match epici contro George Foreman e Joe Frazer, ma la sua vita da romanzo racconta anche di 3 anni di galera per renitenza alla leva (sono i tempi del Vietnam) e l'ingresso nei Musulmani Neri con il suo nome trasformato in Muhammad Alì.
Ad entusiasmare il pubblico romano ci pensa anche Nino Benvenuti, pure lui futuro campione tra i professionisti. Benvenuti decide alla vigilia dei Giochi di cambiare categoria scendendo di 4 kg per entrare tra i welter ed evitare di scontrarsi con l'americano McClure. E tra i welter Benvenuti non trova avversari che sappiano contrastarlo nella sua corsa verso l'oro.

Anche a Roma americani e sovietici fanno la parte del leone e per la seconda volta di fila ad aggiudicarsi il duello è l'Armata Rossa. A dare un contributo fondamentale al successo sovietico è ancora la ginnastica, dove presentano campioni di una poliedricità incredibile. Tra gli uomini sorprende in questo senso Boris Shakhlin, capace di salire sul podio in 7 occasioni su 8 gare disputate. E' d'oro nel cavallo con maniglie, nel volteggio, alle parallele e nel concorso generale, ma conquista anche due argenti ed un bronzo. Tra le donne c'è ancora Larissa Latynina, 6 medaglie come già a Melbourne. La Latynina però sale sul podio in tutte le gare a cui partecipa collezionando tre ori, due argenti, un bronzo

Nel nuoto Australia e Stati Uniti fanno la parte del leone con 4 medaglie d'oro per nazione; l'unico titolo non conquistato dagli australiani e dagli statunitensi sono i 200 rana femminile, che va alla britannica Lonsbrough.
La gara più emozionate furono i 100 m stile libero uomini con l'arrivo contemporaneo dell'australiano John Devitt e dell'americano Lance Larson (grande assente dalla competizione l'americano Jeff Farrell che, operato di appendicite sei giorni prima delle qualificazioni statunitensi, era riuscito a ottenere un posto soltanto nella staffetta). Dopo infinite discussioni, mancando allora un apparecchio elettronico che potesse determinare con esattezza chi avesse toccato per primo il bordo delle piscina, i giudici capovolsero un primo verdetto che aveva dato vincitore Larson: la medaglia d'oro andò così all'australiano Devitt. Nessuna incertezza, invece, nella corrispondente prova femminile dove la celebre, anticonformista nuotatrice australiana Dawn Fraser conquistò il secondo dei suoi tre titoli consecutivi. In totale, a fine carriera, Fraser avrebbe vinto quattro medaglie d'oro e quattro d'argento.

L'ungherese Aladar Gherevich conquista nella sciabola a squadre la sua settima medaglia d'oro (la prima l'aveva vinta alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932)

Anche negli sport di squadra arriva un grande successo, quello della pallanuoto. Il torneo si disputa senza eliminazioni, con un girone all'italiana che vede gli azzurri vincere tutte le partite tranne l'ultima con l'Ungheria, finita 3-3 ma con l'oro già matematico. Delusione invece nel calcio, con la squadra guidata dal "paron" Nereo Rocco con il fido Gipo Viani ed incentrata sul giovane Gianni Rivera. Dopo aver superato il Brasile gli azzurri pareggiano la semifinale con la Jugoslavia e dopo i supplementari si deve ricorrere al lancio della monetina che premia gli slavi. L'Italia non riesce a portare a casa neanche una medaglia, sconfitta dall'Ungheria nella finalina per il bronzo, mentre la Jugoslavia vince l'oro sulla Danimarca.

Nell'equitazione migliorano il bottino di 4 anni prima i fratelli D'Inzeo che sono oro e argento nel concorso ad ostacoli e bronzo insieme ad Antonio Oppes nella gara a squadre.

Questa Olimpiade vide sfumare altre consuetudini come quella della vittoria dell'India nell'hockey su prato e quella dell'imbarcazione statunitense nell'otto del canottaggio; nel primo caso fu il Pakistan ad arrecare la prima delusione agli indiani, mentre nel secondo caso furono i tedeschi, in forte ascesa in questa disciplina, a soffiare l'oro agli statunitensi


MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/5Vc0w3U.png



L'ATLETA SIMBOLO

Abebe Bikila (1 oro nella maratona )

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/b/b9/Abebe_Bikila_maratona_olimpica_Roma_1960.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=ZKgfNK7d58c

ataris
29-06-2016, 08:26
Giochi della XVIII Olimpiade
Tokyo 1964

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/4/40/Olimpiadi_Tokyo_1964.png




DATA: 10 ottobre / 24 ottobre
NAZIONI PARTECIPANTI : 93
NUMERO ATLETI: 5151 (4473 uomini, 678 donne)
NUMERO DI GARE: 163
DISCIPLINE:Atletica, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Judo, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallanuoto, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tiro, Tuffi, Vela



STORIA
Nel 1964 i Giochi sbarcarono in Asia, e più precisamente a Tokyo, con 24 anni di ritardo rispetto alla data prevista: la capitale giapponese, infatti, avrebbe dovuto ospitare le Olimpiadi del 1940, annullate causa guerra – e non fu un caso che per l’accensione della fiamma olimpica fu scelto Yoshinori Sakai, nato a Hiroshima il giorno in cui fu distrutta dalla bomba atomica.
L'asta su cui venne issata la bandiera con i cinque cerchi, misurava 15 metri e 21 centimetri d'altezza, la stessa misura con cui all'Olimpiade di Amsterdam nel 1928, Mikio Oda aveva vinto nel salto triplo la prima medaglia d'oro olimpica giapponese

Tokyo fu scelta il 26 maggio del 1959, durante il 55º Congresso del CIO tenutosi a Monaco di Baviera, in Germania Ovest, superando le città di Detroit, Brussels e Vienna

Se Roma è stata l'ultima Olimpiade dal volto umano, Tokyo - che rappresenta, per la diffusione internazionale, un passo indietro, a causa della mancata copertura televisiva europea - lancia i Giochi della tecnologia, con un velodromo smontabile che verrà impacchettato dopo i Giochi, e perfino i ventilatori per far sventolare le bandiere negli impianti coperti. La fiaccola fa quasi il giro del mondo: 24mila km da Olympia, passando per India e Thailandia, con 870 tedofori solo per arrivare a Tokyo, e addirittura 100.603 per coprire con il sacro fuoco l'intero territorio giapponese.

Quella di Tokyo 1964 fu una bellissima edizione dei Giochi ma allo stesso tempo algida. Gli stadi erano affollati da studenti precettati e impegnati in cori esaltanti le capacità dello sport di affratellare i popoli. Il pubblico, molto caloroso ma del tutto incompetente, applaudiva a comando senza davvero vivere le gare più belle, a differenza di quello di Roma 1960, non così numeroso ma sicuramente più intenso, eccezionale coattore e in fondo anche coautore di una manifestazione trasformata in forte e divertente psicodramma, con recita mista e sincrona di atleti, addetti all'organizzazione e spettatori. In Giappone furono invece superbi gli impianti olimpici ‒ su tutti la piscina ‒ progettati da maestri dell'architettura che da allora furono molto richiesti in Occidente proprio per l'impiantistica sportiva. Bellissimo il villaggio degli atleti, dei tecnici, dei dirigenti, dei giornalisti, formato da villette nel verde, fra le quali ci si poteva muovere utilizzando le tantissime piccole biciclette messe a disposizione di tutti.

Rispetto a Roma 1960 ci furono meno gastronomia ed enologia, meno sole, meno allegria, meno nostalgia, ma più efficienza e più agevolazioni per chi durante le gare doveva lavorare. Le competizioni furono altrettanto belle e per fortuna non ci fu nessun caso di morte per doping come era avvenuto quattro anni prima.


I PROTAGONISTI
Rispetto all’edizione romana calò il numero degli atleti (5120, circa 150 in meno) ma Tokyo '64 segna un nuovo record di stati presenti, 93, anche grazie alla decolonizzazione con conseguente ingresso di nuovi paesi, soprattutto africani, tra cui Camerun e Algeria


Ma la prima volta dell'Asia crea due nuovi problemi al Cio, e uno proprio per mano della più vasta delle nazioni del continente, la Cina Popolare. La repubblica di Mao ha lasciato il Cio nel '58, uscendo dalle principali federazioni sportive internazionali, e cerca altre strade per annodare rapporti sportivi. Nel '62 sono in programma a Giacarta, in Indonesia, i Giochi Asiatici, e il Paese ospitante, vicino ai cinesi di Mao, non invita né Israele, né Formosa (la Cina nazionalista). Il Cio sospende il comitato olimpico indonesiano, e per reazione l'anno dopo Giacarta organizza i GANEFO, Giochi delle Forze Emergenti, con la Cina Popolare: raffiche di squalifiche ai partecipanti, fra cui anche qualche italiano. Indonesia e Corea del Nord iscrivono ai Giochi di Tokyo anche gli squalificati, i giapponesi ospitano le delegazioni fuori dal Villaggio, ma le trattative falliscono e i due Paesi lasciano Tokyo.
Resta così avvolta nel mistero un'atleta del calibro di Shin Keum Dan, contadina nordcoreana nata nel '38, che non ha mai gareggiato all'Ovest ma è, dai tempi - e da una vittoria a Mosca sull'olimpionica di Roma Lysenko - tra le migliori sui 400 e sugli 800, con tempi migliori dei record del mondo, ripetuti anche durante i Giochi, che resteranno avvolti nel mistero. Altro guaio dal Sud Africa: Johannesburg non lo sa, ma i 55 bianchi che hanno gareggiato a Roma sono gli ultimi di una serie incominciata nel 1904, e che non riprenderà fino al 1992. Temendo il boicottaggio in massa degli africani per il segregazionismo in atto in Sud Africa, il Cio induce i giapponesi a ritirare l'invito a questi ultimi: 4 anni dopo, ne voteranno l'esclusione dal Cio, un embargo che durerà fino a Barcellona.

Come al solito, il medagliere fu dominato dalle superpotenze USA e URSS, con gli americani che si ripresero la leadership con 36 ori, benché il computo complessivo (90 a 96) fosse ancora appannaggio dei sovietici. Terzo il Giappone, con 16 ori (tra cui quello nella pallavolo femminile, all’esordio assoluto), e quindi la Squadra Unificata Tedesca, che comprendeva gli atleti di Germania Est ed Ovest.


LE GARE
Come già a Roma anche a Tokyo uno degli atleti che regala emozioni maggiori è il maratoneta Abebe Bikila. Il piccolo soldato della Guardia Imperiale etiope stavolta si presenta non a piedi nudi, ma più modernamente con le scarpe. Il risultato però non cambia: anche la maratona giapponese è un entusiasmante assolo che porta Bikila al bis dell'oro di Roma, primo atleta nella storia olimpica a vincere due volte in questa specialità. Il secondo, l'inglese Heatley, giunge la traguardo con più di 4 minuti di distacco da Bikila, un metro che rende la grandezza dell'etiope.

Dalle strade di Tokyo arriva un'altra delle gare più entusiasmanti e coinvolgenti, con protagonista un italiano, il friulano Abdon Pamich. La gara è quella della 50 km di marcia, che ha dato a Pamich la delusione del bronzo di 4 anni prima a Roma quando era il favorito. Stavolta l'italiano arriva all'appuntamento olimpico con una condizione eccezionale, frutto di allenamenti massacranti, con più di 200 km percorsi ogni settimana. L'inconveniente però è dietro l'angolo: dopo 30 km Pamich è al comando con l'inglese Nihill, quando al rifornimento prende una bevanda fredda che gli causa un improvviso attacco intestinale. Prova a resistere, incitato dall'allenatore Pino Dordoni, oro a Helsinki, che lo segue in bicicletta, ma dopo un po' è costretto a fermarsi dietro una siepe. Liberatosi dal problema si rimette in marcia, sotto la pioggia, e va all'inseguimento di Nihill, riesce a riagguantarlo e a staccarlo giungendo nello stadio da solo e con il meritato oro.

L'atletica regala altri bei protagonisti: è il caso di Robert Hayes, la "Freccia nera" che riporta gli americani sul trono dei 100 metri. Hayes vince i 100 con un 10.06 sotto la pioggia e poi nella staffetta fa un capolavoro recuperando il distacco dalla squadra francese, fin lì in testa, e portando gli USA all'oro. Altro splendido velocista americano è Henry Carr che vince i 200 in 20.36, con Berruti solo 5°, e trascina la staffetta 4x400 all'oro e al record mondiale. Anche tra le donne la velocità è terreno americano con Wyoma Tyus sui 100 ed Edita McGuire sui 200, ma la staffetta veloce finisce ad uno strano quartetto polacco che ha la sua punta nella misteriosa Ewa Koblukowska. Ewa è una ragazza ben poco femminile e qualche anno dopo sarà sottoposta ad una visita per appurarne il sesso. I dubbi evidentemente dovevano essere ben fondati se è vero che alla "signorina" vengono cancellati tutti i primati e viene depennata da ogni albo d'oro.

I due personaggi che probabilmente segnano più di qualunque altro i Giochi di Tokyo vengono dalla piscina. La prima la conosciamo già, è la campionessa di Melbourne e Roma, l'australiana Dawn Frazer. La Frazer arriva da un momento drammatico della sua tumultuosa vita: pochi mesi prima, in un incidente automobilistico, ha perso la mamma ed ha subìto lei stessa lo spostamento di una vertebra.
Nonostante tutto a Tokyo è ancora, per la terza volta di fila, la regina dei 100 metri stile libero: una sequenza di vittorie che non ha eguali nella storia olimpica di questo sport. L'Olimpiade giapponese ha però una discussa appendice per la Frazer: la sera stessa della gara, dopo l'ennesima vittoria, si introduce nei giardini del palazzo imperiale con altri atleti australiani e ruba una bandiera. E' una bravata che costa alla campionessa una squalifica decennale da parte della propria federazione e di fatto pone fine alla sua splendida carriera. Si dice però che questo sia stato solo il pretesto per toglierla di mezzo, mentre il vero motivo del suo allontanamento sia il suo carattere scontroso che l'ha portata spetto in guerra con la sua federazione.

L'altro nome d'oro della piscina è quello di Don Schollander, 22enne americano. Schollander è un personaggio un po' più freddo della Frazer, ma in acqua è imbattibile. Vince tutte le gare dello stile libero, 100, 400 e le due staffette, segnando il record del mondo in 3 gare. Si può parlare di erede del grande Johnny Weismuller, il Tarzan della piscina, che con Schollander ha un curioso trait d'union: la mamma del giovane campione è stata la controfigura, nei film di Tarzan interpretati da Weismuller, di Maureen O'Sullivan - Jane, la protagonista femminile.

Le olimpiadi di Tokyo si rivelano una notevole fucina di personaggi che colpiscono l'immaginario del pubblico. E' il caso della "Fata" Vera Caslavska, una ginnasta cecoslovacca di 22 anni. Vera conquista la scena con la sua bravura, ma anche con la sua bellezza e l'eleganza dei suoi esercizi. Sono suoi gli ori nel volteggio, nella trave e nel concorso completo. In quest'ultima gara batte l'eterna Larissa Latynina, la russa alla sua ultima recita olimpica. La Latynina raccoglie anche qui 6 medaglie, come a Melbourne e a Roma, portando a 18 (con 9 ori) il suo totale: un record che nessun altro atleta ha ancora avvicinato. Tra gli uomini sono invece i giapponesi che fanno la parte del leone, guidati da Yukio Endo con i suoi 3 ori.
Sempre nella ginnastica l'italiano Franco Menichelli, è medaglia d'oro nel corpo libero, argento agli anelli e bronzo alle parallele.

Nella pallacanestro prevalse, secondo le aspettative, la squadra USA nella quale giocava Bill Bradley: in seguito, passato al professionismo, si trasferì in Europa per studiare ad Oxford dottrine politiche e giocare nel week-end con la Simmentahl di Milano, poi tornò in patria e si lanciò nella carriera politica, arrivando al seggio di senatore del New Jersey e anche vicino alla nomination da parte del Partito democratico per le elezioni presidenziali.

Nel ciclismo, l'Italia è 3 volte d'oro con Giovanni Pettenella nella velocità, Angelo Damiano e Sergio Bianchetto nel tandem, Mario Zanin nella prova individuale su strada.
Nell'equitazione, Mauro Checcoli, è oro nel completo individuale e in quello a squadre, insieme a Paolo Angioni e Giuseppe Ravano
Due successi italiani vennero anche nel pugilato, dove avevamo una scuola di vertice e una buona ricerca di base, con Fernando Atzori nei mosca e Cosimo Pinto nei mediomassimi.

Da ricordare anche nella Tokyo 'azzurra' il secondo posto nei tuffi dalla piattaforma di un atleta altoatesino, Klaus Dibiasi, figlio di un tuffatore azzurro decimo ai Giochi di Berlino 1936. Su Dibiasi era stato fatto un investimento: portarlo in giro a gareggiare per tutto il mondo, affinché i giurati internazionali imparassero a conoscerlo. Finì secondo a neanche un punto dal favorito, lo statunitense Robert Webster, e diede così inizio alla sua carriera olimpica che lo avrebbe portato all'oro nelle tre Olimpiadi successive.


MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/Oof7Iap.png



L'ATLETA SIMBOLO

Don Schollander (4 ori: 100m sl, 400m sl, 4x100 sl e 4x400 sl )

http://40.media.tumblr.com/08ba0712723c195044fa28901f0cc3b5/tumblr_myyjms4jqZ1sjim5po3_400.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=WHt0eAdCCns

ataris
06-07-2016, 08:51
Giochi della XIX Olimpiade
Città del Messico 1968

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/c/cc/1968_Mexico_emblem.svg/175px-1968_Mexico_emblem.svg.png




DATA: 12 ottobre / 27 ottobre
NAZIONI PARTECIPANTI : 112
NUMERO ATLETI: 5516 (4735 uomini, 781 donne)
NUMERO DI GARE:172
DISCIPLINE:Atletica, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallanuoto, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tiro, Tiro, Tuffi, Vela



STORIA
Grazie alla loro crescente popolarità, i Giochi Olimpici erano diventati nel corso degli anni una cassa di risonanza per questioni che trascendevano lo sport. E le Olimpiadi di Città del Messico, datate 1968, non potevano essere da meno. Pochi giorni prima della cerimonia di apertura, l’esercito messicano aveva represso nel sangue la protesta studentesca (40 morti) e si andò perfino vicini all’annullamento o al trasferimento dell’Olimpiade – che, tuttavia, alla fine si disputò secondo programma. O quasi.

La scelta di Città del Messico è fra le più sorprendenti nella storia recente delle assegnazioni di sedi olimpiche. Tutti puntavano su Detroit, accreditata di notevoli chances, al congresso di Baden Baden del '63: eppure la novità Messico trionfa, con la raccomandazione del Cio di allestire settimane sportive di acclimatamento negli anni precedenti i Giochi per studiare gli effetti dell'altitudine (la città è a 2.250 metri sul livello del mare).
Per appoggiare la propria candidatura il Messico presentò, in un libro di 180 pagine in tre lingue, non solo la documentazione ufficiale richiesta ma anche un piano di ammortamento delle spese, una raccolta storica del paese, i risultati degli eventi sportivi svolti prima, una descrizione dettagliata delle strutture sportive e le condizioni climatiche di Città del Messico, e una raccolta di pareri e ricerche mediche dei possibili effetti dell'altitudine (2420 m sopra il livello del mare).

Degli effetti di una attività motoria ad alto livello in quota, in effetti, si sa pochissimo, né molti si sono soffermati sul precedente esperimento dei Giochi Panamericani del '54. Ma i due test del '66 e '67 aprono scenari nuovi: in atletica, l'aria rarefatta e la minor gravità favoriscono in maniera straordinaria le corse veloci e i salti in estensione, penalizzando fortemente le prove di resistenza. E tuttavia, anche se gli usa organizzano i loro Trials ai duemila metri del Lago Tahoe, le sorprese, piacevoli o amare, saranno molte.
Il motivo principale per cui i Giochi di Città del Messico sono passati alla storia, infatti, non risiede in un’impresa sportiva, ma in una delle più potenti immagini che si siano mai impresse nella memoria collettiva: quella che ritrasse i velocisti afroamericani Tommie Smith e John Carlos con il pugno chiuso guantato di nero sollevato, durante la premiazione della gara dei 200m, in segno di protesta contro il razzismo e a sostegno del movimento per i diritti civili. I due atleti furono espulsi dal Villaggio Olimpico e la loro carriera fu gravemente compromessa, ma il loro gesto resta una dei simboli più evocativi della storia dello sport moderno.

I messicani, alle prese con gli immensi problemi di una metropoli fra le più popolose del mondo, si impegnano come possono: allo stadio debutta un materiale sintetico, il tartan, per la pista d'atletica, nuovi sono piscina e palazzo dello Sport.



I PROTAGONISTI
Amarissima è La sorpresa che riceve il Sud Africa, contro il quale l'ostracismo dei Paesi africani è totale. Un voto postale all'inizio del '68, da parte dei membri del Cio, ha dato ossigeno, sia pure per pochi voti, ai sudafricani: ma il viaggio che lo stesso Brundage compie a Johannesburg lo convince che l'apartheid esiste ancora, in pieno, e che il no africano sarebbe pressoché totale. Dunque, con 47 voti a favore e 16 contro, l'ultimo voto postale ripropone la remissione dell'invito al Sud Africa, come a Tokyo '64. Sarà l'ultima volta, poiché prima di Monaco arriverà addirittura l'espulsione.

Dopo aver preso parte a tre edizioni dei giochi come squadra unificata, la Germania gareggia in due squadre separate: quella dell'Est e quella dell'Ovest rispettivamente quinta e ottava nel medagliere ufficiale per nazioni.


LE GARE
L'attenzione sportiva come al solito ricadde principalmente sull'atletica leggera. Evento clou fu il massimo record del mondo di tutti i tempi, l'impresa più sensazionale, la misura più incredibile: gli 8,90 m di Bob Beamon, nero statunitense, nel salto in lungo. Il volo sfuggì a molti nello stadio, perché in quel momento un andirivieni di atleti per altre gare copriva a tantissimi spettatori la pedana del miracolo, e non ne esiste neppure una chiara sequenza televisiva. D'altronde lo stesso Beamon non si rese conto di avere sovvertito quel giorno le leggi della gravità, della velocità e dell'esecuzione di un salto in lungo. Abituato alle misure in piedi e pollici del suo paese, non capì subito la portata della cifra in metri apparsa sul tabellone, vicino a dove era atterrato. Soltanto quando gli dissero che aveva saltato 29 piedi e 2 pollici e mezzo realizzò quanto aveva fatto e improvvisò una danza di gioia. Il primato precedente, del sovietico Igor Ter Ovanesian, era di 8,35 m e quella misura di Beamon rimase insuperata sino al 1991, quando Mike Powell, un altro nero statunitense, saltò a Tokyo 8,95 m, senza aver avuto bisogno dell'aiuto dell'altura. La performance di Beamon fu infatti favorita dall'aria rarefatta, anche se è interessante ricordare che, secondo una tabella comparativa dei vari vincitori e primatisti mondiali di quel 1968, per eguagliare Beamon si sarebbero dovuti correre i 100 m in 9,4″ anziché in 9,9″, i 200 m in 16,97″ anziché in 19,8″, i 400 m in 37,23″ anziché in 43,8″, saltare nel triplo 18,15 anziché 17,39 m. I progressi degli anni successivi hanno riavvicinato Beamon al resto del mondo ma la sensazionalità assoluta dell'impresa del 18 ottobre 1968 ha resistito nel tempo.
A Città del Messico nasce una nuova era per il salto in alto. Ad aprirla è un giovane americano, Dick Fosbury, che mette letteralmente sottosopra la tecnica di salto usata fin lì. Fosbury scavalca l'asticella di schiena anziché centralmente come fatto da tutti gli altri e la sua invenzione sembra subito funzionare, oltre che essere calamita per pubblico ed addetti ai lavori. L'americano arriva a 2 metri e 24 vincendo l'oro: in pochi anni tutti i saltatori useranno il suo stile. Altro atleta che entra nella storia è Al Oerter, dominatore da anni nel lancio del disco, che si prende qui il suo 4° oro olimpico nella stessa disciplina: un'impresa che non era mai riuscita a nessun altro.

L'atletica dello sprint fu invece connotata dagli statunitensi in due modi: per le vittorie (sia maschili sia femminili; per contro le sovietiche non conquistarono neppure una medaglia d'oro) e per la contestazione politica, antirazziale. Si è già detto dell'oro di Hines nei 100 m, conquistato in una finale corsa interamente da atleti neri, la prima della storia. Il culmine della contestazione fu raggiunto in occasione della premiazione dei 200 m: gli afroamericani Tommie Smith e John Carlos, primo e terzo (secondo era l'australiano Peter Norman), si presentarono sul podio senza scarpe, con calze nere, un braccio alzato al cielo e il pugno ‒ sinistro quello di Smith, destro quello di Carlos ‒ serrato in un guanto nero, mantenendo durante l'inno la testa bassa e rivolgendo gli occhi alla medaglia e non verso la bandiera. Finita la premiazione abbandonarono il podio in fretta e lasciarono lo stadio in silenzio. Gli atleti statunitensi erano arrivati ai Giochi esibendo il badge di un'associazione per i diritti umani e già nelle prime dichiarazioni si erano dimostrati intenzionati a 'fare qualcosa' per ricordare la pesante situazione della comunità nera negli Stati Uniti. 'Fecero qualcosa' pure Hines e Charles Green, primo e terzo nei 100 m, quando chiesero di non essere premiati da Brundage, Lee Evans, Larry James e Ronald Freeman che salirono sul podio dei 400 m (Evans corse in 43,8″, record del mondo) con il basco nero, e forse anche Beamon che si presentò alla premiazione senza scarpe (ma si parlò di attenzione richiamata così su di esse a scopo pubblicitario). Smith e Carlos, che furono espulsi dal villaggio olimpico, sono rimasti comunque con Beamon i personaggi simbolo di quell'Olimpiade.

Se i salti in piano, come quello di Beamon, e le prove di sprint furono avvantaggiati dalla rarefazione dell'aria (sui 100 m Jim Hines vinse per gli USA in 9,9″), l'effetto contrario si ebbe nelle corse lunghe, fortemente condizionate dalla povertà di ossigeno. Ne risultarono favoriti gli atleti nati e cresciuti in alta montagna, in primo luogo etiopi e kenyoti. I Giochi del 1968 di fatto segnarono l'avvento di tutto un continente, l'Africa, sulle scene massime dell'atletica leggera. Gli africani vinsero tutte le gare del mezzofondo e del fondo, dai 1500 m alla maratona (negli 800 m prevalse invece l'australiano Ralph Doubell sul kenyota Wilson Kiprugut) e a imporsi non furono soltanto quelli degli altopiani.

L'italiano Giuseppe Gentile realizza durante la qualificazione per il salto triplo un nuovo primato mondiale (17,10 m). Durante la finale, però tenutasi il giorno dopo, Gentile venne battuto prima dal brasiliano Nelson Prudencio (17,27 m), e dopo dal sovietico Viktor Sanaev che arrivò addirittura a 17,39. Al povero Gentile restò solo la medaglia di bronzo.

Nel nuoto maschile gli americani conquistano 10 titoli su 16, ma non riescono a trionfare nei due titoli più prestigiosi: i 100 e 200 stile libero, che sono vinti entrambi dall'australiano Michel Wenden. Il tedesco dell'est Roland Matthes domina i 100 e 200 m dorso.

La kermesse della boxe lancia anche qui un grande massimo, Gorge Foreman, che farà la storia da professionista, sarà più volte campione del mondo e desterà scalpore per i suoi combattimenti a tardissima età. Qui intanto mette al tappeto il nostro Giorgio Bambini e il sovietico Chepulis, mettendosi al collo l'oro. Anche il ciclismo inserisce nel suo albo un campione che farà mirabilie da vecchietto, l'olandese Joop Zoetemelk che befferà tutti quanti nell'85, al Mondiale del Montello, alla soglia dei 40 anni. In Messico è il leader del quartetto della 100 km che vince l'oro davanti alla Svezia dei 4 fratelli Petterson

Nella ginnastica maschile il giapponese Sawao Kato è oro nel corpo libero, nel concorso generale a squadre e in quello individuale, dove supera il russo Michail Voronin solo nell'ultimo esercizio. Un altro giapponese, Akinori Nakayama, si aggiudica 4 medaglie d'oro negli anelli nella parallele nella sbarra (ex aequo), e nel concorso generale a squadre.

Gli sport di squadra non riuscirono tuttavia a fare grande presa sull'opinione pubblica locale. L'Europa dell'Est si aggiudicò i successi nella pallavolo (URSS), nel calcio (Ungheria), nella pallanuoto (Iugoslavia; 'archiviato' il Settebello azzurro, campione olimpico otto anni prima). L'Asia trionfò nell'hockey su prato con il Pakistan e l'India, primo e terza (al secondo posto l'Australia). Specialmente il calcio visse e patì la distonia fra squadre del socialismo di Stato, vere e proprie formazioni nazionali, e squadre del resto del mondo, fatte di giovani, di studenti, persino di dilettanti conclamati. Il successo finale degli ungheresi sui bulgari venne visto come un episodio a parte riguardante il mondo professionistico, mentre la vera finale dei dilettanti venne considerata la partita per il terzo posto fra i giapponesi, che la vinsero, e i giovanotti messicani.

In Messico l'Italia deve accontentarsi di uno dei forzieri più miseri della storia olimpica, con solo 3 ori, 4 argenti, 9 bronzi. alla vittoria di Vianelli nel ciclismo, si aggiungono canottaggio e tuffi a colorare un po' d'oro il bilancio. Baran e Sambo con il timoniere Cipolla si aggiudicano la gara del 2 con, e i tuffi confermano il grande talento di Klaus Dibiasi, l'altoatesino già medagliato a Tokyo. Dibiasi deve vedersela con un messicano, Alvaro Gaxiola, cosa quanto mai insidiosa in una specialità dove il giudizio degli arbitri è tutto. Ma la superiorità dell'azzurro è premiata con l'oro dalla piattaforma a cui si aggiunge un argento dal trampolino. Altre medaglie le conquistano i canottieri del 4 senza, la 100 e l'inseguimento di ciclismo, sempre di bronzo e Giordano Turrini, argento nella velocità di ciclismo su pista. Deludente la scherma, con l'argento della squadra di sciabola e il bronzo di Saccaro nella spada. L'atletica è di bronzo con Eddy Ottoz sui 110 ostacoli, la vela nelle classi Star e Finn, il tiro d'argento con Romano Garagnani.


MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/K24mLIj.png



L'ATLETA SIMBOLO

Bob Beamon (1 oro: salto in lungo )

http://40.media.tumblr.com/708a8f8e6aa868ca73ad2c7ee34922c4/tumblr_ntsqjx7zbE1tuy8zto3_500.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=pVsQYRZgb10

ataris
07-07-2016, 23:45
Giochi della XX Olimpiade
Monaco 1972

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/8/89/Munchen_1972.jpg/175px-Munchen_1972.jpg




DATA: 26 agosto / 11 settembre
NAZIONI PARTECIPANTI : 121
NUMERO ATLETI:7134 (6075 uomini, 1059 donne)
NUMERO DI GARE:195
DISCIPLINE:Atletica, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Judo, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallamano, Pallanuoto, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tiro, Tiro con l'arco, Tuffi, Vela



STORIA
La Germania punta forte sull'edizione di Monaco '72. I Giochi tornano nel Paese dopo la discussa parata di Berlino '36, tedeschi ovest e tedeschi est hanno fin dal Messico due squadre separate, gli organizzatori hanno investito somme consistenti, a cominciare dalle spese per un avveniristico complesso olimpico incentrato sul nuovo stadio. Non possono certo immaginare quel che accade il 5 settembre: un giorno che resterà per sempre nella storia, purtroppo non - o non solo - in quella sportiva. Alle 4.10 del mattino, un inserviente nota un gruppo di persone che apparentemente ridono e scherzano all'interno del Villaggio, e non vi dà peso; venti minuti dopo una donna delle pulizie ode un crepitare di armi: vengono dalla palazzina israeliana, e dà l'allarme.Solo molte ore dopo si capirà che cosa è accaduto: un commando composto da 8 palestinesi, appartenenti all'organizzazione terroristica "Settembre nero", è penetrato nella palazzina israeliana.

C'è già, subito, un morto, Moshe Weinberg, 33 anni, allenatore dei lottatori d'Israele. Asserragliati nella palazzina, i guerriglieri chiedono la liberazione di 234 compagni e ai tedeschi anche di rilasciare i due leader della "Frazione Armata Rossa", il gruppo rivoluzionario attivo in Germania. Richieste che appaiono subito improponibili, e comincia una estenuante trattativa.I terroristi sono riusciti a catturare 11 ostaggi, tutti atleti o allenatori israeliani, e sono barricati al numero 31 della Connollystrasse, nel Villaggio. Molti altri atleti, molte delegazioni, si accorgeranno del fatto a pomeriggio inoltrato. Ma intanto la trattativa è partita: nel frattempo, un ostaggio riesce a fuggire, un altro, Romano, muore per le ferite subite nell'assalto. Totale, 9 ostaggi e 8 terroristi: e si tratta mentre i Giochi continuano come niente fosse accaduto.

Saranno sospesi solo alle 15, mentre diversi ultimatum dei fedayn sono già scaduti. Alla fine di una giornata febbrile, l'ultima richiesta è accettata: un aereo per il Cairo e una scorta fino all'aeroporto di Fuerstenfeldbruck. Due elicotteri si levano in volo alle 22.24: su ciascuno viaggiano due piloti, 4 terroristi e rispettivamente 4 e 5 ostaggi. Arriva ai giornalisti in attesa la notizia: l'aereo è partito, gli ostaggi sono tutti salvi. E così riferiranno i giornali del mattino dopo; ma la verità è molto diversa. All'aeroporto, d'improvviso vengono spente le luci, i fedayn aprono il fuoco alla cieca, rispondono i cecchini tedeschi: un massacro. Alla fine, il bilancio è tragico: 11 israeliani morti, 2 al mattino, 9 nella strage dell'aeroporto; muoiono anche 5 degli 8 fedayn e un poliziotto, è ferito gravemente un pilota, che non sopravviverà. Un totale di 18 morti, che non fermano i Giochi: il pomeriggio successivo alla strage si torna a gareggiare, per decisione del presidente del Cio Brundage.
Dicono che Killanin, già nominato successore, fosse contrario. Poco importa: è stata scritta una pagina nerissima, che nessuno potrà mai cancellare.

Monaco fu scelta come sede ospitante dei giochi il 26 aprile 1966 alla 64ª riunione del Comitato Olimpico Internazionale a Roma, prevalendo sulle candidature di Detroit, Madrid e Montréal.
I simboli dell'edizione furono un sole blu stilizzato a forma di spirale ed il bassotto Waldi, che divenne la prima mascotte estiva con un nome ufficiale


I PROTAGONISTI
A Monaco erano convenuti un numero record di nazioni (121) e atleti (7134)

A Tokyo e in Messico, il CIO nei confronti della grana sudafricana se l'era cavata con l'escamotage di ritirare in extremis l'invito a partecipare al comitato olimpico di Johannesburg. Ma il consiglio superiore dello sport africano preme per una decisione più drastica e definitiva nei confronti del Paese dell'apartheid, sostenuto dall'Est europeo. Una mano allo stesso Cio arriva proprio dal Sud Africa, che dopo aver per anni sostenuto la propria buona volontà di procedere all'integrazione razziale nello sport, cambia rotta e chiede che nessuno interferisca in questioni di politica interna.
Duro colpo per coloro che nel Cio credono ancora nel dialogo, e strada aperta verso una decisione storica: l'espulsione, sia pure a maggioranza stretta, nei confronti di un Paese che non adotta lo spirito della carta olimpica, discriminando gli atleti in relazione al colore della pelle.

I guai però non sono finiti, perché l'Africa nera sposta la sua attenzione nei confronti della Rhodesia (oggi Zimbabwe), altro Paese africano a minoranza bianca che discrimina i neri. Il Cio riesce a rinviare il problema fino alla sessione del settembre '71 in Lussemburgo, dove delibera di imporre ai rhodesiani di partecipare con bandiera e inno britannico, come a Tokyo '64, e senza passaporto, pur trattandosi di uno stato ormai indipendente.

A sorpresa, la Rhodesia accetta; e quando i 37 atleti (8 di colore) sono già arrivati a Monaco, due settimane prima dei Giochi, di fronte al minacciato boicottaggio di una ventina di Paesi africani, il Cio decide che i rhodesiani stanno usando il nome del loro Paese e i loro passaporti (e che altro avrebbero potuto fare?) e con questa scusa ritira loro l'invito.

Già a Città del Messico 1968 le due Germanie avevano espresso due squadre diverse e nel medagliere quella dell'Est, quinta, aveva superato quella dell'Ovest, sesta, con 9 medaglie d'oro a 5 (9 a 11 e 7 a 10 il rapporto nell'argento e nel bronzo). Monaco doveva essere il luogo della grande sfida tra i fratelli separati da un muro (eretto nel 1961), da un'ideologia, da una economia e anche da una diversa anzi per certi aspetti opposta concezione dello sport, liberistico a Ovest, statale a Est, dove ai grandi campioni erano garantite carriere facili nella pubblica amministrazione o nell'esercito. Grande rivalità ma pure grande sentimento dell'essere comunque tedeschi e grande motivazione sportiva, prima ancora che nazionalistica. Le due rappresentative rischiavano persino di essere ognuna più forte di quella congiunta, dove si sacrificavano alla selezione atleti validissimi. Fra l'altro nelle selezioni preolimpiche, più severe di ogni altra gara e simili agli impietosi Trials statunitensi, spesso venivano bruciate energie, poi irrecuperabili per i Giochi.
L'affermazione della Germania Est fu evidente nel medagliere: terza dietro a URSS e USA con 20 ori, 23 argenti e 23 bronzi, davanti proprio alla Germania Ovest (13, 11 e16), e con vittorie significative, nell'atletica come nel nuoto e nel canottaggio, in discipline cioè dove i tedeschi dell'Ovest erano da sempre molto competitivi. Per appurare che molta parte di questa supremazia era dovuta al ricorso a pratiche dopanti 'di Stato' si sarebbe dovuto attendere l'inizio degli anni Novanta, dopo la caduta del muro di Berlino.


LE GARE
Per fortuna Monaco può essere ricordata anche per grandi imprese sportive. Il nome che resta impresso accanto al simbolo di queste Olimpiadi è quello di Mark Spitz. Il 22enne californiano anche stavolta fa grandi proclami alla vigilia, come 4 anni prima, e la sua dichiarazione nella quale afferma di voler vincere 7 medaglie d'oro, viene presa come una sbruffonata. Ci vuole poco però per capire che stavolta Spitz ha una superiorità devastante: scende in piscina continuamente tra batterie e finali, tra una premiazione e l'altra, senza apparente difficoltà e mietendo una serie imbarazzante di primati mondiali. Inizia con i 200 farfalla, un attimo dopo raddoppia con la staffetta 4x100 stile libero. Passano 24 ore e domina i 200 stile libero. Breve pausa ed eccolo trionfare nei 100 farfalla e nella staffetta 4x200 stile libero. Nei 100 stile libero viene considerato battibile, ma non è così ed arriva il 6° oro. Il finale è con l'ultima staffetta, la 4x100 mista dove disputa la frazione a farfalla e si prende il 7° titolo. Incredibilmente in ognuna delle 7 gare Spitz ha anche fatto segnare il nuovo record del mondo. I suoi otto giorni d'oro entrano di diritto nella storia dello sport: è il primo atleta a vincere sette medaglie d'oro nella stessa Olimpiade e a distanza di oltre trent'anni resta tra i soli quattro a vincere 9 ori olimpici in carriera.

Come sempre dallo stadio dell'atletica emergono tante figure di spicco. Tra coloro che stupiscono c'è una ragazzina della Germania Occidentale, la sedicenne Ulricke Meyfarth, la meno quotata dello squadrone teutonico nel salto in alto.
Ulricke però migliora il proprio record personale di ben 7 centimetri durante la gara olimpica e questo le vale l'oro e un primato mondiale eguagliato a 1.92. Monaco si può così coccolare questa stellina, che diventa la più giovane a vincere un oro nell'atletica in tutta la storia olimpica. La cosa curiosa è che la stessa Meyfarth rivincerà le Olimpiadi a Los Angeles nel 1984 sulla nostra Simeoni, diventando la più vecchia a vincere il salto in alto in alto in tutte le edizioni olimpiche.

Dalla velocità arriva una grossa novità: il sovietico Valery Borzov intasca gli ori sia nei 100 che nei 200 metri, anche se nella gara breve è favorito dall'assenza di due americani, Hart e Robinson, che arrivano in ritardo alla partenza dei turni eliminatori e vedono, così, incredibilmente, svanire le proprie velleità. Sui 200 invece la vittoria di Borzov non ha dubbi, avvalorata anche da un 20'' netto che è un tempo eccellente. Nel mezzofondo riappare la Finlandia, la terra dei grandi d'anteguerra. Pekka Vasala batte il keniano Keino nei 1500 metri, ma è soprattutto Lasse Viren a segnare la manifestazione. Su Viren circolano strane voci di nuove pratiche di doping, comunque a Monaco è protagonista di gare straordinarie: sui 10000 è vittima di una caduta e deve compiere una prodigiosa rimonta che lo porta a superare sul rettilineo finale il belga Puttermann con l'oro ed il primato mondiale. Nei 5000 si ripete con un'altra volata irresistibile e completa la doppietta. Entusiasma anche un ugandese, John Akii-Bua, che nonostante sia costretto nella finale dei 400 ostacoli a correre nella corsia più scomoda, la prima, vince segnando un primato del mondo. L'oro di Akii-Bua in una specialità così tecnica e difficile è segno della grande crescita complessiva dell'Africa, che con i keniani porta a casa anche i 3000 siepi e la staffetta 4x400.
Per l'Italia due belle medaglie arrivano dall'atletica: nei 200 metri esplode un giovane pugliese che tanto farà parlare. Si chiama Pietro Mennea e conquista il bronzo. Il mezzofondo femminile è ai primi vagiti olimpici: la gara più lunga sono i 1500 metri dove la milanese Paola Pigni deve cedere ad una eccellente sovietica, Lyudmilla Bragia, e perde l'argento per un soffio da una tedesca.

Diverse storie particolari arrivano dall'equitazione: la tedesca occidentale Liselott Linsenhoff è la prima donna a vincere un oro olimpico in una prova non riservata a sole donne. Succede nel dressage, dove l'inglese Lorna Johnstone con i suoi 70 anni conquista il record di più anziana partecipante alle Olimpiadi. Il suo connazionale Mark Phillips è nella squadra che vince l'oro del concorso completo e qualche anno dopo entrerà nella famiglia reale britannica sposando la principessa Anna.

Da ricordare nel basket l'interruzione clamorosa del predominio statunitense, che durava da Berlino 1936, da quando cioè lo sport era stato introdotto nei Giochi, con affermazioni sempre troppo facili nonostante quasi sempre fossero state ottenute da squadre di dilettanti, rappresentative di una selezione di college ed estranee al grande movimento professionistico. La storia di quell'ultimo secondo della finale fra USA e URSS è diventata celebre. Sul 50-49 gli statunitensi sembravano ormai avere in pugno il match, che era stato assai combattuto, il più duro da loro giocato nella storia olimpica, con i sovietici in testa sino a 5 minuti dalla fine e poi con una tesa alternanza di punteggio. Dopo le proteste dei sovietici al tavolo dei cronometristi, furono decretati ancora 3 secondi di gioco: uno dei due arbitri, l'argentino Righetto, avrebbe detto dopo che mancava un solo secondo, ma che con il collega decisero il recupero più lungo per porre fine alle discussioni, sicuri che comunque niente di sostanziale sarebbe accaduto. Invece una lunga rimessa dei sovietici dal fondo consentì a un loro giocatore appostato sotto il canestro statunitense di realizzare il punto del sorpasso: l'incontrò finì 51 a 50 per l'URSS. Vivaci furono le contestazioni degli statunitensi, vanificate però dal fatto che avevano accettato il recupero. Da ricordare che anche l'Italia perse per un punto contro Cuba la finale per il terzo posto, sia pure senza nessun giallo.

L'Italia risale parzialmente la corrente rispetto alla delusione messicana, anche se gli uomini copertina non sono scintillanti come in passato. Resta però la grande soddisfazione del nuoto che grazie ad una ragazza veneta, Novella Calligaris, inaugura il proprio medagliere. Nei 400 stile libero solo la grande Shane Gould è davanti all'azzurra che conquista così la prima medaglia olimpica nella storia del nuoto azzurro. La Calligaris si conferma anche nei 400 misti e negli 800, dove è due volte bronzo. La piscina regala ancora lo spettacolo di Klaus Dibiasi, il bolzanino autentico mattatore dalla piattaforma, dove conferma il titolo di Città del Messico. Al suo fianco cresce Giorgio Cagnotto, che è 3° dalla piattaforma e 2° dal trampolino.

I giapponesi dominano ancora la scena nella ginnastica maschile: il grande Sawao Kato è medaglia d'oro nel concorso generale e a squadre, e nelle parallele.
La minuscola ginnasta sovietica Olga Korbut diventa la beniamina del pubblico. Nel concorso a squadre esegue un esercizio eccellente alle parallele asimmetriche, ma sbaglia sullo stesso attrezzo nel concorso individuale. Esce dalla lotta medaglie tra le lacrime. Si rifà vincendo due ori e un argento nei singoli attrezzi

Il pugile cubano Teofilo Stevenson vince il primo di 3 titoli olimpici consecutivi (1972, 1976. 1980)

L'hockey su prato vede la squadra del Pakistan, già campioni olimpici, battuta 1-0 in finale dalla Germania Occidentale: tale sconfitta suscita non poche polemiche.

Ci fu poi la grande affermazione nel torneo di calcio dei polacchi, che due anni dopo proprio in Germania avrebbero eliminato l'Italia dalla Coppa del Mondo.
Entrò a far parte del programma olimpico la pallamano, la cui prima nazione vincitrice fu la Iugoslavia.


MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/hYVhO6u.png



L'ATLETA SIMBOLO

Mark Spitz (7 ori: 100 sl, 200 sl, 100 farfalla, 200 farfalla, 4x100 sl, 4x200 sl e 4x100 misti )

https://encrypted-tbn2.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcQ1CkbxVTZeVBIalTNmbpqtqMAKfawyN wu_YxytmaDSfhXhgyH7



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=FXcOt8ZY3D8

ataris
11-07-2016, 09:40
Giochi della XXI Olimpiade
Montreal 1976

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/4/41/Montreal1976_logo.png/175px-Montreal1976_logo.png




DATA: 17 luglio / 1° agosto
NAZIONI PARTECIPANTI : 92
NUMERO ATLETI: 6084 (4824 uomini, 1260 donne)
NUMERO DI GARE: 198
DISCIPLINE: Atletica, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Judo, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallamano, Pallanuoto, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tiro, Tiro con l'arco, Tuffi, Vela



STORIA
Con l'edizione canadese di Montreal '76 inizia un trittico di Olimpiadi dominate dalla politica e dai boicottaggi. Questi in particolare sono Giochi in cui alla vigilia si susseguono polemiche, annunci di ritiri, scioperi e tutto si completa poi con un'indispensabile ma oppressiva azione di controllo militare per scongiurare il pericolo di nuovi attentati. Il risultato è che, nonostante le imprese di alcuni campioni memorabili, queste Olimpiadi non passano certo alla storia felicemente. All'inizio è una serie di scioperi a mettere in ginocchio l'organizzazione, tanto che i costi finali dei Giochi saliranno alle stelle per pagare il lavoro straordinario, 24 su 24, a cui si adoperano squadre di operai nelle ultime settimane per far trovare gli impianti pronti all'apertura del 17 luglio.

Montréal superò le città di Mosca e di Los Angeles il 12 maggio 1970 durante la 69ª sessione del CIO tenutasi ad Amsterdam.

Durante i Giochi vi furono ripetuti tentativi di affermazione dei francofoni locali. Alla cerimonia di apertura, tuttavia, gli ultimi due tedofori furono insieme un ragazzo di lingua francese e una ragazza di lingua inglese (voleva essere simbolo di unione, ma non mancò chi ci vide piuttosto un segno di divisione). Un episodio grottesco avvenne alla chiusura, quando un uomo completamente nudo riuscì a penetrare nello stadio fino in mezzo al campo dove era in corso un balletto, a dispetto di un sistema di sicurezza che per evitare il ripetersi dei tragici avvenimenti di Monaco era stato molto severo, spingendosi a perquisizioni e divieti anche fastidiosi.

Non fu una edizione memorabile. Statisticamente quella fu la prima volta in cui la nazione organizzatrice non riuscì a vincere neppure una medaglia d'oro: il bilancio del Canada si fermò a 5 medaglie d'argento e 6 di bronzo. Non fu chiaro se lo scarso entusiasmo della popolazione per i Giochi fosse dovuto alla mancanza di vittorie della squadra nazionale, o viceversa se la mancanza di vittorie canadesi fosse la conseguenza dello scarso incitamento della popolazione.

I PROTAGONISTI
La prima grana politica la solleva Taiwan, che pretende di iscriversi con il nome di Republic of China scatenando le ire della Cina Popolare (che si è allontanata dal CIO) e del Canada padrone di casa che è tra i principali partner economici dei cinesi. Dopo un lungo tira e molla che coinvolge anche gli americani (che minacciano un boicottaggio) a difesa di Taiwan e la debole mediazione del CIO, Taiwan deve rimanere a casa. E' un segno di quanto siano lontani gli ideali di fratellanza che invece i Giochi vorrebbero veicolare, e il peggio deve ancora venire.

La Tanzania avanza una proposta ufficiale al CIO per l'esclusione della Nuova Zelanda che ha disputato degli incontri di rugby con la propria nazionale, i famosi All Blacks, in Sudafrica, paese escluso dai Giochi per la sua politica di apartheid. La Tanzania trova l'appoggio della stragrande maggioranza degli stati africani ma non del CIO che respinge il caso e accoglie i neozelandesi ai Giochi. La replica è durissima: durante la sfilata degli atleti che apre i Giochi ci si rende conto che mancano quasi tutti gli stati africani, che nella notte hanno deciso per un boicottaggio di massa per protestare contro il CIO. Decidono di partecipare invece Senegal e Costa d'Avorio, ma di fatto nasce un'Olimpiade a cui manca un cerchio, quello africano. Restano a casa tanti talenti, primo fra tutti il fenomeno degli ostacoli, l'ugandese Akii-Bua, ma è tutto il movimento olimpico a uscirne gravemente segnato.

La freddezza dei numeri del medagliere ufficioso per nazioni riservò un'amara sorpresa agli Stati Uniti che furono superati nella classifica dall'URSS con ben 49 medaglie d'oro, 41 d'argento, 35 di bronzo e dalla formidabile Germania Est con 40 medaglie d'oro, 25 d'argento e 25 di bronzo.


LE GARE
Se già in passato le ragazze della ginnastica avevano conquistato grandi onori, a Montreal per la prima volta dalla palestra arriva il personaggio simbolo dei Giochi. E pensare che la campionessa è una ragazzina di 14 anni, Nadia Comaneci, che non conquista sequenze di medaglie mai viste, ma sbalordisce per la perfezione assoluta dei propri esercizi.
La Comaneci è una ragazzina rumena nata all'ombra dei Carpazi e portata a Bucarest da Bela Karoly, un ex ginnasta di origine ungherese, all'età di 7 anni. Karoly intuisce subito che Nadia sarà una stella e non sbaglia. L'anno prima ha dominato gli europei e qui manda in visibilio il pubblico, diventandone la beniamina. La Comaneci incanta alle parallele e per la prima volta nella storia la giuria assegna un 10.00, un punteggio mai visto e che non si riesce neanche a scrivere sul tabellone elettronico che ha solo tre cifre perché non si riteneva possibile l'eventualità di un 10.00. Così compare uno strano 1.00 che scatena l'ovazione del pubblico. Ma la piccola Comaneci regala altre 6 volte il 10.00 durante i Giochi canadesi, diventando un autentico fenomeno, con la gente che riempie all'inverosimile il Forum della ginnastica per ammirarla. Alla fine si aggiudica tre ori, parallele, trave e concorso completo, oltre ad un argento e ad un bronzo. Al rientro in Romania è accolta con tutti gli onori dal dittatore Ceacescu, finchè nell'89, alla caduta del regime, Nadia si rifugerà in America con il marito, il ginnasta Bart Conner, chiedendo asilo politico. A poco valgono le 7 medaglie del russo Nikolay Andrianov e la 3° Olimpiade vincente del giapponese Kato: la scena è tutta per Nadia Comaneci

L'assenza dei paesi africani toglie un po' di spessore alla kermesse dell'atletica, che vive comunque sulle imprese di almeno un paio di campioni straordinari. L'uomo nuovo, quello che colpisce maggiormente l'immaginario collettivo, è il cubano Alberto Juantorena che si guadagna il soprannome di El Caballo e diventa un simbolo per l'intera nazione caraibica. Juantorena è uno specialista dei 400 metri che si è avvicinato da poco anche agli 800. E' un mulatto dal fisico scultoreo, dalla falcata ampia e potente, una vera forza della natura. Il suo esordio, sugli 800 metri, è storia: ha corso questa distanza pochissime volte, eppure sul rettilineo finale schianta gli avversari con una progressione micidiale che lo porta al nuovo record del mondo, detenuto allora da Marcello Fiasconaro. Sui 400 metri rimonta l'americano Newhouse e completa la doppietta d'oro con un altro tempo eccezionale, il migliore di sempre al livello del mare. Purtroppo la carriera di Juantorena sarà costellata da gravi infortuni, soprattutto ai tendini, che lo limiteranno molto. L'altro uomo d'oro dell'atletica è Lasse Viren, il fondista finlandese già campione a Monaco. Viren è reduce da un periodo deludente, ma improvvisamente a Montreal ritrova se stesso e ripete la doppietta 5000-10000, primo uomo a riuscirci.

Tra i più applauditi anche i caraibici che fanno filotto nella velocità: l'atleta di Trinidad Hasely Crawford si prende i 100, il giamaicano Donald Quarrie i 200, dove Mennea delude con un 4° posto. E poi due stelle, una al tramonto l'altra all'esordio: la 30enne polacca Szewinska, già campionessa di staffetta e 200 metri nelle precedenti edizioni, passa ai 400 mettendosi al collo la settima medaglia di una lunghissima carriera olimpica. Il nuovo è rappresentato invece dall'immenso Edwin Moses, l'uomo che segna la storia dei 400 ostacoli. Moses vince e segna il suo primo record mondiale, iniziando una decennale striscia di imbattibilità che ne farà una vera leggenda.

Come molte altre volte il torneo di pugilato lancia un gruppetto di campioni destinato a fare la storia di questo sport. Il primo in realtà non passerà mai al professionismo perché è cubano e la legge del suo paese non gli consente il grande salto. Si chiama Teofilo Stevenson, è un massimo, e manda al tappeto gli avversari con grande facilità. E' già stato oro a Monaco e qui si ripete con dimostrazioni di forza evidenti. Per tre americani questa è invece l'anticamera del successo professionistico: Ray Charles "Sugar" Leonard (welter leggeri), e i fratelli Michael (medi) e Leon Spinks (mediomassimi). Quest'ultimo sarà protagonista di uno storico incontro a Las Vegas nel '78 in cui strapperà la corona dei massimi a Cassius Clay.

Per gli azzurri Montreal rappresenta il punto più basso della storia olimpica. Solo due medaglie d'oro, davvero una miseria rispetto ai carnieri conquistati solo poche edizioni prima. L'uomo copertina è ancora l'immenso Klaud Dibiasi, che nonostante sia reduce da un infortunio ai tendini e sia ormai alla fine di una logorante carriera, tiene a bada un giovanissimo americano destinato a raccoglierne l'eredità sul trono dei tuffi, Greg Louganis. Il secondo oro lo conquista lo schermidore veneziano Fabio Dal Zotto, che rifila un 5-1 nella finale del fioretto al favorito russo Romankov. Purtroppo Dal Zotto resterà una meteora: il suo carattere esuberante e la poca voglia di sacrifici lo porteranno ben presto fuori dalla nazionale. Intanto però conquista anche l'argento a squadre e la scherma porta pure l'argento della Collino nel fioretto e della squadra di sciabola maschile. Non risponde invece il ciclismo, che non cava niente di buono dalla pista e si consola con l'argento di Beppe Martinelli nella prova su strada dietro al fuggitivo svedese Johansson. Martinelli diventerà poi un apprezzato direttore sportivo, lanciando Pantani e Cunego a importanti successi. Argento anche per Giorgio Cagnotto nei tuffi dal trampolino e per la squadra di pallanuoto. A chiudere 4 medaglie di bronzo: Felice Mariani nel judo, Giancarlo Ferrari nel tiro con l'arco, Roberto Ferraris nel tiro a segno, Ubaldesco Baldi nel tiro a volo. Meritano la citazione anche i fratelli D'Inzeo che lasciano l'avventura olimpica iniziata nel lontanissimo '48. Senza medaglie, ma la loro longevità è un record per lo sport italiano.

Per quanto riguarda gli sport di squadra vi fu la sorprendente vittoria della Polonia nella pallavolo, davanti alla favorita Unione Sovietica e a Cuba e il ritorno degli Stati Uniti alla vittoria nella pallacanestro dopo la discussa partita dell'Olimpiade precedente. La pallanuoto vide il trionfo dell'Ungheria, con il formidabile Tamas Farago. L'Italia fu seconda, terza fu l'Olanda. La Germania Est è oro nel calcio, superando in finale la Polonia.

Il nuoto merita un'attenzione speciale. Le gare maschili furono tutte vinte dagli statunitensi, eccetto i 200 m rana, appannaggio del britannico David Wilkie. In quattro gare il podio fu tutto USA, anche se non vi furono campioni in grado di colpire la fantasia come Schollander o Spitz. L'unico personaggio fu il dorsista John Naber, predicatore metodista.

Particolarmente negativo fu l'episodio che coinvolse il maggiore sovietico Boris Onishchenko: nel pentathlon moderno, alla prova di scherma con la spada, inserì nella propria impugnatura un congegno elettrico che a comando faceva scattare sul tabellone la segnalazione di un colpo inferto all'avversario. Dopo che Onishchenko aveva già vinto con grande facilità vari incontri (nel pentathlon basta una sola stoccata), gli spadaccini britannici si accorsero per primi della stranezza di un tabellone che segnalava il colpo anche nei casi in cui non veniva portato. Toccò a un giudice italiano, Malacarne, ispezionare l'arma e individuare il dispositivo, piuttosto ingegnoso. Onishchenko venne degradato, perse il posto di segretario della Federazione sovietica di pentathlon moderno e finì a fare il bagnino in una piscina di Kiev.


MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/H71MWIa.png



L'ATLETA SIMBOLO

Nadia Comăneci (3 ori: concorso individuale, parallele e travi )

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/scn/2/2e/Nadia_Comaneci.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=lfjoV3Tx7UM&nohtml5=False

ataris
12-07-2016, 21:12
Giochi della XXII Olimpiade
Mosca 1980

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/5/57/1980_poster.jpg/175px-1980_poster.jpg




DATA: 19 luglio / 3 agosto
NAZIONI PARTECIPANTI : 80
NUMERO ATLETI:5179 (4064 uomini, 1115 donne)
NUMERO DI GARE: 203
DISCIPLINE: Atletica, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Judo, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallamano, Pallanuoto, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tiro, Tiro con l'arco, Tuffi, Vela



STORIA
I Giochi della XXII Olimpiade si sono svolti a Mosca (Unione Sovietica) dal 19 luglio al 3 agosto 1980. Solo due città si candidarono per ospitare i Giochi della XXII Olimpiade: Mosca e Los Angeles. Mosca ebbe la meglio sulla città americana il 23 ottobre 1974 alla 75ª sessione del CIO tenutasi a Vienna, in Austria

È l'Olimpiade del boicottaggio americano per l'invasione sovietica dell'Afghanistan.
Nel gennaio del 1980 l'Unione Sovietica inviò proprie truppe in Afghanistan per aiutare un governo filo-sovietico instauratosi pochi mesi prima con un colpo di Stato. Con l'invasione sovietica dell'Afghanistan l'URSS intendeva probabilmente iniziare una sorta di salvaguardia delle sue repubbliche asiatiche contro il possibile pericolo di una divagazione della rivoluzione islamica iniziata in Iran dall'ayatollah Khomeini.
Negli Stati Uniti intanto nell'autunno dello stesso anno si sarebbero svolte le elezioni presidenziali e il presidente democratico Jimmy Carter, anche per riguadagnarsi un po' di popolarità, iniziò a promuovere un boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca e in poco tempo lanciò il suo messaggio: se l'URSS non avesse ritirato le sue truppe dall'Afghanistan entro giugno gli Stati Uniti non avrebbero partecipato alle imminenti Olimpiadi moscovite. L'Unione Sovietica non pensò neanche lontanamente di ritirare i suoi carri armati dall'Afghanistan e così gli USA mantennero la loro promessa e non si presentarono ai XXII Giochi Olimpici. Il boicottaggio statunitense oltre a gravare sugli atleti, si rivelerà inutile anche per il suo ideatore: Carter verrà infatti sconfitto durante le presidenziali dal repubblicano Ronald Reagan.

Le gare furono precedute da una sfarzosa cerimonia inaugurale che coinvolse quasi tutti i 100.000 spettatori presenti sulle gradinate dello stadio Lenin. Lo spettacolo, frutto di grande impegno e minuzia organizzativa, fu coordinato dalla regia di Yosiph Tumanov, noto coreografo del Teatro Bolscioi, e risultò di grande intensità. Sfilarono più 5000 atleti, come vent'anni prima a Roma, ma lo spettacolo nello spettacolo fu offerto dal pubblico che, accuratamente istruito e diretto, creò suggestive macchie cromatiche e affreschi viventi. La formula di apertura dei Giochi venne recitata da uno stanco Leonid Breznev, mentre tutta la città era mobilitata per dare agli ospiti il senso dell'importanza dell'evento.

Dal punto di vista sportivo fu una manifestazione di alto livello tecnico e agonistico. Una partecipazione popolare molto forte, e nessuno volle anche sapere se vigorosamente comandata, arricchì i Giochi di calore e competenza. L'organizzazione fu perfetta, evidentemente sostenuta da un budget adeguato. L'occasione olimpica servì anche per l'introduzione a Mosca della teleselezione telefonica, grosso vantaggio per la stampa internazionale e le sue necessità di servizio, ma anche importante passo verso una vera e propria apertura all'Occidente.
Furono stabili 36 record mondiali, 39 record europei e 74 record olimpici, alcuni di questi sono a tutt'oggi ancora imbattuti.

Misha è il nome dell'orsetto immaginario disegnato dall'illustratore Victor Chižikov che fu scelto come mascotte per l'evento. In russo Misha è un diminutivo del nome maschile Mikhail, l'orso è inoltre una figura molto popolare in Russia dove è presente in molte favole e leggende popolari.
Misha fu la prima mascotte di un evento sportivo a diventare in breve tempo un fenomeno commerciale. Ad esso si ispirarono infatti bambolotti, peluche, tazze, souvenir, fumetti e persino una serie animata prodotta in Giappone. Possiamo quindi considerare Misha come la prima mascotte moderna a cui poi si ispireranno in seguito altre mascotte dei futuri eventi sportivi.

Durante la cerimonia di chiusura, fu issata per simboleggiare la prossima città ospite dei Giochi Olimpici, la bandiera della città di Los Angeles, e non la bandiera degli Stati Uniti: la bandiera fu poi consegnata dalle autorità russe al Presidente del CIO, e non al sindaco di Los Angeles. Questo è stato l'unico chiaro riferimento al boicottaggio durante tutta la durata dell'Olimpiade.


I PROTAGONISTI
Oltre agli Stati Uniti aderiscono al boicottaggio anche la Germania Ovest, la Norvegia, il Canada, il Giappone, il Kenya, l'Arabia, il Marocco, per un totale di ben 60 paesi su 141 facenti parte il CIO che rinunciano alle Olimpiadi di Mosca. Non c'è neanche la Cina che è da poco rientrata nel CIO, dopo esserne uscita negli anni Cinquanta per protestare contro l'ammissione di Taiwan
Altre nazioni come Francia, Belgio, Italia e Gran Bretagna, parteciparono ai Giochi ma senza bandiera né inno nazionale, presentandosi invece sotto le insegne del CIO.

80 nazioni gareggiarono quindi ai Giochi di Mosca. All'inizio furono 81 ma la Liberia abbandonò l'Olimpiade dopo aver sfilato durante la Cerimonia d'apertura. Nonostante il boicottaggio, ben sei nazioni fecero il loro debutto proprio in questa edizione dei Giochi Olimpici: Angola, Botswana, Giordania, Laos, Mozambico e le Seychelles. Lo Sri Lanka gareggiò per la prima volta con questo nome (prima si chiamava Ceylon), il Benin gareggiò sotto il nome di Dahomey e lo Zimbabwe partecipò per la prima volta con questo nome (prima era invece Rhodesia)

Nel medagliere il trionfo fu dell'URSS che favorita anche dall'assenza degli USA conquistò ben 80 medaglie d'oro, 69 d'argento, 46 di bronzo. Seconda fu la Germania Est: 47 medaglie d'oro, 37 d'argento, 42 di bronzo. L'Italia, che si presentò con una squadra incompleta per la forzata assenza degli atleti militari, si aggiudicò 8 medaglie d'oro, 3 d'argento, 4 di bronzo, passando quindi dal 14º posto di Montreal 1976 al 5º posto, prima tra le nazioni del blocco occidentale.


LE GARE
Naturalmente l'atletica è tra gli sport più colpiti dal boicottaggio, ma così non è per il mezzofondo veloce dove furoreggiano due inglesi, Steve Ovett e Sebastian Coe. I due sono tra le più grandi stelle dell'atletica degli ultimi anni, ma si sono sfidati pochissime volte, preferendo sempre tenersi alla larga l'uno dall'altro nei grandi meeting. Mosca è la grande occasione di sfida su due atti, 800 e 1500 metri. Si comincia dalla gara corta: Coe è il favorito, avendo da poco strappato il record mondiale a Juantorena (ormai distrutto dai problemi ai tendini), ma Ovett sfrutta l'azione del sovietico Kirov per portarsi avanti e nessuno riesce più a superarlo, con Coe che è argento. Si attende la risposta che arriva puntuale: sui 1500 è Ovett il favorito e la storica doppietta sembra probabile, ma Coe gli rende pan per focaccia battendolo in una specialità nella quale era imbattuto da tre anni, con un rettilineo finale al fulmicotone. Alla fine Ovett deve accontentarsi del 3° posto dietro anche al tedesco orientale Straub.
Un altro dei pochi personaggi di spicco dell'atletica è l'etiope Mirus Yfter. Con dei cambi di ritmo micidiali ai 200 metri conclusivi vince sia i 5000 che i 10000, ripetendo così la doppietta di Viren a Monaco e Montreal.
Entra nella storia il maratoneta Valdemar Cierpinski che doppia l'oro di Montreal, un'impresa riuscita solo a Bikila, anche se l'etiope era atleta in grado di regalare ben altro. Tra gli atleti più celebrati è senz'altro Daley Thompson, un inglese che domina il decathlon. Thompson è di madre scozzese e padre nigeriano: le sue capacità atletiche sono straordinarie ed il suo volto con i voluminosi baffoni diventerà uno dei più celebri dello sport anni Ottanta.

Con il pur leggero favore del dimezzamento della concorrenza l'Italia è tra le grandi protagoniste nell'atletica, con un tris d'oro. La caratura di queste medaglie resta però elevatissima perché a conquistarle sono campioni che segnano un'epoca nelle rispettive specialità imponendosi a livello mondiale per molti anni. Il primo è Pietro Mennea: lo sprinter pugliese ha stabilito l'anno prima il record del mondo dei 200 metri a Città del Messico con un 19.72 che resisterà per quasi vent'anni. A Mosca parte male finendo fuori nei 100 metri e sembra doversi ripetere la delusione di Montreal, cui ha fatto seguito un quadriennio di grandi alti e bassi, tra record, titoli europei, litigi con i giornalisti, polemiche, che fotografa bene il personaggio Mennea. Sui suoi 200 metri però arriva la svolta: l'avversario più temibile è lo scozzese Wells, già oro sui 100, che parte fortissimo ed esce per primo dalla curva. Mennea però trova il cambio di marcia e ad una manciata di metri dal traguardo riagguanta e supera Wells vincendo il sospiratissimo oro. Molto più amata dal pubblico è Sara Simeoni, la regina del salto in alto, che è tra le pochissime a spezzare il dominio delle misteriose donne dell'est nell'atletica. Anche lei è a Mosca con il record del mondo, stabilito a Brescia nel '78. In finale si trovano in 3 in gara alla quota di 1.97: la Simeoni, la polacca Kielan e la tedesca Kirst. Un salto buono può valere l'oro ed è la veronese a trovarlo al secondo tentativo, mentre le avversarie continuano a sbagliare. Il suo oro è il secondo nella storia olimpica italiana nell'atletica femminile dopo quello di Ondina Valla a Berlino '36. Il 3° oro azzurro nell'atletica lo porta via da Mosca il marciatore Maurizio Damilano nella 20 km. Piemontese di 23 anni, Damilano vince largamente e inizia una raccolta di medaglie che proseguirà per oltre un decennio, fino al titolo mondiale del '91 a Tokyo.

A consegnare ancora qualche campione agli archivi di questa Olimpiade debbono pensarci i padroni di casa sovietici. Nel nuoto brilla Vladimir Salnikov, un ventenne destinato ad una longevità stupefacente per questo sport. Le sue vittorie sono a prova di boicottaggio: nei 1500 metri abbatte per primo la barriera dei 15 minuti, nei 400 segna un nuovo record olimpico e completa con la staffetta. Tre ori per un campione che nel 1984 arriverà ad un'imbattibilità di 61 gare consecutive sui 1500 metri. Tra le donne le solite bioniche tedesche dell'est spazzano via tutte dalla piscina facendo razzia di medaglie e record.

Nella ginnastica è grandissimo un altro sovietico, Aleksandr Dityatin, che raggiunge la finale in tutte e sei le specialità. Le gare si disputano tutte nello stesso giorno, il 25 luglio, che vede Dityatin salire per ben 6 volte sul podio
Inutile aggiungere che è suo l'oro del concorso generale e quello a squadre, dove è in compagnia di un altro grandissimo, Andrianov. Dityatin diventa così il primo atleta a vincere 8 medaglie (con 3 ori, 4 argenti, 1 bronzo) in una sola Olimpiade, ma soprattutto sale agli onori per un 10 che gli viene tributato al volteggio. E' il primo uomo ad ottenere questo punteggio, 4 anni dopo la prima assoluta della Comaneci. La ragazza rumena è ancora in pedana a Mosca, ma qualche punteggio delle giurie la penalizza un po' a favore della padrona di casa Davydova, che si aggiudica l'oro del concorso generale. Alla Comaneci non resta che consolarsi vincendo alla trave e al corpo libero: successi che ripagano anche l'attesa spasmodica con cui viene seguita dai media, curiosi di ritrovare la bambina prodigio che ormai bambina non è più.

Nel ciclismo impressiona il sovietico Soukhouroutchenkov che fa corsa a sé e potrebbe fare chissà cosa tra i professionisti, ma è impedito al grande salto dal regime comunista. Una storia simile a quella del pugile Teofilo Stevenson, che incamera il 3° oro di fila nei massimi. Il pugile italiano Patrizio Oliva conquistò la medaglia d'oro nei superleggeri, prendendosi la rivincita sul sovietico Serik Konakbaev. Oliva ebbe anche la soddisfazione di vedersi assegnare anche la Coppa Baker quale miglior pugile del torneo a prescindere dalla categoria.

La Jugoslavia vinse il torneo di pallacanestro, battendo l'Italia, che in semifinale aveva eliminato la favorita squadra sovietica. Il secondo posto nel basket fu un grosso exploit per Dino Meneghin e compagni, capaci di approfittare al massimo dell'assenza degli statunitensi.

Ezio Gamba vince il primo titolo olimpico del judo italiano.


MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/UXIKZlU.png



L'ATLETA SIMBOLO

Aleksandr Dityatin (3 ori, 4 argenti, 1 bronzo tutti nella ginnastica)

http://www.federicomolinari.com.ar/wp-content/uploads/2012/02/dityiatin-1.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=ArRYdfWazs8

ataris
15-07-2016, 08:36
Giochi della XXIII Olimpiade
Los Angeles 1984

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/8/8b/LosAngeles1984_logo.gif/175px-LosAngeles1984_logo.gif




DATA: 28 luglio / 12 agosto
NAZIONI PARTECIPANTI : 140
NUMERO ATLETI: 6829 (5263 uomini, 1566 donne)
NUMERO DI GARE:221
DISCIPLINE:Atletica, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Judo, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallamano, Pallanuoto, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tiro, Tiro con l'arco, Tuffi, Vela



STORIA
Quattro anni prima, Mosca ha battuto l'unica rivale candidata, Los Angeles, per 39 a 20; stavolta, per il ritorno in California dopo 52 anni, Los Angeles non ha rivali, dopo un timido tentativo di Teheran. Samaranch intanto tesse le fila della ricucitura del movimento dopo il no di Carter, ma dietro l'angolo, temuta da tutti, c'è la ritorsione del blocco dell'Est. l primo segnale arriva dal quotidiano moscovita Izvyestiya, che fra ottobre e novembre 1983 segnala le condizioni anormali in cui i Giochi si svolgerebbero a Los Angeles; poi arriva la protesta della Germania Est, contro i formulari olimpici, compilati dagli atleti, giudicati offensivi.

Sembra che torni il sereno quando a dicembre il presidente del comitato olimpico sovietico visita Los Angeles: ma ancora le Izvyestiya a gennaio criticano le limitazioni di movimento dei sovietici previste dalle leggi di stato e lancia il messaggio: a maggio decideremo se andare o no. Le bordate aumentano, l'Urss parla di campagna anti-sovietica e di violazione della carta olimpica, dopo il rifiuto del visto d'ingresso a un membro della delegazione, che secondo gli Usa è un agente del KGB. Vero è che negli Usa ben 165 organizzazioni diverse stanno affilando le armi per rendere la vita difficile ai sovietici durante i Giochi; e l'8 maggio piomba la doccia fredda.
Mentre Samaranch incontra Reagan e la fiaccola comincia il suo viaggio negli Usa, arriva alle 17.31 un flash della France Presse: "Mosca - L'Urss non parteciperà ai Giochi olimpici di Los Angeles. Ufficiale". Spiegano i sovietici che le violazioni alla carta e allo spirito olimpico degli Usa e le condizioni di scarsa sicurezza per la delegazione sovietica sono all'origine di una decisione, che tuttavia ha il sapore di pan per focaccia.

I Giochi di Los Angeles rappresentarono un punto di svolta nell’organizzazione delle Olimpiadi. Il comitato organizzatore, presieduto da Peter Ueberroth, era un ente privato e, fedele alla filosofia imperante in America, mirava a fare utili. Il futuro commissioner della MLB, curiosamente nato nel giorno della morte del barone De Coubertin, diede vita a una aggressiva ricerca di sponsor privati, che si sostituirono al settore pubblico nel finanziamento delle strutture olimpiche. E alla fine il suo approccio fu premiato: i Giochi fruttarono oltre 250 milioni di dollari, un successo senza precedenti e soprattutto un modello da imitare.

Il comitato organizzatore della XXIII Olimpiade limitò al minimo indispensabile le spese per nuove strutture: l'unico impianto sportivo costruito per le Olimpiadi del 1984 fu la piscina McDonald, ubicata all'interno dell'Università della California. Il Memorial Coliseum (già sede dei Giochi del ‘32), adeguatamente ristrutturato, ospitò le gare di atletica e le cerimonie di apertura e chiusura.

La cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Los Angeles del 1984 fu una chiara risposta alla precedente sfarzosa cerimonia di apertura della passata edizione olimpica russa, che gli USA avevano boicottato. Inizialmente fu contattata la Disney per organizzare uno sfarzoso spettacolo cerimoniale. Le idee che avevano il Comitato Olimpico Organizzatore e l'azienda di Topolino si rivelarono però molto diverse, anche per quanto riguarda ai costi e così la Disney fu presto sostituita. La commissione decise di ingaggiare dei professionisti d'intrattenimento di Hollywood e in poco tempo venne realizzato un musical che raccontava la storia degli Stati Uniti d'America attraverso i secoli e la musica. Furono commissionati ben tre brani musicali per la cerimonia d'apertura, due dei quali divennero molto popolari e anche di un certo rilievo nella storia della musica. Il primo fu "Los Angeles Olympic Theme" del compositore John Williams; esso divenne forse il tema olimpico più famoso di tutti i tempi.
La cerimonia fu spettacolare, vivacizzata dall'esibizione di un 'uomo volante' che si librò sul Memorial Coliseum affidandosi alla propulsione di uno zainetto-jet portato sulle spalle. Come già a Mosca furono coinvolti gli spettatori, che sulle gradinate tenevano in mano un rettangolo colorato di plastica a formare un gigantesco puzzle rappresentante le bandiere degli Stati presenti a quei Giochi. Lo stadio era lo stesso di Los Angeles 1932, neppure particolarmente ristrutturato, data la politica al risparmio praticata da Ueberroth.

La cerimonia finale di Los Angeles fu sfarzosa ma non trionfalistica. Il mondo olimpico doveva fare i conti con tre boicottaggi consecutivi e Samaranch aveva già voluto lanciare la sfida delle sfide: l'appuntamento che al Coliseum fu dato, come da copione di chiusura, alla gioventù di tutto il mondo riguardava la capitale di una nazione ancora in guerra ufficiale con il suo confinante, una città piena di soldati. Si trattava di Seul, Corea del Sud, a 100 km dalle armate della Corea del Nord. Si parlò all'epoca di decisione pazzesca, di mancanza da parte del CIO di senso della realtà. Fu invece una decisione spavalda, aggressiva, ottimistica: insomma una decisione sportiva.


I PROTAGONISTI
L’8 maggio del 1984 l’URSS annunciò la propria rinuncia ai Giochi di Los Angeles: la motivazione ufficiale fu “mancanza di condizioni di sicurezza per la delegazione sovietica”, vista la Guerra Fredda, ma in realtà si trattava di una rappresaglia per il boicottaggio occidentale di quattro anni prima. E al njet sovietico si aggiunse quello di altri 17 paesi allineati, con la sola Romania controcorrente (e fece bene: seconda nel medagliere generale con 53 medaglie). In tutto le nazioni presenti alle seconde Olimpiadi californiane della storia saranno comunque 140, numero record, e tra queste si contò il ritorno della Cina, assente dal 1948.

Alla fine, 16 Paesi dicono "no" - l'Albania per cause indipendenti, come l'Iran, poi anche Alto Volta, Angola e Libia si astengono.L'Afghanistan fu l'ottava nazione a boicottare i Giochi del 1984.[7] L'Ungheria e la Polonia seguirono gli altri stati filosovietici rispettivamente il 16 e il 17 maggio, L'Ungheria si giustificò dicendo che la vita dei suoi atleti sarebbe stata messa in pericolo se avessero perso del tempo con i Giochi di Los Angeles, la Polonia disse che gli Stati Uniti erano impegnati in una "campagna volta a disturbare le Olimpiadi" e l'Unione Sovietica, aggiunse che la Casa Bianca era decisa a consentire qualsiasi possibile massacro degli atleti sovietici nei loro appartamenti: La Romania fu quindi l'unica nazione comunista filosovietica a partecipare alle Olimpiadi americane

I Paesi ai Giochi saranno 140, 18 in più del record di Monaco '72: ma è un record senza gioia.
Fecero la loro prima apparizione olimpica: Bahrain, Bangladesh, Bhutan, Isole Vergini Britanniche, Djibouti, Guinea Equatoriale, Gambia, Grenada, Mauritania, Mauritius, Yemen, Oman, Qatar, Ruanda, Samoa, Isole Salomone, Tonga e gli Emirati Arabi Uniti.


LE GARE
L'edizione di Los Angeles resta infatti un indubbio successo, economico ed organizzativo, a cui si aggiungono le presenze di grandi campioni, uno su tutti un velocista e saltatore americano che fa rivivere le epiche imprese di Jesse Owens.
I Giochi infatti trovano ben presto il protagonista indiscusso in Carl Lewis, un 23enne dell'Alabama che fa rivivere le gesta di Jesse Owens rivincendo le stesse gare del mitico campione di Berlino '36. Lewis si guadagna l'apellativo di Figlio del vento e solo il fatto di correre a livello del mare gli preclude la strada verso i record del mondo individuali, tutti stabiliti in altura. La sua forza però è chiara: Lewis è un predestinato, un talento naturale tra i più grandi che lo sport abbia mai conosciuto. Al Coliseum scende in pista per 13 volte in 8 giorni, sempre con grande sicurezze senza sbagliare una mossa. Del resto è imbattuto in tutte le sue gare da tre anni ed il suo dominio è rotondo e non toccato dal boicottaggio sovietico. Vince i 100 metri in 9.99, i 200 con uno strepitoso 19.80, il salto in lungo con 8.54 e la staffetta col primato mondiale di 37.83. Non sembra mai al limite, mai in difficoltà e forse anche per questo Lewis non conquista una simpatia pari al valore delle sue imprese. Sarà al tramonto della carriera che invece il pubblico gli si stringerà più attorno, come all'ultima apparizione olimpica nel '96, quando a 35 anni sarà ancora in grado di vincere la sua 9° medaglia d'oro. Un record di longevità davvero impressionante per delle discipline di un'universalità assoluta come velocità e salti.

Se Lewis vince ma non conquista per doti umane, ci sono invece un paio di atlete che non tornano a casa con medaglie ma raccontano sulle piste storie drammatiche che emozionano tutti. Mary Decker è una piccola mezzofondista americana martoriata da mille infortuni.
Dopo aver dovuto rinunciare a Mosca per il boicottaggio si rimette di nuovo in sesto con un ennesimo intervento ai tendini e conquista due titoli mondiali nei 1500 e 3000 metri. Los Angeles è la sua grande occasione, ma a metà della finale dei 3000 un contatto con l'altra favorita, la britannica d'origine sudafricana Zola Budd (che corre a piedi nudi) è fatale: Mary finisce per terra ed abbandona i suoi sogni, la Budd è solo 7° e l'oro va alla rumena Puica.
La svizzera Gabriela Anderssen Schiess fa invece rivivere le gesta di Dorando Pietri nella prima maratona olimpica femminile. La svizzera arriva nello stadio in preda ad una crisi di disidratazione, ma vuole finire a tutti i costi la gara. Il suo zigzagare sulla pista con le braccia ciondolanti tiene il pubblico col fiato sospeso ma il suo coraggio è premiato e la Anderssen riesce a concludere la gara, che per la cronaca va all'americana Joan Benoit.

Attesissimo sulla pista del Coliseum è Edwin Moses, già campione a Montreal 8 anni prima e appiedato a Mosca. Nel frattempo è diventato un autentico mito con una sequenza di vittorie iniziata nel 1977 e che si protrarrà fino al 1987 per la bellezza di 122 gare. Si è guadagnato anche il suo bel soprannome, il Profeta della solitudine, perché fa sempre gara a sé. A Los Angeles però i suoi 400 ostacoli deve sudarseli perché l'assalto del giovane connazionale Harris è convinto ed insidioso. Moses riesce a spuntarla, ma proprio Harris da qui inizia la sua rincorsa al grande rivale, riuscendo finalmente a sconfiggerlo 3 anni più tardi.

"Sfuggita" al boicottaggio di casa madre Russia, la Romania raccoglie un successo strepitoso a Los Angeles issandosi in un inedito e sorprendente 2° posto nel medagliere finale dietro agli americani con la bellezza di 53 medaglie complessive. Le ragazze della ginnastica, senza più la Comaneci ormai ritirata, lanciano la sfida alle padrone di casa che vengono un po' avvantaggiate dalle giurie. Nonostante questo portano a casa 4 ori con Ecaterina Szabo, uno a pari merito con la connazionale Pauca. La Romania fa man bassa nel canottaggio e nella canoa, ma si fa valere anche nell'atletica, dove Doina Melinte vince gli 800, la già citata Puica i 3000, la Stanciu il lungo.

Dalla piscina il nome forte che salta fuori è quello di Michael Gross, un tedesco soprannominato l'albatros per l'incredibile ampiezza delle sue bracciate. Gross sbalordisce nei 100 farfalla e nei 200 stile libero, ma anche nella staffetta dove è d'argento ma compie una fenomenale rimonta nei confronti degli americani che si ferma a poche bracciate dalla vittoria. Nei 200 farfalla invece Gross è battuto sorprendentemente da un australiano, Jon Sieben, che si migliora misteriosamente di ben 4 secondi nella finale olimpica. L'altro protagonista del nuoto è Alex Baumann, 20 anni, canadese, che è il re dei misti con il doppio oro 200-400 condito da altrettanti record mondiali.

Incanta Greg Louganis, il fenomeno dei tuffi, oro dalla piattaforma e dal trampolino. Louganis si allena per ore anche nella danza e trasforma il tuffo in una vera arte.

Ancora una volta il pugilato presentò il suo campione olimpico destinato al grande mercato della boxe professionistica sino al titolo mondiale: si trattò di Evander Holyfield, altro celebre nome dopo quelli di Clay, Frazier e Foreman. Holyfield era stato pronosticato facile vincitore del titolo dei mediomassimi, ma in semifinale contro l'australiano Kevin Barry sferrò il pugno del k.o. mentre l'arbitro comandava un break; Barry andò al tappeto per un tempo ben superiore ai dieci secondi, ma l'arbitro decise che Holyfield aveva sferrato il pugno dopo il comando e lo squalificò; furono inutili le proteste non solo di Holyfield, ma dello stesso Barry il quale, ripresosi, disse che il colpo gli era arrivato prima dello 'stop' arbitrale. Barry, traumatizzato in tutti i sensi, rinunciò alla finale e la medaglia d'oro andò allo iugoslavo Anton Josipovic, che non ebbe bisogno neanche di scendere sul ring. Lo stesso Josipovic poi volle che Holyfield, a quel punto medaglia di bronzo (il pugilato premia così entrambi gli sconfitti delle semifinali), nella premiazione salisse accanto a lui sul gradino più alto del podio.

Altri atleti di casa che entusiasmano sono quelli del basket che umiliano tutti quanti e non a caso. E' una squadra di universitari che raccoglie alcuni campioni destinati a fare storia, come Pat Ewing, Chris Mullin e soprattutto Michael Jordan
I francesi sconfiggono i brasiliani e vincono l'oro nel calcio mentre gli Stati Uniti vincono a sorpresa il primo posto nella pallavolo.

In America inizia invece l'avventura dei fratelli Carmine e Giuseppe Abbagnale con il timoniere Di Capua nel 2 con del canottaggio. I due pompeiani lasciano la barca rumena a 5 secondi, un abisso, diventando ben presto un simbolo di quello sport minore fatto di umiltà, poca gloria e tanti sacrifici.
Sara Simeoni, giunta alla quarta finale olimpica di salto in alto, si classifica seconda, superando la più che rispettabile misura di 2 metri
Alberto Cova conquista i 10000 metri piani. A Los Angeles l'atleta azzurro riconfermò la superiorità sugli avversari già precedentemente dimostrata agli Europei di Atene del 1982 e ai Mondiali di Helsinki dell'anno prima.
Alessandro Andrei con la misura di 21,26 m, conquista il getto del peso
Dopo la delusione di Mosca la scherma italiana riprese a conseguire medaglie d'oro. Strepitosa fu quella di Mauro Numa nel fioretto: mancava un minuto alla fine della contesa e il tedesco Matthias Behr stava conducendo per 7 a 3, Numa riuscì a pareggiare sul 9 a 9 e poi a piazzare la stoccata dell'oro. Terzo in quella stessa arma fu Stefano Cerioni che poi con Numa, Andrea Borella, Andrea Cipressi e Angelo Scuri vinse l'oro a squadre.



MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/RNaSzSU.png



L'ATLETA SIMBOLO

Carl Lewis (4 ori: 100 m, 200 m, 4x100 m e salto in lungo )

http://i37.tinypic.com/s2sh2s.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=IhmCi6hztPs

ataris
19-07-2016, 13:23
Giochi della XXIV Olimpiade
Seoul 1988

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/e/e4/Seul1988_logo.jpg/175px-Seul1988_logo.jpg




DATA: 17 settembre / 2 ottobre
NAZIONI PARTECIPANTI : 159
NUMERO ATLETI:8391 (6197 uomini, 2194 donne)
NUMERO DI GARE:237
DISCIPLINE:Atletica, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Judo, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallamano, Pallanuoto, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tennis, Tennis da tavolo, Tiro, Tiro con l'arco, Tuffi, Vela



STORIA
Con gli splendidi Giochi di Seul del 1988 si chiusero molte epoche. Quella dei boicottaggi, che avevano condizionato le olimpiadi dal ’76 in poi; quella del dilettantismo, con il ritorno dello sport professionistico per eccellenza, il tennis, dopo 64 anni di esilio; e quella della supremazia del blocco sovietico, ormai prossimo a dissolversi. Eppure, questa edizione magnificamente organizzata dai coreani ne aprì un’altra: quella del doping.

Scatena molte discussioni la decisione del Cio, presa nel settembre del 1981, di assegnare i Giochi a Seul e alla Corea del Sud. Sono diversi i Paesi che non intrattengono relazioni diplomatiche con il troncone di influenza occidentale in cui è divisa la Corea dopo la guerra che ne ha determinato il frazionamento.
Si esce appena dal boicottaggio dei Giochi di Mosca, al momento della decisione, e sembra questo proprio un dispetto ai sovietici e ai Paesi del blocco orientale. Nel luglio del 1985 la Corea del Nord muove le acque chiedendo di co-organizzare i Giochi assieme a quella del Sud, con la quale non ha rapporti da un ventennio ( i due Paesi sono separati da una linea smilitarizzata che è spesso terreno di incidenti). Nei tre anni successivi, in effetti, Samaranch negozia con i nordcoreani e propone loro di ospitare alcune discipline: ma i nordcoreani pretendono lo stesso status di quelli del Sud e un numero eguale di gare. Il Cio non può aderire - ai sudcoreani d'altra parte non va bene che neppure un minuto dei Giochi si disputi al Nord - e la conclusione è quella logica: la Corea del Nord annuncia il suo no ai Giochi.

E' un appuntamento importantissimo per il paese ospitante, che si apre al mondo dando un'immagine di modernità ed efficienza. Ma è un momento atteso anche per il movimento olimpico, che ne esce rinvigorito e con un'immagine totalmente nuova e positiva. Sono Giochi universali anche dal punto di vista televisivo, anche grazie alle doti manageriali del presidente del CIO, lo spagnolo Juan Antonio Samaranch, che fa raggiungere all'evento una portata mediatica straordinaria.I Giochi dominati dalla politica sembrano di colpo lontanissimi ed il mondo sembra riscoprire il fascino dell'avventura a cinque cerchi.
Per la prima volta, i professionisti dello sport si vedevano riconosciuto il diritto di competere ai Giochi (con la sola eccezione, al momento, per i pugili professionisti, i giocatori di basket della NBA e i calciatori professionisti al di sopra dei 23 anni). Anche il tennis era stato riammesso con una deliberazione avvenuta nella sessione del CIO del 1987, a Istanbul. Dopo 64 anni questa disciplina riappariva nei programmi dell'Olimpiade e il torneo avrebbe visto presenti i migliori giocatori. A testimonianza del peso di quel ritorno l'argentina Gabriela Sabatini, star del tennis, fu la portabandiera del suo paese nella cerimonia d'apertura (il torneo femminile venne vinto dalla tedesca Steffi Graf, che in finale batté proprio Sabatini). Inoltre, il tennis da tavolo ‒ o ping-pong, reso celebre perché utilizzato per una ripresa di contatti in campo diplomatico tra Cina e Stati Uniti ‒ veniva per la prima volta introdotto ai Giochi: Corea del Sud e Cina si sarebbero divise le vittorie nelle quattro gare in programma.
Seul ha inoltre segnato l'ingresso degli atleti professionisti, grazie al ritorno del tennis nel programma olimpico. Si annovera inoltre l'inserimento del baseball e del taekwondo tra le discipline dimostrative.



I PROTAGONISTI
A seguito del no da parte della Corea del Nord, si teme a questo punto un nuovo effetto-catena del boicottaggio: Cuba e l'Etiopia (mancano anche Nicaragua, Albania e Seychelles, ma per ragioni diverse) appoggiano la decisione nordcoreana e si astengono dai Giochi, ma il resto dell'Est conferma la sua adesione.
A Seul - e sarà l'ultima volta - torna dunque dopo 12 anni un confronto fra Germania Est, Usa e Urss, dove il vento di Gorbaciov sta cambiando molte cose. Si creano dunque le condizioni per riprendere l'escalation di Paesi partecipanti e di gare: un problema che il Cio si decide ad affrontare dopo l'edizione nordcoreana e che sfocerà nella limitazione del numero di atleti presenti.

Ai giochi di Seul '88 presero quindi parte 159 nazioni. Aruba, Samoa, Brunei, le Isole Cook, Guam, le Maldive, Vanuatu, Saint Vincent e Grenadine, e lo Yemen del sud parteciparono per la prima volta a un'edizione dei Giochi olimpici. Per lo Stato arabo sarà anche l'ultima poiché due anni dopo si unirà con lo Yemen del nord sotto il nome di Yemen.

L'Unione Sovietica si classifica prima nel medagliere con 132 medaglie (55 ori), precedendo la Germania Est con 102 (37 ori) e gli Stati Uniti con 94 (36 ori).


LE GARE
Sono da poco passate le 19 in Italia, quando un brivido corre fra le redazioni e l'agitazione si impossessa degli inviati a Seul, sede di un'Olimpiade che ha segnato la riconciliazione dei blocchi nonostante la provocazione d'essere organizzata in un Paese che molti stati dell'Est europeo non riconoscono. Si parla di un grossissimo caso di doping, che coinvolgerebbe una delle più grandi stelle dell'Olimpiade. Quattro anni prima, a Los Angeles, s'è verificato un inquietante precedente: i contrassegni di identificazione dei campioni prelevati dalle urine di 11 atleti vincitori di medaglie sono stati rubati, nella stanza d'albergo del principe de Merode, che presiede la commissione medica del Cio. Analizzati ugualmente in via ufficiosa, quei campioni mostrano casi conclamati di doping: ma è impossibile risalire con certezza agli autori della frode sportiva. Il Cio non ha digerito quell'episodio, e attende al varco alcuni dei protagonisti delle gare di Seul. E' domenica 25 ottobre: il giorno prima, con una fantastica prova suggellata dal record del mondo, 9"79, il canadese Ben Johnson ha stroncato Carl Lewis che puntava a confermarsi olimpionico dei 100, e ha irriso gli avversari, con il dito alzato sul traguardo. Le sue urine vanno al centro di analisi, divise in campione "A" e "B": quello "A", anonimo, viene riscontrato positivo, con tracce di un anabolizzante, lo stanozolol. De Merode è in possesso del campione "B" e del nome, ed è il primo a sapere che esso appartiene a Ben Johnson. All'1.45, una sua lettera viene recapitata alla delegazione canadese; e la capo-delegazione Letheren informa Johnson. Tre ore dopo, il responso è confermato dall'esame sul campione "B", e alle 3 e mezzo del mattino la Letheren torna da Johnson, e chiede la consegna della medaglia d'oro. Alle 10, il Cio informa il mondo con una conferenza stampa. Johnson è solo il 43° atleta squalificato per doping nella storia dei Giochi, ma è il primo vero grande nome della storia, e l'impressione è vivissima.
Johnson nega ogni responsabilità, accenna al sabotaggio, a una birra che gli sarebbe stata offerta, ma è lo stesso Governo canadese ad aprire un'inchiesta: e in una drammatica doppia testimonianza il tecnico di Johnson, Francis, e il suo medico, Astaphan, testimoniano la verità. Johnson assume steroidi dal novembre 1981, ha usato dianabol, stanozolol e furazabol, oltre al testosterone, cercando poi di mascherare le sostanze assunte con diuretici; ha anche usato il famigerato, e ancor più pericoloso, ormone della crescita. Astaphan prepara le sostanze, e scrive sulle bottigliette "non assumere nei 28 giorni precedenti la gara", ma ne inietta una dose a Johnson 26 giorni prima della finale olimpica, per favorire il recupero dopo un incidente muscolare subito a Zurigo. Era un'iniezione di Winstrol-V, un ormone utilizzato per ingrassare i vitelli prima che vadano al macello.
Al macello, invece, va Johnson: ammette le sue colpe e d'aver mentito, incassa anche la revoca postuma del record del mondo ottenuto ai Mondiali di Roma '87, che l'Iaaf gli commina anche se all'epoca Ben era risultato negativo. Due anni di sospensione, poi il ritorno nel '91: a Barcellona gareggia, ma non è quello di prima ed è eliminato in semifinale. Dopo un meeting indoor del 17 gennaio '93, è trovato di nuovo positivo per testosterone e squalificato a vita. Ha perso tutto: il suo oro di Seul è stato dato a Lewis, lo sport lo ha cancellato dalla sua storia.

Anche al femminile c'è una specie di Ben Johnson nella velocità: si chiama Florence Griffith-Joyneer ed improvvisamente, poco prima dei Giochi, si è messa a fare tempi che le permetterebbero di rivaleggiare con gli uomini. La Griffith insospettisce tutti, ma l'antidoping non riuscirà mai ad inchiodarla. A Seoul umilia le avversarie sia nei 100 che nei 200, abbattendo quasi mezzo secondo al record della distanza lunga. Con le sue tutine attillate e le unghie lunghissime dà anche una nuova immagine della donna atleta, lontanissima dalle altrettanto sospette virago dell'Europa orientale. Le staffette sono l'apoteosi : arriva al 3° oro sulla 4x100, mentre nella 4x400 compie un recupero formidabile ma deve accontentarsi dell'argento per la poca competitività delle compagne. Nel tempo l'alone di mistero si infittisce: poco dopo i Giochi la Griffith si ritira dall'attività e 10 anni dopo morirà improvvisamente per cause mai chiarite.

Tra le gare più avvincenti dell'atletica è senz'altro la tradizionale maratona che chiude i Giochi e che per la prima volta vede il trionfo di un italiano, il veneto Gelindo Bordin. La gara sembra arridere a due africani, il keniano Wakihuri e il gibutiano Salah. Negli ultimi 3 km però Bordin compie la storica rimonta e stacca gli avversari entrando da solo nello stadio con il grande telecronista RAI Paolo Rosi che lo accoglie con il commosso "Gelindo, hai battuto gli uomini degli altipiani, tu che vivi in pianura".
A Seoul arriva anche il momento di Sergey Bubka, il monumento del salto con l'asta che ha cambiato la storia di questa disciplina con il suo mix di tecnica e velocità. A Seoul Bubka deve sudarsi fino in fondo il sospirato oro olimpico con un salto conclusivo a 5.90. Tra infortuni ed errori questa resterà l'unica medaglia olimpica per Bubka che proverà a rivincere altre 3 volte ma senza fortuna. In compenso chiuderà la carriera con 6 titoli mondiali (ininterrottamente campione dal 1983 al 1997) e 35 record del mondo tra indoor e all'aperto.
I keniani si impadroniscono del mezzofondo con gli 800 di Ereng, i 1500 di Rono, i 5000 di Ngugi e i 3000 siepi, dove sarà sempre partita interna, di Kariuki

Il nuoto va via nel segno di due campioni che fanno incetta di medaglie. Il primo è l'americano Matt Biondi che arriva a Seoul con l'intento di eguagliare il record di 7 ori di Spitz. Non ci riesce ma sale comunque sul podio in tutte le gare, con 5 ori. Per la verità inizia male finendo sconfitto nella prima gara, i 100 farfalla, per mano di Anthony Nesty, che viene dal piccolo Suriname e diventa il primo uomo di colore a vincere un oro nel nuoto olimpico. Finita prima di cominciare la grande corsa a Spitz, Biondi perde anche la sua seconda gara, i 200 stile libero, per mano dell'altro americano Armstrong. Ma da qui Biondi innesta la marcia vincente collezionando gli ori dei 50 e 100 stile libero e delle tre staffette. Certo, la sfida a Spitz è persa, ma 5 ori sono un bottino comunque memorabile. Fa en plein invece la tedesca dell'est Kristin Otto che partecipa a 4 gare individuali e alle 2 staffette (tra le donne non c'è la 4x200) vincendo 6 ori. La Otto tra l'altro riesce ad imporsi in tre stili diversi, farfalla, dorso e libero, cosa mai tentata, neanche da Spitz.

Tra le stelle in terra coreana splende ancora quella di Greg Louganis. Il tuffatore americano vive un dramma nella gara del trampolino: durante le eliminatorie sbatte violentemente la testa contro il trampolino stesso causandosi una profonda ferita che insanguina l'acqua. Luoganis qualche anno dopo confesserà di aver contratto l'AIDS già ai tempi di Seoul e questo farà tremare i suoi avversari. Alla finale Louganis si presenta partendo dal 3° posto per l'errore del giorno precedente e nonostante l'infortunio dà spettacolo recuperando la vetta della classifica e vincendo un altro oro. Più semplice è invece l'affermazione dalla piattaforma: i Giochi possono così salutare il più grande tuffatore di tutti i tempi

Le barriere cadono ovunque nel mondo sul finire del decennio ed anche le Olimpiadi nel loro piccolo proseguono nella svolta verso l"apertura ai professionisti. Nell'88 è la volta del tennis. Tra le donne la tedesca Staffi Graf completa una stagione da favola che l'ha vista completare il Grande Slam: qui batte la sua rivale storica, l'argentina Sabatini. Tra gli uomini è Miroslav Mecir, un ceco chiamato "gattone" a vincere l'oro sull'americano Mayotte.

Protagonista di un'impresa unica è la ciclista Corista Rothenburg: qualche mese prima ha vinto un oro ai Giochi invernali di Calgary nel pattinaggio di velocità e qui vince un argento nel ciclismo su pista. E' la prima volta che un atleta vince nello stesso anno sia ai Giochi estivi che a quelli invernali.

La ginnastica è alla perenne ricerca di una nuova Comaneci e sembra trovarla in Daniela Silivas, rumena che vince 3 ori e 6 medaglie complessive e si prende il suo bel 10 alle parallele. Tra gli uomini i sovietici fanno man bassa in palestra, guidati da Vladimir Artemov, 5 ori

Il torneo di boxe si risolse in una serie scandalosa di verdetti e di risse da angiporto, più che da ring olimpico. Le giurie, spesso parziali, spesso incompetenti, sono una antica piaga di questo sport, ma a Seul fu toccato il fondo. L'International boxing association, la federazione che governa il mondo dilettantistico del pugilato, dovette correre ai ripari con una serie di riforme che sarebbero poi entrate in vigore nel 1992.

Il calcio olimpico fu, ancora una volta, una delusione per l'Italia, sconfitta nella seconda gara del torneo dallo Zambia per 4-0: un episodio clamoroso che ripropose il problema di come i nostri professionisti snobbassero, anche in chiaro accordo con i dirigenti dei rispettivi club, la partecipazione ai Giochi. Gli azzurri superarono il primo turno e i quarti di finale per poi essere sconfitti in semifinale dall'URSS e perdere anche la finale per il terzo posto contro la Germania Ovest. Il titolo olimpico andò all'Unione Sovietica, che batté per 2-1 il Brasile di Romario, Bebeto e Taffarel.

Dopo i ricchissimi carnieri di Mosca e Los Angeles l'Italia torna a misurarsi col mondo intero e chiaramente il medagliere non può essere numericamente lo stesso. Ne esce comunque una bella Italia, che porta via medaglie pregiate soprattutto negli sport di fatica, come con Bordin e i soliti fratelli Abbagnale. I pompeiani si ripetono come a Los Angeles mettendosi alle spalle Germania Est e Gran Bretagna. Anche un altro Abbagnale, il terzo della stirpe, sale sul gradino più alto: è Agostino che insieme a Tizzano, Farina e Poli, vince il 4 di coppia. Il 4° oro nel nostro racconto è quello del pugile Giovanni Parisi, calabrese peso puma che regala lampi di classe. In finale impiega pochissimo per mettere al tappeto il rumeno Dumitrescu e a conquistare la vittoria. Molto più sudata la vittoria del fiorettista Stefano Cerioni che inizia male, è costretto ai ripescaggi, ma poi arriva fino in fondo e vince l'oro. L'ultimo dei sei ori azzurri è di Vincenzo Maenza, il piccolo lottatore che si riconferma nella greco romana: un'altra vittoria costruita con grandi sacrifici per rientrare nella categoria dei 48 kg di peso.



MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/6ARrIDe.png



L'ATLETA SIMBOLO

Matt Biondi (5 ori, 2 argenti e 1 bronzo nel nuoto )

https://s-media-cache-ak0.pinimg.com/236x/dd/4d/a8/dd4da8fded66579a19b089e3d80ea793.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=52pzKfsru0E

ataris
21-07-2016, 08:16
Giochi della XXV Olimpiade
Barcellona 1992

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/d/d8/Barcellona1992_logo.jpg/175px-Barcellona1992_logo.jpg




DATA: 25 luglio / 9 agosto
NAZIONI PARTECIPANTI : 169
NUMERO ATLETI:9356 (6652 uomini, 2704 donne)
NUMERO DI GARE:257
DISCIPLINE:Atletica, Badminton, Baseball, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Judo, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallamano, Pallanuoto, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Sollevamento pesi, Tennis, Tennis da tavolo, Tiro, Tiro con l'arco, Tuffi, Vela



STORIA
Ciò che era riuscito al solo de Coubertin, che ne aveva tuttavia tratto più di un motivo d'amarezza, cioè far disputare un'edizione dei Giochi estivi nella propria città, riesce a Juan Antonio Samaranch, il catalano che è alla guida del Cio dal 1980, e che ne regge ancor oggi le sorti per quello che lui stesso ha irrevocabilmente definito, a 80 anni appena compiuti, il suo ultimo mandato.
Per l'edizione '88, Seul aveva battuto una sola rivale, Nagoya, con un netto 52-27: Stavolta, a contendere alla capitale della Catalogna il diritto di ospitare i Giochi sono altre cinque città: subito eliminate Birmingham e Amsterdam, poi Brisbane, infine Belgrado, resta sola Parigi a contrastare gli spagnoli. Sarebbe per la Ville Lumière la terza volta, un record in chiave estiva: ma nella votazione finale - , precisa subito Samaranch - per 29 a 19 prevale Barcellona.

Devono essere i Giochi della riconciliazione finale, ma la caduta del muro di Berlino e il nuovo assetto dell'Est europeo rimescola grandemente le carte in tavola. Scompare l'Urss, sostituita dalla Comunità di Stati Indipendenti (CSI), la federazione che sopravvive per poco al dopo Gorbaciov, prima della successiva divisione in repubbliche indipendenti. Estonia, Lettonia e Lituania sono di nuovo stati sovrani, le Germanie sono riunite in una sola, la Jugoslavia del dopo Tito si spezza in differenti realtà.
Con molto realismo, Samaranch affronta queste nuove situazioni: accetta la CSI al posto dell'Urss, chiamandola "Squadra Unificata", concedendo però bandiera e inno nazionale alle repubbliche che la compongono, e risolve la questione jugoslava, accettando la partecipazione dei suoi atleti a titolo individuale.

Il mondo si riconcilia con l'Olimpiade e con la sua universalità, grazie alle grandi stelle di grandi sport che vi prendono parte, ormai sparita la distinzione fra dilettanti e professionisti. La distinzione ha già perso significato da tempo nel mondo reale, là fuori dai cinque cerchi: ora ne prende atto anche il Cio E grazie a un meraviglioso programma sostenuto da Governo e sponsor, la Spagna mostra al mondo quanto possa essere stimolo a migliorare l'essere padrona di casa in una competizione olimpica: fino al punto da conquistare, fra i 13 ori complessivi, anche quello della gara di arco a squadre maschile, nonostante alcuno dei componenti la formazione spagnola fosse finito meglio che 29° nella gara individuale.

Anche a livello più propriamente sportivo le novità sono molte: entrano nel programma il judo femminile, il badminton ed il baseball. Quest'ultimo era stato presente ben 6 volte ai precedenti Giochi ma sempre come sport dimostrativo, cioè senza entrare nel medagliere ufficiale. A tal proposito il CIO decide che d'ora in poi non ci saranno più sport dimostrativi: o dentro al 100% o niente. Altra iniziativa del CIO è la Tregua Olimpica, l'appello all'interruzione di ogni ostilità bellica per il periodo dei Giochi, che viene qui lanciata per la prima volta.
Già a Seul, con l’ammissione del tennis, era stato chiaro che l’epoca del dilettantismo (spesso solo di facciata, come insegna il “dilettantismo di stato” dei paesi ex-comunisti) stava per chiudersi. E a Barcellona arrivò la conferma definitiva, quando gli Stati Uniti mandarono i pro dell’NBA a giocarsi il torneo di basket. Michael Jordan, Magic Johnson, Larry Bird e compagni schiantarono tutti gli avversari, incontrando una discreta resistenza solo da parte della fortissima Croazia in finale: il “Dream Team” del 1992 è considerato da molti la più grande squadra mai assemblata in qualsiasi sport.

La cerimonia di apertura dei giochi venne realizzata dalla compagnia teatrale La Fura dels Baus. L'inno dell'Olimpiade, Barcelona, fu composto e cantato da Freddie Mercury (scomparso l'anno prima), cantante del gruppo rock dei Queen, insieme al noto soprano spagnolo Montserrat Caballé, e racchiude musica lirica e rock mescolando inglese e spagnolo. I Giochi cominciarono il 25 luglio, giorno di San Giacomo (uno dei patroni di Spagna) e l'ultimo tedoforo fu un paraplegico, l'arciere paralimpico Antonio Rebollo, che incendiò il braciere con una freccia (in realtà lo mancò per motivi di sicurezza).

Certamente il peso finanziario complessivo fu alto, assai più di quanto programmato: esso crebbe del 300% fino a 2,37 miliardi di dollari (al valore del 1992, rispetto ai 667 milioni del budget iniziale). Ma la città fu completamente rifatta e alla fine i cittadini ‒ che avevano dovuto sopportare il fardello delle spese e i conseguenti aumenti delle tasse ‒ capirono che ne era valsa la pena. Oggi, Barcellona è universalmente riconosciuta come una delle più belle e sviluppate città del mondo. E se è vero che il COOB chiuse i suoi conti con un surplus di soli 3,8 milioni di dollari, su un attivo previsto di 350, è altrettanto vero che i contratti televisivi procurarono al CIO entrate totali per 638 milioni di dollari, di cui 401 milioni dalla NBC.


I PROTAGONISTI
Quattro anni dopo Seul, l’Olimpiade riaprì i battenti su un mondo che era completamente cambiato a causa del crollo del blocco sovietico, che aveva riscritto i confini di mezza Europa. L’URSS non c’era più: al suo posto si presentò a Barcellona una vasta delegazioni di atleti ex-sovietici con la denominazione di Squadra Unificata o CSI; la Germania era finalmente unita, la Cecoslovacchia unita per l’ultima volta, mentre nuove nazioni salivano alla ribalta.
Si vedono quindi bandiere ucraine, bielorusse... che annunciano quella che è la nuova realtà. Per la Jugoslavia invece la situazione è più complessa: Croazia, Bosnia e Slovenia gareggiano normalmente, mentre alla Serbia, soggetta a sanzioni ONU per l'aggressione a Croazia e Bosnia, viene concesso di far partecipare i propri atleti nelle prove individuali sotto la bandiera del CIO. Si segnala anche il ritorno di Cuba, assente nelle ultime due edizioni, così come quello dell'Etiopia
E, naturalmente, i Giochi di Barcellona fecero registrare record sia nel numero di paesi iscritti (169) che di atleti (9356).

Nel medagliere la Cina, grazie al nuoto femminile, si piazza al quarto posto (54 medaglie, 16 ori), dietro sovietici, statunitensi e tedeschi. Quanto alla Spagna, colleziona quasi più medaglie (22, 13 ori) di quanto non abbia fatto in un secolo (26 dal 1896). L'Italia, a quota 19 nel medagliere, con 6 ori, chiude con l'oro del Settebello di pallanuoto, erede dei campioni di Roma 1960.


LE GARE
Se in molti sport il giochino con cui si costruiscono squadre formate dai più forti giocatori di sempre sono destinati a rimanere nei sogni, a Barcellona gli appassionati di basket hanno la fortuna di vedere realizzata l'utopia. Il CIO apre infatti le porte ai professionisti della NBA e gli Stati Uniti allestiscono una squadra a cui rispondono presente tutti i più grandi campioni di una generazione forse irripetibile. Ci sono " Larry Bird, Magic Johnson, David Robinson, Patrick Ewing, Scottie Pippen, Michael Jordan, Clyde Drexler, Karl Malone, John Stockton, Chris Mullin, Charles Barkley, Christian Laettner, allenati da Chuck Daly. L'attesa per lo spettacolo di questo che viene subito definito il "Dream Team" è altissima e viene ripagata appieno. Con numeri incredibili i fenomeni americani conquistano vittorie ed applausi, lasciando gli avversari sempre a più di 30 punti di distanza. Essi dominarono vincendo otto partite su otto, realizzando 938 punti (con una media-record di 117,5 punti a partita), subendone 588, battendo in finale (117-85) un avversario agonisticamente forte e molto orgoglioso, la Croazia, che presentava atleti del valore di Drazen Petrovic, Dino Radja, Toni Kukoc. Arrivati ai Giochi un po' da sopportati, gli strapagati campioni alla fine si fanno travolgere dal fascino olimpico e manifestano tutta la gioia per quest'avventura così particolare e diversa dal loro mondo abituale. Per "Magic" Johnson i Giochi hanno un significato diverso: l'anno precedente ha scoperto di essere sieropositivo e questa è la sua sfida alla malattia.

Tra le tante belle gare di atletica che vanno in scena a Barcellona spicca quella dei 10000 femminili che acquista un significato ben più ampio di quello agonistico. Ad attaccare poco dopo metà gara è la sudafricana bianca Elana Meyer a cui si aggrega la giovanissima etiope Derartu Tulu. La Tulu resta in scia alla sudafricana fino quasi all'ultimo giro, quando piazza il suo cambio di ritmo al quale la Meyer non può più controbattere. E' lo scatto verso l'oro: una volta tagliato il traguardo la Tulu attende la Meyer e insieme le due compiono il giro di pista per raccogliere l'applauso del pubblico. Una bianca sudafricana e una ragazza dell'Africa nera che festeggiano insieme subito dopo la caduta dell'apartheid: un simbolo di speranza per l'Africa del futuro.
Sono avvincenti anche le gare di velocità tra le donne: nei 100 metri l'americana Gail Devers vince una finale incertissima che racchiude le prime cinque in appena sei centesimi di secondo. La Devers, che l'anno prima ha rischiato l'amputazione di un piede per una rara malattia, va letteralmente ad un passo dalla storica doppietta con i 110 ostacoli, ma inciampa sull'ultima barriera quando è lanciata alla vittoria. Ad imporsi è così una grande sorpresa, la greca Patoulidou, una meteora. Sui 200 arriva l'ennesima delusione per la giamaicana Merlene Ottey, ancora sul podio ma solo al bronzo dietro all'americana Torrente e alla connazionale Cuthbert.

Tra gli uomini spicca invece l'inopinata eliminazione di Sergey Bubka nelle qualificazioni del salto con l'asta. Lo zar fallisce tutti i suoi tentativi tra 5,70 e 5,75 e lascia così via libera a Maxim Tarassov, un avversario quasi sempre strabattutto da Bubka.
La vittoria del britannico Linford Christie nei 100 m uomini servì a modificare una credenza a lungo considerata come verità scientifica, cioè che dopo una certa età si debba registrare un'inesorabile perdita di fibre veloci, o bianche, nelle cellule muscolari, tanto da rendere impossibili miglioramenti o grandi prestazioni sulle prove di sprint. Christie, diventando campione olimpico in 9,96″, provò che anche a 32 anni un atleta può essere competitivo nella gara più esplosiva dello sport. In realtà già l'anno prima, in occasione dei Mondiali di Tokyo, Christie era stato uno dei protagonisti della finale forse più bella di tutta la storia dei 100 m, quella che vide Carl Lewis vincitore in 9,86″, seguito da Leroy Burrell (9,88″), Dennis Mitchell (9,91″), Christie (9,92″, suo primato personale), il namibiano Frank Fredericks (9,95″) e il giamaicano Raymond Stewart (9,96″)
Sui 200 è l'americano Mike Marsh a stupire. In semifinale Marsh fa un 19.73 quasi fermandosi negli ultimi metri, appena un centesimo oltre il limite mondiale ancora in mano a Mennea. In finale non ripete l'exploit ma la vittoria è comunque sua. Sia sui 100 che sui 200 è d'argento un giovane ingegnere minerario della Namibia, Franckie Fredericks, che conquista le prime medaglie per il suo paese. Lewis si rifà nella 4x100 e nel lungo dove vince l'ennesimo duello col connazionale Powell, colui che l'anno prima aveva strappato l'annoso record a Beamon con un 8.95

Dalla ginnastica emerge una delle più grandi star di sempre, il bielorusso Vitaly Scherbo, che gareggia sotto le insegne della CSI. Scherbo è il ginnasta più completo che si sia mai visto ed i suoi esercizi sono al limite della perfezione agli anelli come al volteggio e agli altri attrezzi. Conquista 6 medaglie d'oro di cui 4 nella stessa giornata, un poker mai verificatosi in tutta la storia dei Giochi. Il 7° oro, al corpo libero, gli sfugge per poco, per un errore nel finale dell'esercizio. Scherbo diventa comunque il primo ginnasta a vincere 6 ori nella stessa Olimpiade. Il futuro però non sarà altrettanto dorato per Scherbo: dopo un incidente in auto, in cui lui resta ferito e la moglie finisce in coma, cade nell'alcolismo. La favola però avrà lieto fine: la moglie di Vitaly si riprenderà e ad Atlanta il campione sarà di nuovo in pedana dopo aver superato tutti i suoi problemi.

Dopo essere diventata la più giovane campionessa olimpica quattro anni prima (titolo strappatogli qui dalla giapponese Iwasaki) l'ungherese Pristina Egerszegi si impone qui come una vera principessa della piscina. Forte, elegante, e così lontana dalle macchine della DDR imbattibili nelle edizioni precedenti, la Egerszegi trionfa nei 400 misti e nelle due gare di dorso, 100 e 200. Le tedesche, dal canto loro, spariscono dalle scene dopo la riunificazione della Germania, ma in compenso arrivano le cinesi: dalla padella nella brace, pensano gli scettici di fronte alle vittorie delle orientali, che si impongono nei 50 e nei 100 stile libero. Limpida è senz'altro la vittoria di Janet Evans, la tricampionessa di Seoul che si ripete negli 800 stile libero. Tra gli uomini sale alla ribalta un russo, Alexandr Popov, destinato a scrivere la storia. Qui vince sia i 50 che i 100 stile libero iniziando il suo lungo regno nella velocità che lo porterà ad essere uno dei campioni più celebrati della storia del nuoto.

Una storia curiosa arriva dall'hockey prato: il tedesco Andreas Keller vince l'oro con la sua nazionale. Non ci sarebbe niente di strano fin qui, se non che Keller è figlio e nipote di medaglisti olimpici: il padre ha vinto un oro nel '72, il nonno un argento nel '36!

Nel ciclismo le prove olimpiche di Barcellona furono dominate da un fattore in parte tecnico in parte umano: l'inglese Chris Boardman si presentò con un bicicletta rivoluzionaria, leggerissima (9 kg di peso), disegnata da Mike Burrows e realizzata dalla Lotus secondo principi aerodinamici nuovissimi. Nella prova a cronometro individuale sui 4 km in pista, Boardman fece quel che nessuno aveva mai fatto: doppiò l'avversario. Per la Gran Bretagna quella fu la prima medaglia d'oro nel ciclismo dal 1920.

La Spagna padrona di casa è la grande sorpresa dei Giochi, con ben 13 ori. Uno dei più attesi è quello del calcio, dove però gli arbitri la trattano con i guanti di velluto. Sono invece ineccepibili le vittorie di Cuba nella pallavolo femminile e del Brasile in quella maschile, dove l'Italia di Velasco è eliminata nei quarti di finale dall'Olanda, un destino che si ripeterà.

I tuffi celebrano una ragazzina cinese, Fu Mingxia, che ad appena 13 anni vince dalla piattaforma. E' un vero prodigio: l'anno prima ha vinto già il Mondiale diventando la più giovane atleta a vincere un titolo Mondiale nella storia di tutti gli sport.

Anche l'Italia nel suo piccolo porta alla ribalta la sua squadra dei sogni a Barcellona, quella del fioretto femminile che, guidata da Giovanna Trillini, inizia una striscia di vittorie imbarazzanti. A rendere più importante l'impresa della ragazza jesina è il fatto che deve gareggiare con un tutore per un infortunio al ginocchio, ma questo non le impedisce di tirare fuori il suo mix di classe e agonismo. E' suo il doppio oro, nell'individuale e nella gara a squadre con Vaccaroni, Bianchedi, Bortolozzi e Zalaffi. Gli uomini invece debbono accontentarsi di un argento con Marin nella sciabola.
Soffertissima è la vittoria della squadra di pallanuoto che supera in una infinita e emozionantissima finale i padroni di casa spagnoli, mentre la novità assoluta è l'oro del canoista Pierpaolo Ferrazzi nello slalom. La canoa è la sorpresa dello sport azzurro anni Novanta che qui scopre il grande Antonio Rossi, di bronzo nel K2 500 con Dreossi. Dall'acqua arriva anche il bronzo del 4 di coppia del canottaggio e quelli dei nuotatori Luca Sacchi (400 misti) e Stefano Battistelli (200 dorso).
L'atletica stavolta porta diversi piazzamenti ai margini della zona medaglie ma solo il bronzo di De Benedictis nella 20 km di marcia appena davanti all'eterno Damilano.


MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/IkZsMEC.png



L'ATLETA SIMBOLO

Squadra USA di basket (oro nel basket)

http://www.blogcdn.com/www.aolnews.com/media/2010/04/1992-dream-team-0410-420.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=ck2jpaLoOMA

ataris
25-07-2016, 10:30
Giochi della XXVI Olimpiade
Atlanta 1996

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/7/75/Atlanta1996_logo.jpg/175px-Atlanta1996_logo.jpg




DATA: 19 luglio / 4 agosto
NAZIONI PARTECIPANTI : 197
NUMERO ATLETI:10.318 (6806 uomini, 3512 donne)
NUMERO DI GARE: 271
DISCIPLINE: Atletica, Badminton, Baseball, Beachvolley, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Judo, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallamano, Pallanuoto, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Softball, Sollevamento pesi, Tennis, Tennis da tavolo, Tiro, Tiro con l'arco, Tuffi, Vela



STORIA
Nel 1996, le Olimpiadi moderne festeggiarono il secolo di vita. Fosse stato per De Coubertin, i Giochi avrebbero certamente fatto ritorno a casa, ad Atene; ma nel frattempo la competizione rusticana che aveva immaginato lui si era trasformato in un business colossale, e così la scelta del CIO ricadde su Atlanta, anonima città della Georgia in cui risiede la Coca-Cola, tradizionale sponsor olimpico.
Atlanta vinse la corsa all'assegnazione avendo alle spalle i grandi benefattori del CIO, cominciando dalla Coca Cola che dal 1980 accompagnava tutti i progetti più importanti dell'organizzazione olimpica ed era lo sponsor più ascoltato ormai da molto tempo. Le altre città aspiranti, Belgrado e Manchester, considerate dalla commissione del CIO soltanto buone, persero subito la corsa. Avevano invece qualche possibilità Melbourne e soprattutto Toronto, che offrì un progetto speciale per il villaggio atleti. Erano candidate di prima classe e anche per loro la Coca Cola aveva pronto un investimento, ma nella battaglia finale non ebbero quasi speranze. Lo scontro aperto fu fra tradizione e progetto economico. Atene, pur considerata di seconda fascia, aveva in mano la grande carta dei sentimenti, ma per Atlanta garantivano in troppi, a partire dalla catena televisiva CBS che era pronta a coprire con 456 milioni di dollari un budget di 898 milioni. Gli Stati Uniti avevano bisogno di questa grande festa sportiva, la loro economia spingeva per il grande risultato e così nella votazione decisiva 51 voti andarono alla capitale della Georgia, mentre Atene si fermò a 35 voti dei membri del Comitato olimpico. Fu una grande delusione dopo tante promesse e tante feste, come quelle organizzate sotto l'Acropoli dal primo ministro Andreas Papandreu, i balli di Glyfada, la crociera nel golfo di Corinto.

Ma quella di Atlanta fu piuttosto l'Olimpiade della disorganizzazione, dei volontari non adeguatamente preparati, dell'informatica primordiale, del condizionamento commerciale, dell'esagerazione di un tifo che, stordito da una pubblicità soffocante, stravedeva soltanto per gli atleti statunitensi (ai quali il sostegno del pubblico comunque fece bene: furono i primi nel medagliere con oltre 100 atleti sul podio). Bisogna anche aggiungere che quei Giochi furono i primi a numero chiuso, con possibilità di accedere soltanto dopo aver superato le qualificazioni nelle gare preolimpiche. L'apertura al professionismo, già preannunciata a Barcellona, fu totale. Il primo a sfruttare le nuove regole fu il ciclismo, mentre il calcio, per non appensantire i calendari e proteggere i suoi campionati mondiali, preferì il criterio di utilizzare rappresentative giovanili rafforzate da tre atleti di età maggiore. Dà fastidio anche il clima da fiera del Centennial Park, centro commerciale all'aperto, che il 27 luglio diviene sede di un attentato. Una bomba esplode, uccidendo una persona e ferendone 110: molti sospetti, molte le persone trattenute dalla polizia, ma il colpevole non verrà mai trovato.

Fra gli sport beachvolley (la pallavolo sulla sabbia), calcio femminile, canottaggio pesi leggeri, softball e mountain bike figuravano per la prima volta nel programma olimpico


I PROTAGONISTI
Ad Atlanta partecipano 197 Paesi. 12 paesi dell'ex Urss partecipano per la prima volta da stati indipendenti che sono: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Russia, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina, Uzbekistan. A causa di ciò, e anche per il notevole numero di partecipanti, 14 paesi conquistano per la prima volta una medaglia olimpica. Il medagliere premia gli Stati Uniti, primi con 101 medaglie (44 ori), seguiti dalla Russia con 63 medaglie (26 ori).

Di questi Comitati olimpici 168 presentavano almeno una squadra femminile. Le atlete erano il 34,1% dei partecipanti, la percentuale più alta registrata nella storia olimpica, e prendevano parte a 24 discipline su 30


LE GARE
Il ricordo più intenso arriva dalle doppiette dell'atletica. Solare, ma meno pubblicizzata, quella della Masterkova nel mezzofondo veloce; brillante e attesa quella della francese di colore Marie-José Perec nelle stesse gare in cui centra il traguardo l'eroe eponimo di questi Giochi, Michael Johnson. E' difficile presentare il texano a un pubblico che ancor oggi ne ammira le gesta, e che se lo attende protagonista anche a Sydney, nonostante i problemi ai Trials. Ma allora l'emozione è straordinaria: Johnson ha fallito il traguardo a Barcellona, per i postumi di una infezione alimentare contratta dopo un meeting a Salamanca, in Spagna. Allora era imbattuto sui 200 da due anni, eppure è dovuto uscire di scena in semifinale. Decide di vendicarsi, e arricchisce il suo carnet con straordinarie esibizioni anche sul giro di pista. Le sue intenzioni appaiono chiarissime: il 23 giugno del '96 ai Trials batte finalmente il record mondiale di Mennea ormai diciassettenne, correndo in 19"66. Ma si pone un problema: il calendario prevede la semifinale dei 200 lo stesso giorno della finale dei 400. Johnson ha vinto entrambe le gare ai Mondiali '95, logico che voglia ritentare all'Olimpiade, e Nebiolo cambia il programma, concedendo di concludere i 400 metri, e di inserire un giorno di riposo prima del primo turno dei 200.

Ora non c'è alcun ostacolo sulla strada di Johnson: eppure, a due settimane dall'Olimpiade, il namibiano Frankie Frederiks lo batte a Oslo, sui 200, per tre centesimi. L'accoppiata storica, mai riuscita a nessuno, 200-400 sembra in dubbio. Ma nessuno ha fatto i conti con la determinazione di questo esperto di marketing dalla corsa apparentemente sgraziata e impettita, in realtà fra le più efficaci della storia della velocità.
Vincere i 400 non è un problema, anche se gli impegni che lo attendono inducono Johnson a non inseguire il record mondiale di Reynolds, dal quale rimane lontano due decimi. Cinque minuti prima della sua finale dei 200, la francese Perec centra lo stesso traguardo che lui insegue: e ora tocca a Michael. Esce maluccio dai blocchi, ma si mette in moto con una tale efficienza da riuscire a cambiare completamente ritmo all'ingresso del rettilineo ed a sbaragliare gli avversari. L'immagine di Johnson che guarda il tabellone elettronico, e strabuzza gli occhi davanti al tempo che vi si è impresso, 19"32, è di quelle che da sola raccontano e raccolgono un'Olimpiade. Ha migliorato se stesso di 34 centesimi, ha corso i secondi 100 metri in 9"20; e dietro di lui anche Frederiks, pur distrutto dal distacco di 4 metri, fa meglio di Mennea. Ato Boldon, bronzo, si avvicina a Johnson e si inginocchia davanti a lui, per rendergli omaggio. Poi dice: "19"32? Non sembra il tempo di una gara sui 200: sembra piuttosto la data di nascita di mio padre". E a chi gli chiede come si sia sentito a correre così forte, Johnson racconta: "E' stato come la prima volta che ho imboccato una discesa con il go-kart che mio padre mi aveva regalato". Ma, probabilmente, quel go-kart lui l'avrebbe preceduto. A piedi.

Per un curioso gioco del destino anche la principale protagonista dell'atletica femminile realizza la stessa, rarissima, doppietta di Johnson, 200 e 400. E' Marie Josè Perec, una bella francese originaria della Guadalupa, a realizzare l'impresa. La Perec ha una corsa più elegante rispetto a quella di Johnson e non realizza record del mondo solo perché questi sono detenuti da atlete al limite del sospetto. Sui 400 però piazza un 48.25 che è la terza prestazione di sempre e diventa una sorta di primato ufficioso dietro a quelli ufficiali ma misteriosi. Una vittoria che la fa diventare anche la prima atleta di entrambi i sessi a confermarsi campionessa olimpica sul giro di pista.

Ad Atlanta si consuma l'ultimo atto della carriera per uno dei più grandi di sempre, Carl Lewis. Negli anni è passato da "Figlio del vento" a "King Carl" ed ormai 35enne ha perso quel po' di competitività negli sprint. Lewis non riesce così a qualificarsi per i 100 e 200 metri, ma stacca il biglietto per il lungo, dove è campione da Los Angeles '84 e può inseguire il poker riuscito solo al discobolo Al Oerter. Lewis fa un po' fatica ad entrare in finale ma poi riesce a piazzare un bell'8.50 che mette tutto a posto e gli consegna il 9° oro olimpico di una carriera impareggiabile. Gli riesce anche di fare un "dispetto" alla star Johnson: la sua finale del lungo si svolge nella stessa serata di quella dei 400 metri e Lewis strappa la scena la rivale che in carriera ha sofferto non poco l'ingombrante figura di King Carl.
I 100 metri vanno invece al canadese Donovan Bailey che strappa il Mondiale al battutissimo americano Burrell, fuori dal podio, con un 9.84 e costringe Fredericks ad un altro argento, il 4° in due Olimpiadi. Va peggio a Christie, il grande britannico oro a Barcellona: incappa in due partenze false e viene così squalificato. Nei 100 femminili per assegnare la vittoria è necessario il fotofinish che conferma il titolo all'americana Gail Devers sulla giamaicana Merlene Ottey. La Ottey ripete in pratica quanto fatto da Fredericks, con un argento anche sui 200: un'etichetta da eterna 2° che accompagna la giamaicana per tutta la carriera.
Altri splendidi atleti sono il triplista Kenny Harrison che si aggiudica un duello su misure eccezionali con l'inglese Jonathan Edwards, il re dei 110 ostacoli Allen Johnson, il ceco Jan Zelezny che si riconferma il migliore nel giavellotto e l'etiope Gebresilassie. Sui 10000 metri si consuma l'attesa sfida con il keniano Paul Tergat che Gebresilassie fulmina con il solito cambio di ritmo finale improponibile. Gebre, con i suoi modi gentili, il sorriso sempre pronto in ogni situazione, diventa uno dei personaggi più amati non solo di questi Giochi ma di tutto lo sport anni Novanta. Grande risalto tocca all'eptathleta Ghada Shouaa, primo oro olimpico per la Siria, mentre il decathlon festeggia Dan O'Brian, l'americano pluridecorato che era rimasto a casa a Barcellona per aver fallito i Trias.

All'Italia restano 4 medaglie, di cui ben 3 al femminile. Fiona May, britannica diventata azzurra per matrimonio, viene battuta nel lungo da una nigeriana appena rientrata da una lunga squalifica per doping, Chioma Ayunwa. Elisabetta Perrone trova invece sulla sua strada la russa Nikolayeva nella 20 km di marcia e Roberta Brunet si inserisce a sorpresa sul 3° gradino del podio dei 5000 della cinese Wang. Bronzo anche per Alessandro Lambruschini, una medaglia che vale oro perché rompe la fila dei formidabili keniani dei 3000 siepi che debbono "accontentarsi" della doppietta Keter-Kiptanui.

L'uomo che catalizza gran parte delle attenzioni nel nuoto è il russo Alexandre Popov. Già campione di 50 e 100 stile libero a Barcellona, Popov ripete qui la storica impresa oltre a guadagnare due argenti nelle staffette: era dal 1928 con Weismuller che nessuno vinceva per due volte i 100 metri. Sia sui 50 che sui 100 la sua vittima è l'americano Gary Hall jr., che si guadagna la fama di eterno 2° che riuscirà in extremis a sfatare otto anni più tardi. A completare i successi russi in piscina c'è anche Denis Pankratov, il fenomeno della farfalla che fa la doppietta 100-200. Gli americani ne escono così piuttosto malconci e debbono ricorrere soprattutto alle staffette per rimpinguare il carniere.

L'apertura al professionismo si amplia stavolta anche la ciclismo e questo permette di vedere negli albi d'oro olimpici dei nomi celeberrimi. Uno su tutti quello di Miguel Indurain, lo spagnolo che di fatto chiude qui il suo ciclo di vittorie. Dopo aver dominato il Tour de France per 5 anni ed aver vinto due Giri d'Italia, Indurain è appena stato detronizzato nella corsa francese quando si presenta ai Giochi per la gara a cronometro. E' un'occasione unica e non la fallisce, vincendo davanti al connazionale Olano (Fondriest 4°) per poi ritirarsi dall'attività agonistica dopo qualche settimana. Nella gara in linea invece ci sono grandi aspettative per gli azzurri guidati da Cipollini e Bartoli, ma la corsa è decisa da una fuga a tre che lancia lo svizzero Richard davanti al danese Sorensen e al britannico d'origine italiana Sciandri. Per Bartoli un amaro 4° posto come primo degli inseguitori.

Anche nel tennis entrano nell'albo d'oro altri nomi ben noti, quelli di Lindsay Davenport e soprattutto dell'applauditissimo Andrè Agassi.

Le Olimpiadi del 1996 svelarono definitivamente il grande calcio africano. La Nigeria, con un gol di Babayaro, sconfisse l'Argentina 3-2 in una finale dura, sofferta e seguita da un pubblico molto indifferente, che non trovando posto in altri stadi, per finali considerate più interessanti, aveva ripiegato sul calcio.
I campioni americani del basket proseguono nel loro spettacolo vincendo a mani bassi. La stella più luminosa stavolta è Shaquille O'Neal.

Anche la minuscola Tonga riesce a conquistare una medaglia. Il pugile Paea Wolfgram della piccola isola polinesiana suscita grande curiosità e simpatia e va avanti tra i supermassimi conquistando uno storico argento.
Gloria anche per l'austriaco Raudaschl che dal 1964 timbra il cartellino olimpico nella vela, un record assoluto, e per il turco nato in Bulgaria Naim Suleymanoglu. Naim è un piccolo sollevatore di pesi, appena 1.47 di altezza, che conquista il suo 3° oro.

Questa di Atlanta è un'Olimpiade davvero straordinaria per gli azzurri. Nonostante il panorama più universale di sempre, le medaglie piovono da ogni parte, anche in sport insospettabili. L'uomo copertina stavolta è Yuri Chechi. Il Signore degli anelli, dopo l'infortunio pre-Barcellona, ha la sua grande occasione. Il ginnasta di Prato è ormai pluridecorato agli anelli tra titolo mondiali ed europei, ma la sua avventura non comincia bene, con errori che gli compromettono il concorso generale. Agli anelli però non tradisce con un 9.887 eloquente che gli consegna un oro tanto inseguito.
Dopo il ciclismo, l'altro forziere storico, la scherma, non delude le attese. Il fioretto femminile è più forte che mai con l'arrivo dell'altra fantastica jesina Valentina Vezzali a far compagnia alla Trillini. Eppure nell'individuale le due azzurre si fanno infilare dalla rumena Badea che le relega ai due gradini bassi del podio, ma nella gara a squadre arriva la riscossa.
E' una prova in cui l'Italia deve cambiare in corsa per un grave infortunio a Diana Bianchedi sostituita da Francesca Bortolozzi, ma che si trasforma ugualmente in un trionfo.
Sale alla ribalta Roberto Di Donna nel tiro a segno. Il suo oro nella gara con la pistola automatica è il primo in ordine cronologico per l'Italia ed arriva in maniera rocambolesca. Ad un tiro dalla fine è in testa il cinese Wang con un vantaggio praticamente incolmabile. Il cinese però, vittima dell'emozione, buca clamorosamente l'ultimo tiro e Di Donna lo scavalca in extremis. Così, mentre sventolano i tricolori, si deve ricorrere alle bombole d'ossigeno per rianimare il povero Wang.
Fa furore il canoista Antonio Rossi che diventa in breve un personaggio copertina anche perché le donne stravedono per lui. Qui però occupiamoci dei successi sportivi, ben 2 ori, nel K1 500 ed in coppia con Daniele Scarpa nel K2 1000. Lo stesso Scarpa si prende un argento nel K2 500 con Bonomi che è pure 2° nel K1 1000. Insomma un trionfo, cui partecipa anche Josefa Idem, tedesca di nascita ed azzurra per matrimonio, con un bronzo.
Negli sport di squadra non sfondiamo: la pallanuoto perde il titolo per mano della Croazia e deve accontentarsi di un bronzo, il calcio esce di scena senza lasciare traccia, la pallavolo maschile arriva ad un passo dalla vittoria ma ancora una volta l'Olanda si conferma tabù. In una finale giocata punto a punto, Bernardi, Gardini & c. si vedono sconfitti al quinto set per 17 a 15.



MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/tLWeci7.png



L'ATLETA SIMBOLO

Michael Johnson (2 ori: 200m e 400m )

http://i0.wp.com/www.giacomobaresi.com/wp-content/uploads/2012/12/michael-johnson2.jpeg?resize=300%2C460



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=zoszdYy1zEE

ataris
26-07-2016, 10:43
Giochi della XXVII Olimpiade
Sydney 2000

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/e/ef/Sydney2000.svg/175px-Sydney2000.svg.png




DATA: 15 settembre / 1° ottobre
NAZIONI PARTECIPANTI : 200
NUMERO ATLETI:10.651 (6582 uomini, 4069 donne)
NUMERO DI GARE:300
DISCIPLINE:Atletica, Badminton, Baseball, Beachvolley, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Judo, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallamano, Pallanuoto, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Softball, Sollevamento pesi, Taekwondo, Tennis, Tennis da tavolo, Tiro, Tiro con l'arco, Triathlon, Tuffi, Vela



STORIA
Forse non saranno stati “i migliori Giochi della storia”, come disse il presidente del CIO Samaranch durante la cerimonia di chiusura, perché è sempre impossibile stilare classifiche di questo genere, ma certamente quelli di Sydney sono stati una delle edizioni più spettacolari che si ricordino. L’Australia seppe regalare alle nazioni partecipanti e ai loro atleti un’accoglienza impeccabile e fu premiata da una risposta senza precedenti, con oltre 1 milione di turisti e oltre il 92% dei biglietti venduti.

Sydney è stata eletta città organizzatrice dei Giochi della XXVII Olimpiade, battendo la concorrenza di Pechino, Berlino, Istanbul e Manchester, il 24 settembre 1993 durante la 101° assemblea del CIO tenutasi a Monte Carlo.
Secondo il New York Times, dopo l'assegnazione dei Giochi studenti universitari di Pechino programmarono di protestare davanti all'ambasciata americana, ma lo schieramento della polizia intorno ai campus universitari proibì questa evenienza. Furono anche diffuse notizie riguardo ad un possibile boicottaggio degli allora prossimi Giochi della XXVII Olimpiade di Atlanta del 1996. I servizi di intelligence americana dichiararono inoltre, prima dell'assegnazione, che in caso di sconfitta il governo cinese avrebbe ripreso i test nucleari in violazione della moratoria internazionale.

L'ultima Olimpiade del 20° secolo fu di nuovo una festa dello sport e fece dimenticare tutte le amarezze di Atlanta. Tutti sentivano l'esigenza di un'atmosfera diversa rispetto alla Georgia, di ritrovare lo spirito dei Giochi per questa ventisettesima Olimpiade che chiudeva un'epoca di grandi fermenti. Certamente non ci si poteva nascondere che il mondo sportivo procedeva verso l'accettazione del gigantismo e che ormai solo le grandi entrate procurate dalla televisione (a Sydney furono il 51%) e quindi dalla pubblicità erano in grado di garantire arene e sostegni adeguati. Ma l'aria australiana non avrebbe soffocato l'anima dello sport perché sarebbero stati gli atleti e soltanto loro i veri protagonisti dell'avvenimento. C'era la sensazione di potersi lasciare alle spalle scandali, sospetti e circostanze non sempre chiare nell'ambito dello stesso CIO (che avevano gettato ombre per es. sull'assegnazione dei Giochi invernali 2002 a Salt Lake City) e si avvertiva un'atmosfera speciale nella nazione con la più alta percentuale di sportivi praticanti al mondo. E questo lo si capì subito, vedendo la partecipazione di un pubblico competente che regalava un applauso a tutti, in quel vero spirito olimpico che ormai sembrava perduto.

Furono quelle di Sydney le Olimpiadi dei record, non quelli della pista (in atletica non ci fu un solo primato mondiale), ma della partecipazione, della distribuzione dei trofei, del numero di volontari (46.967) al servizio di visitatori e addetti ai lavori (grande differenza con Atlanta dove persino i membri del Comitato olimpico internazionale furono abbandonati a loro stessi nel giorno della cerimonia inaugurale). Record anche di presenze nelle tribune stampa, perché oltre ai 5928 accrediti per i giornalisti della carta stampata ce ne furono altri 10.735 per radio e televisioni, di telespettatori che nel mondo furono oltre 40 miliardi, considerando che il potenziale giornaliero era di 3 miliardi e 700 milioni, di biglietti venduti, un milione per 300 gare. Il Comitato organizzatore ottenne dai suoi sponsor i 45 milioni di dollari necessari per pagare il viaggio a tutti i partecipanti, atleti e giudici di gara, per ospitare gratuitamente le rappresentative nel villaggio olimpico, collegato alla baia da navi traghetto oltre che da una strada che garantiva la massima sicurezza.

Gli atleti in gara a Sydney furono 10.651, con ben 4069 iscritte alle competizioni femminili e furono proprio alcune donne a lasciare un'impronta indelebile su quei Giochi, a partire da Catherine 'Cathy' Freeman, scelta come simbolo dell'abbattimento delle barriere dell'incomprensione, dell'intolleranza, del razzismo che gli stessi australiani avevano alimentato per tanto tempo nei confronti degli aborigeni. Freeman, vestita con un body tutto bianco, nella notte dell'inaugurazione accese il fuoco olimpico, poi sulla pista di atletica mandò in delirio il suo popolo quando vinse i 400 m, arrivando sfinita sul traguardo.

Fra gli sport in programma in Australia furono introdotti il triathlon e il taekwondo, mentre pentathlon moderno e sollevamento pesi, finora territorio esclusivo degli uomini, ammisero per la prima volta le donne. Delle 32 discipline, dunque, 28 erano aperte alle gare femminili.

Tre le mascotte di Sydney 2000: Olly, un kookaburra, Syd, un ornitorinco, Millie, un'echidna, sono appunto i tre animali nativi dell'Australia scelti come mascotte dei Giochi Olimpici di Sydney 2000. Questi animali australiani rappresentano rispettivamente l'aria, l'acqua e la terra, mentre i nomi ricordano l'Olimpiade (Olly), Sydney (Syd), e il nuovo Millennio (Millie).


I PROTAGONISTI
A questa edizione dei Giochi olimpici hanno partecipato 199 paesi, due in più rispetto all'edizione precedente. Quattro atleti di Timor Est hanno gareggiato sotto bandiera olimpica in qualità di "Atleti Olimpici Individuali". Eritrea, Micronesia e Palau erano alla loro prima partecipazione.
L'unica delegazione presente nel 1996 assente ai Giochi di Sydney è stata quella afgana, esclusa a causa delle leggi discriminatorie verso le donne in ambito sportivo.

Il giorno dell'inaugurazione dentro il grande stadio da 110.000 posti, costruito appositamente per l'Olimpiade nel parco dove erano concentrati i maggiori impianti delle gare olimpiche (una città dello sport splendida, con le vie dedicate ai grandi campioni della storia sportiva australiana), la commozione vera arrivò quando le due squadre della Corea del Nord e del Sud, nazioni separate dall'ideologia politica e sempre sull'orlo del conflitto, sfilarono dietro la stessa bandiera, tenendosi per mano. Si trattò di un successo passeggero, ma il momento fu davvero solenne, perché faceva sperare che proprio attraverso lo sport, come era già accaduto in passato per altre realtà dove non sembrava possibile trovare la pace, potessero essere abbattuti quei muri che la politica non riesce a sgretolare.

L'Olimpiade vide ben 80 paesi tornare a casa con almeno una medaglia, un primato pure questo. Gli Stati Uniti dominarono con 97 successi, 40 medaglie d'oro, davanti a Russia, Cina (un primo messaggio pensando a Pechino 2008), Australia, Germania, Francia e Italia: un'Italia che nell'anno della grande crisi economica del suo Comitato olimpico nazionale (che ha vissuto bene fino a quando è rimasto economicamente autonomo, mostrando la strada anche ad altre organizzazioni sportive del mondo), trovava ancora slancio. Le medaglie italiane furono 34 di cui 13 d'oro, ripetendo più o meno il risultato di Atlanta.


LE GARE
Su Cathy Freeman si riversa un'attesa spasmodica da parte di tutta l'Australia: è la grande favorita dei 400 metri e può essere la prima aborigena australiana a vincere un oro olimpico. E la Freeman non delude. Assente la vincitrice di Atlanta, Marie Josè Perec, l'australiana non trova atlete in grado di impensierirla e tra l'ovazione dell'Olimpic Stadium va a vincere facilmente in 49'11''. Fasciata da una tuta che la avvolge dalla testa ai piedi, la Freeman raccoglie per il tradizionale giro d'onore la bandiera dell'Australia ma anche quella degli aborigeni. Una vittoria simbolica, voluta fortemente da tutta l'Australia, simbolica come il tatuaggio che Cathy porta sulla spalla e che recita "perché sono libera".

Diversa la storia di Marion Jones, californiana di Los Angeles, classe 1975, studentessa di giornalismo a North Carolina. Il marito, il lanciatore di peso C.J. Cotrell James Hunter, era stato escluso per doping dopo essersi qualificato ai Trials statunitensi. Jones resistette alla grande pressione, si concentrò sulla sua prima Olimpiade, liberando la mente dopo aver annunciato la separazione da quell'uomo forte che la proteggeva con esagerato ardore dall'assalto dei tifosi su ogni pista del mondo. Jones non voleva però accontentarsi delle cose semplici, voleva il massimo, lasciare un'impronta del suo passaggio, e mirò alla conquista di cinque medaglie. Dominò nei 100 m con un distacco sulla greca Ekaterini Thanou che fu il miglior margine nella storia olimpica: 37 centesimi, facendo meglio di Florence Griffith Joyner che a Seul aveva dato 29 centesimi a Evelyn Ashford. Nei 200 m, cinque giorni dopo, vinse con un margine di circa 5 m su Pauline Davis Thompson e Susanthika Jayasinghe, velocista di Sri Lanka, paese che non aveva mai vinto una medaglia olimpica. Dopo aver affrontato le due prove di cui era specialista, Jones proseguì il progetto dei cinque ori. Nel salto in lungo però si trovò davanti la prussiana Heike Drechsler, che alla soglia dei 36 anni, da compiere nel dicembre di quel 2000, ritrovò la felicità già provata alle Olimpiadi di Barcellona, aggiungendo quell'oro all'argento e ai due bronzi, nei 100 e 200 m, di Seul 1988. Per Jones una delusione in più quando, pur con la stessa misura di 6,92 m, dovette lasciare l'argento a Fiona May per la quale valse il secondo miglior salto, 6,68 m contro 6,62 m. Fu un premio meritato per la saltatrice britannica divenuta italiana dopo il matrimonio, che all'Olimpiade non aveva mai trovato l'ispirazione di altre grandi gare mondiali, come quella che le diede il titolo a Göteborg nel 1995.
L'amarezza non fece cambiare i piani a Jones, che si dichiarò pronta per le staffette nella giornata di chiusura dell'atletica. Doveva essere la trascinatrice della 4x100 m, ma le cose andarono male perché si infortunò Inge Miller e perché il cambio con Nanceen Perry fu troppo schiacciato e al limite della squalifica: davanti agli USA arrivarono Bahamas e Giamaica. Depressa, ma non vinta, l'atleta statunitense volle correre anche la 4 x 400 m, dopo appena un'ora per ritrovare energie. Nessuno, a parte le compagne che invece le diedero grande forza, sembrava credere in lei, ma il suo allenatore Trevor Graham era sicuro che avrebbe ripetuto a Sydney il risultato di aprile a Walnut, dove aveva corso in 49,54″. Ricevette il testimone da Monique Hennagan e gli USA, dopo la frazione d'apertura di Jearl Miles, erano già al comando. Jones restò in testa e il tempo lanciato, cronometrato in tribuna, fu di 49,4″, un risultato da medaglia nella corsa individuale. Quando Jones passò il testimone a Tasha Colander Richardson, impegnata contro la giamaicana Michelle Burger e la russa Irina Privalova, aveva ormai messo il sigillo sulla vittoria. Non era il risultato sognato, ma di sicuro cinque medaglie nella prima Olimpiade della sua vita erano già abbastanza.

Nell'atletica maschile si segnalò un corridore africano della Rift Valley, l'etiope Haile Gebrselassie che, con i piedi doloranti per una fastidiosa tendinite, vinse negli ultimi millimetri la gara dei 10.000 m che sembrava perduta all'ingresso nel rettilineo, prevalendo per 9 centesimi (27′18,20″) nell'ennesimo confronto con Paul Tergat, avversario al quale avrebbe voluto donare la sua medaglia dopo il durissimo scontro. Il piccolo etiope (alto 163 cm, per 53 kg ) dal grande sorriso sapeva di dovere qualcosa al suo indomabile rivale, il sergente dell'aviazione del Kenya, ex giocatore di basket, vincitore di cinque mondiali di cross consecutivi. Lo stesso ordine d'arrivo fra i due si era già registrato ad Atlanta, sia pure con uno scarto maggiore, ma anche ai Mondiali di Atene e Siviglia Tergat aveva dovuto inchinarsi allo stesso rivale.

Altra stella dell'atletica fu Maurice Greene, velocista di Kansas City, ventiseienne primatista del mondo nei 100 m, che batté, sia pure con un tempo non paragonabile ai grandi risultati cronometrici che aveva ottenuto in carriera, il suo compagno d'allenamento Ato Boldon che correva per Trinidad. Già presente ad Atlanta, Boldon nei 200 m fu terzo, guadagnando la sua quarta medaglia olimpica, con il rammarico di non averne mai presa una d'oro individualmente.

Se l'atletica fu senza record, ma con giganti in pista, il nuoto vide tanti primati e veri fenomeni ai blocchi di partenza
L'uomo dell'Olimpiade nella vasca di Homebush, nell'Aquatic Center situato fra le strade dedicate a Shane Gould e Dawn Fraser, due regine del grande sport mondiale, signore dell'acqua in altre Olimpiadi, fu Ian Thorpe, australiano nato il 13 ottobre 1982 a Paddington. Manifesti con la sua immagine erano un po' in tutta la città, veniva considerato un altro simbolo dello sport australiano e in gara dimostrò di aver meritato tanta considerazione: alle 19.15 del 16 settembre, primo giorno di gare olimpiche, nella finale dei 400 m stile libero fece fermare i cronometri sui 3′40,59″, lasciando al secondo posto il napoletano Massimiliano Rosolino che iniziò quella sera il grande viaggio verso la sua Olimpiade delle meraviglie. Un'ora dopo, passando attraverso la gioia della premiazione, Thorpe tornò in acqua, pronto per la battaglia con gli Stati Uniti nella staffetta 4 x 100 m. Lanciato da Michael Klim, Chris Fydler and Ashley Callus vinse per 19 centesimi. Il terzo oro venne nella 4 x 200 m stile libero, mentre nei 200 m stile libero fu battuto dal ventiduenne olandese Pieter van den Hoogenband, che dopo Mark Spitz (1972) è stato l'unico nuotatore a detenere nello stesso tempo il titolo olimpico dei 100 e 200 m stile libero, oltre ai relativi primati mondiali. Nei 200 m, dietro a lui e Thorpe, si piazzò ancora Rosolino. Nei 100 m la vera impresa dell'olandese era stata quella di tagliare la strada a Popov, impegnato nella ricerca del terzo oro consecutivo nella stessa gara, impresa mai riuscita in cento anni di storia olimpica. La scuola di nuoto olandese si confermò brillantemente con Inge de Bruijn, che conquistò una tripla corona con primato del mondo: prima nei 50 e 100 m stile libero, poi campionessa dei 100 m farfalla.

Ma per l'Olanda, paese delle biciclette, la soddisfazione più di grande fu quella regalata da Leontien Zijlaard, vincitrice dell'oro nelle prove su strada (individuale e a cronometro) sempre su asfalto australiano, dopo essere già arrivata prima sulla pista nella prova d'inseguimento. Zijlaard aggiunse a questi trofei anche l'argento nella corsa a punti su pista vinta da Antonella Bellutti, l'insegnante di Bolzano che a 32 anni, dopo la vittoria nell'inseguimento ad Atlanta, fu capace di imporsi in una gara durissima condotta contro la vera protagonista dell'Olimpiade nel ciclismo femminile.

Sydney aggiunse un nuovo titolo al palmarès di Steven Redgrave che con l'equipaggio inglese del quattro senza vinse, a oltre quarant'anni, tormentato dal diabete, la quinta medaglia d'oro in cinque Olimpiadi consecutive. La tedesca Birgit Fischer Schmidt, con le vittorie in kayak doppio e a quattro, sempre sui 500 m, arrivò alla settima medaglia d'oro, unica a vincere ininterrottamente da vent'anni, dai Giochi di Mosca 1980.

Gran collezionista di medaglie fu anche il ginnasta russo ventiquattrenne Aleksey Nemov, che con i successi nel concorso generale e alla sbarra raggiunse i dodici allori olimpici (altri due ori ad Atlanta nel salto al cavallo e nel concorso a squadre, due argenti, sei bronzi) in due sole edizioni.

Sydney e le sue strade ridiedero il sorriso al ciclista tedesco Jan Ullrich che batté lo statunitense Lance Armstrong, il suo grande rivale al Tour de France. Ullrich precedette Armstrong anche nella cronometro, dove però dovette lasciare l'oro al russo Vyacheslav Ekimov. A proposito di sorrisi niente può essere paragonato alla gioia dei giocatori di pallanuoto ungheresi che non vincevano la medaglia d'oro da vent'anni.

Nel torneo di basket, per poco, non si registra la sorpresa più clamorosa dei Giochi: le stelle americane della NBA, gli extraterrestri ritenuti imbattibili, rischiano l'eliminazione in semifinale per mano dei lituani. Il Dream Team a stelle e strisce è in vantaggio di appena due punti all'ultimo secondo. Il lituano Jasikevicius ha la palla del sorpasso, ma sbaglia il tiro da tre punti che estrometterebbe gli americani, che possono tirare un sospiro di sollievo.
Poi in finale la Francia oppone una resistenza più limitata e gli americani si impongono 85-72. Certo è che il Dream Team di Michael Jordan e Magic Johnson era un'altra cosa. L'Italia del canestro porta a casa un 5° posto, deludente visto che nei quarti di finale gli azzurri si fanno battere dall'abbordabilissima Australia.

Nel torneo di pugilato la scuola cubana un po' in declino ottenne il risultato storico con il peso massimo Félix Savón che conquistò l'oro per la terza volta consecutiva uguagliando il primato del mitico ungherese Laszlo Papp e del connazionale Stevenson, il fenomeno che avrebbe voluto affrontare Muhmmad Ali se le regole del tempo avessero concesso a un dilettante di battersi con un professionista.

Nel torneo di tennis femminile l'americana Venus Williams, 20 anni, vinse contro la russa Yelena Dementieva la sua prima medaglia d'oro, ripetendo poi la festa della vittoria nel doppio con la sorella Serena in seguito diventata la numero uno del mondo. Fece sensazione il terzo posto di Monica Seles, la campionessa serba che ai Giochi gareggiava per gli Stati Uniti, la sua patria d'adozione. A tenere alto il livello del tennis olimpico nel torneo maschile ci pensò il russo Yevgeniy Kafelnikov.

L'Africa restò padrona del calcio olimpico perché nella finale il Camerun, rimontando due gol di scarto, batté la Spagna ai rigori, riportando nel continente l'oro che quattro anni prima era stato conquistato dalla Nigeria. Africani furono anche i dominatori della maratona, corsa fra due ali di folla sul Sydney Harbour Bridge: l'etiope Gezahegne Abera vinse la medaglia dedicandola a Gebrselassie che nei suoi progetti aveva proprio la maratona come ultimo atto in una carriera straordinaria.

Nel judo, stranamente, il personaggio alla ribalta non fu un giapponese ma il francese David Douillet, che nei pesi massimi arrivò alla seconda medaglia d'oro battendo Shinichi Shinohara in una finale contestatissima. Il campione francese fece il suo capolavoro in un torneo dove non doveva neppure essere presente perché un incidente motociclistico lo aveva mandato in ospedale con problemi seri a una spalla e alla schiena.

Fra gli atleti italiani, si mise in evidenza soprattutto la squadra di nuoto costruita dal bresciano Alberto Castagnetti. I due protagonisti principali erano il novarese Domenico Fioravanti e il napoletano Massimiliano Rosolino, che insieme collezionarono cinque medaglie. Fioravanti, ventitreenne arruolato nella squadra delle Fiamme Gialle, alla sua prima Olimpiade vinse l'oro nei 100 e 200 m rana, facendo segnare nella gara più breve il record olimpico in 1′00,46″. Rosolino, napoletano di madre australiana, classe 1978, in attesa della gara su cui puntava, i 200 m misti, aveva conquistato medaglia d'argento e record europeo (3′43,40″) nei 400 m stile libero e bronzo nei 200 m stile libero. Dopo il quarto e quinto posto con le staffette, e i timori per possibili dispendi di energie e cali di tensione, arrivò finalmente il giorno dei 200 misti, che il napoletano si aggiudicò con una splendida rimonta nelle vasche finali, chiudendo con un altro record olimpico (1′58,98″).
Gli sport acquatici furono prodighi di medaglie. Nel bacino del canottaggio di Penrish Agostino Abbagnale, continuando la tradizione iniziata dai fratelli Carmine e Giuseppe nel famoso due con, guidò all'oro il quattro di coppia, aggiungendo questa medaglia ai suoi successi di Seul e Atlanta; con il trentaquattrenne di Pompei vogavano il padovano Rossano Galtarossa, il finanziere di Mantova Simone Raineri e il ventiquattrenne di Terracina Alessio Sartori. Nella canoa Josefa Idem Guerrini, tedesca di Gesh, diventata italiana per matrimonio, dopo le medaglie di bronzo vinte a Los Angeles e Atlanta, trovò a 36 anni l'oro che cercava: campionessa nel K1 sui 500 m. Nel K2, sui 1000 m, nuovo successo di Antonio Rossi di Lecco, già vincitore di due ori quattro anni prima, e del suo compagno Beniamino Bonomi, trentaduenne vogatore di Verbania, ambedue appartenenti alle Fiamme Gialle, che come altri corpi militari costituiscono la base per tanti campioni dello sport nazionale.
Replicò il successo di Atlanta Paola Pezzo, la ragazza di Boscochiesanuova che aveva iniziato con la mountain bike grazie al regalo di un amico dopo aver provato con lo sci di fondo. Altre soddisfazioni arrivarono dalla scherma. Il centesimo successo della scuola italiana toccò a Valentina Vezzali, ventiseienne di Jesi, arruolatasi nella polizia con il sogno di diventare investigatrice.
Svanita ancora una volta la possibilità dell'oro per la nazionale di pallavolo, finita terza dietro a Iugoslavia e Russia, il medagliere azzurro si completò al palazzo dello judo con il poliziotto napoletano Giuseppe Maddaloni, vincitore nella categoria al limite dei 73 kg nella finale contro il brasiliano Tiago Camilo


MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/4QLLSV2.png



L'ATLETA SIMBOLO

Cathy Freeman (1 oro nei 400m)

http://www.smh.com.au/content/dam/images/2/v/f/3/1/image.related.articleLeadNarrow.300x0.2vf5v.png/1381593600000.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=7xHMsL6sSLQ

ataris
28-07-2016, 09:02
Giochi della XXVIII Olimpiade
Atene 2004

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/e/e0/Athens_2004_logo.svg/175px-Athens_2004_logo.svg.png




DATA: 13 agosto / 29 agosto
NAZIONI PARTECIPANTI : 202
NUMERO ATLETI:11.099 (6595 uomini, 4504 donne)
NUMERO DI GARE:301
DISCIPLINE:Atletica, Badminton, Baseball, Beachvolley, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Judo, Lotta greco-romana, Lotta libera, Nuoto, Pallacanestro, Pallamano, Pallanuoto, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Softball, Sollevamento pesi, Taekwondo, Tennis, Tennis da tavolo, Tiro, Tiro con l'arco, Triathlon, Tuffi, Vela



STORIA
Dopo aver perso l'edizione del Centenario finita ad Atlanta, Atene ci riprova per il 2004 ed ottiene fiducia dal CIO. Finalmente dopo 108 anni i Giochi tornano nella loro culla: è un ritorno che si vive non senza qualche patema, perché i lavori di costruzione ed adeguamento di impianti sportivi e infrastrutture vanno a rilento e fanno sorgere qualche dubbio sull'effettiva capacità dei greci di organizzare un evento come le Olimpiadi. Nelle ultime settimane però ad Atene si recupera il tempo perduto e all'inaugurazione del 13 agosto è quasi tutto in ordine. Manca la copertura della piscina e così le gare di nuoto tornano giocoforza a disputarsi outdoor, ma la fortuna assiste Atene con un clima sempre ottimo e così quasi non se ne accorge nessuno.

Atene ha festeggiato, pensando alle fatiche affrontate per ottenere la designazione e dimenticando la delusione provata quando non era stata scelta per l'edizione del 1996. Costruire di nuovo una squadra vincente non è stato facile, anche perché al primo ballottaggio per la scelta della città che doveva organizzare i Giochi del 2004 si erano presentate ben 11 città. Il Comitato olimpico scremò le candidature nella riunione del 5 marzo 1997, togliendo subito dalla corsa Istanbul, Lilla, Rio de Janeiro, San Pietroburgo, San Juan di Portorico, Siviglia. A contrastare Atene rimasero Buenos Aires, Stoccolma, Città del Capo e Roma. Buenos Aires, che si presentava per la quinta volta, fu eliminata già alla prima votazione; al secondo giro cadde Stoccolma, al terzo Città del Capo, che non ebbe dalla sua parte tutti i delegati africani. Per la quarta e ultima votazione si affrontarono Atene e Roma, che venne sconfitta per 66 voti a 41.

La scultura greca fa da filo conduttore alla storia dell'umanità che è il centro della fase artistica della cerimonia. Il braciere cambia completamente forma rispetto al passato: è un sigarone futuristico che si piega ai piedi dell'ultimo tedoforo, che è il velista Kaklamakis. Il ruolo in realtà sarebbe dovuto spettare al vincitore dei 200 metri di Sidney, Kostantinos Kenteris, che è però alle prese con altri grattacapi. Poco prima dei Giochi non si è presentato ad un controllo antidoping, inscenando un misterioso incidente motociclistico che non gli avrebbe permesso di sottoporvisi. La posizione di Kenteris però è da tempo sospetta e questo non è il primo controllo cui sfugge furbescamente. Per il campione di casa scatta così la squalifica proprio a Giochi ormai in avvio: da possibile eroe diventa così la faccia ambigua della Grecia, anche se questa storia non smonta l'entusiasmo della folla nei suoi confronti. La finale dei 200 metri, la gara che sarebbe stata di Kenteris, è infatti disturbata dalle proteste del pubblico. Quando gli atleti vanno ai blocchi per lo start infatti gli spettatori attaccano con cori inneggianti a Kenteris e la partenza deve essere rinviata.

I greci debbono così farsi perdonare qualche dispettuccio e ci riescono portando delle ambientazioni splendide per molte gare: il tiro con l'arco si svolge nell'antico stadio del 1896, la maratona sul percorso mitico di Filippide, il getto del peso nella piana di Olimpia.
Purtroppo, nonostante le imponenti misure di sicurezza, la prima edizione post-Torri Gemelle non replicò il grande successo di pubblico dei Giochi di Sydney, con un calo di affluenza pari a circa il 20%. Fu anche l’Olimpiade del doping, con lo scandalo che coinvolse ancor prima dell’inizio dei Giochi gli idoli di casa Thanou e Kenteris, fuggiti letteralmente dai controlli e quindi costretti a ritirarsi; e anche l’Olimpiade degli arbitraggi contestati.

Record anche di spesa perché la previsione iniziale di 7 miliardi di euro è stata ampiamente superata (oltre 8 miliardi), anche se molto è stato ripianato con le entrate, soprattutto derivate dalla vendita dei diritti televisivi. La cifra più alta, 793 milioni, è stata pagata dall'americana NBC, che doveva comunque servire la squadra più numerosa iscritta alle Olimpiadi: gli Stati Uniti hanno mandato in gara 531 atleti. Una buona copertura è arrivata anche dai 24 sponsor ufficiali dei Giochi. Gli accrediti per la stampa sono stati 22.000. All'organizzazione hanno contribuito 60.000 volontari.
Si è trattato di una manifestazione planetaria, con 4 miliardi di telespettatori per le cerimonie di apertura e chiusura, e una media giornaliera oltre i 3 miliardi.


I PROTAGONISTI
per la prima volta, con il ritorno dell’Afghanistan, escluso nel 2000, e l’esordio di Kiribati e Timor Est, ai Giochi di Atene del 2004 parteciparono tutti i paesi membri del CIO, pronti a sfidarsi in 28 sport diversi.
L'Olimpiade di Atene ha battuto ogni tipo di primato. I paesi partecipanti sono stati 202 (201 alla sfilata inaugurale, perché Corea del Sud e Corea del Nord hanno marciato dietro una sola bandiera). Gli atleti in gara, che si prevedeva fossero 10.500, in realtà sono stati 11.099, con la partecipazione femminile più numerosa di sempre: 4504 atlete (17 paesi hanno iscritto più donne che uomini: Angola, Canada, Cina, Corea, Costa d'Avorio, Giamaica, Giappone, Guinea Bissau, Lesotho, Madagascar, Myanmar, Nicaragua, Nigeria, Romania, El Salvador, Senegal e Singapore). La Serbia ha gareggiato come Serbia e Montenegro

Ben 54 paesi hanno conquistato almeno una medaglia d'oro e 71 hanno celebrato almeno un podio olimpico. Complessivamente l'Europa ha dominato vincendo 500 medaglie, contro le 178 delle Americhe, le 162 dell'Asia, guidata da Cina e Giappone (piazzatisi rispettivamente seconda e quinto nel medagliere totale dietro agli Stati Uniti), le 54 dell'Oceania (49 dell'Australia), le 35 dell'Africa.


LE GARE
Ci sono atleti che dominano le proprie discipline in lungo ed in largo ma ai Giochi non riescono a trovare il colpo giusto. E' il caso del marocchino Hicham El Guerrouj, il re dei 1500 metri, che in carriera può vantare 83 vittorie nelle ultime 86 gare disputate nella sua distanza preferita, dove è pure primatista e quattro volte campione del mondo.
Sfortunatamente due delle tre sconfitte subite in tutta questa sequenza sono arrivate nelle finali olimpiche, ad Atlanta per una caduta, tra l'altro. A 30 anni, Hicham, sa bene che Atene può essere l'ultima occasione della sua vita. Il suo avversario più pericoloso è un keniano, Bernard Lagat, con cui ingaggia un'emozionante battaglia per tutto l'ultimo giro, ma alla fine è proprio El Guerrouj ad avere la meglio. Sfatato il tabù olimpico, il marocchino decide di buttarsi anche sui 5000, dove il favorito è l'etiope Kenenisa Bekele. Questi ha appena ricevuto il testimone sui 10000 metri dal grande connazionale Hailè Gebresilassie, in una finale che ha suggellato il passaggio di consegne tra il vecchio campione, finito 5°, ed il suo delfino designato. Bekele sembra così avviarsi verso la doppietta più classica del fondo, quella riuscita ai grandi come Zatopek e Viren. La finale dei 5000 però è lenta, i grandi si controllano e questo favorisce un mezzofondista veloce come El Guerrouj. Dopo aver controllato l'avversario, il marocchino piazza il suo allungo micidiale sul rettilineo conclusivo e a 60 metri dall'arrivo supera Bekele volando verso il secondo oro. E' un trionfo per El Guerrouj: la doppietta 1500-5000 mancava ai Giochi addirittura dal 1924, quando a realizzarla fu il mitico Paavo Nurmi.

La maratona è sempre una gara speciale alle Olimpiadi, correrla sul percorso di Filippide, il leggendario soldato morto dopo aver corso da Maratona ad Atene per portare la notizia della vittoria dei greci sui persiani, significa affondarne ancor più le radici nel mito. Il tracciato della maratona ateniese va infatti da Maratona allo stadio dei Giochi Olimpici del 1896, il Panathinaikon rimesso a nuovo per l'occasione. Viene fuori una gara bellissima: dopo una prima metà corsa un po' bloccata se ne va da solo il brasiliano Vanderlei De Lima, un outsider, e l'emiliano Stefano Baldini inizia a sfiancare gli avversari, uno su tutti il keniano Tergat, restando da solo all'inseguimento del fuggitivo. Quando Baldini ha ormai nel mirino De Lima, questi viene assalito da uno squilibrato in kilt: pochi secondi di paura, poi di nuovo in strada per correre verso il Panathinaikon. Baldini però morde le caviglie al brasiliano e al 40° km avviene il sorpasso, con anche l'americano Keflezighi che riesce a scavalcare lo sfortunato De Lima. Per Baldini è il trionfo.

La velocità deve fare a meno del giamaicano Asafa Powell, il nome nuovo, che si infortuna poco prima dei Giochi e deve rinunciare. La finale dei 100 m, vinta dal ventiduenne americano Justin Gatlin, è stata la gara più veloce mai corsa in una Olimpiade: al traguardo sono arrivati cinque atleti con tempi compresi fra il 9,85″ del primo classificato e il 9,94″ del quinto, considerando i 10″ netti del sesto e il 10,10″ del settimo. Di Gatlin, che è stato anche terzo nei 200 m e argento con la staffetta 4 x 100 m, ci si ricorderà a lungo: era il meno atteso, è diventato il grande protagonista, anche se ha provato l'amarezza della sconfitta nella staffetta veloce che dopo novantadue anni, dai Giochi di Stoccolma del 1912, è tornata nelle mani dei corridori della Gran Bretagna. Tra le donne sorprende la bielorussa Nesterenko, che beffa le atlete di colore nei 100 dove la favorita francese Arron non si qualifica neanche per la finale, mentre sui 200 la spunta la giamaicana Campbell.
Nel nome di Kenteris il pubblico greco ha poi commesso l'unica vera e colpevole scorrettezza nella storia di questa Olimpiade: la partenza della finale sui 200 m, quella a cui avrebbe dovuto partecipare il campione, è stata ritardata, creando pericoloso nervosismo fra i finalisti, perché la gente non faceva silenzio nel momento in cui il giudice di partenza doveva dare il via. La corsa poi ha portato sul podio tre americani, come era già accaduto nel 1904, nel 1932, nel 1952, nel 1956 e a Los Angeles nel 1984.

La storia olimpica si scrive con le imprese dei grandi atleti e Atene 2004 ne ha dato begli esempi. Il messaggio più forte è arrivato dalla Cina, seconda nel medagliere, pronta già in questa occasione a sfidare il mondo sportivo che riceverà nel 2008 per la XXIX edizione dei Giochi. La Cina ha presentato tanti campioni nuovi, è tornata a vincere sulla pista di atletica con la mezzofondista Huina Xing nei 10.000 m, ma soprattutto è venuta alla ribalta con l'unico primato mondiale dell'atletica maschile: un primato eguagliato, ma sicuramente storico, visto che resisteva dal 1993. A compiere l'impresa è stato un ventunenne di Shangai, l'ostacolista Xiang Liu, prima medaglia d'oro cinese nella storia olimpica dell'atletica maschile. L'Europa si è affidata a tanti campioni, a cominciare dall'astista russa Yelena Isinbayeva, che per il suo oro ha dovuto migliorare anche il primato del mondo con 4,91 m, unico record assoluto allo stadio olimpico.
Gli svedesi lanciano un gruppuscolo di campioni che si impone per classe e carisma: Karolina Kluft diventa la fidanzata di Svezia vincendo l'eptathlon, Christian Ollson fa valere la propria forza nel triplo e Steffen Holm la sua azione di straordinaria dinamicità nel salto in alto.

La kermesse del nuoto vive sulla sfida tra due straordinari campioni, l'australiano Ian Thorpe e lo statunitense Michael Phelps. Il primo è già plurimedagliato olimpico ma vuole cancellare la sconfitta subita nella sua Sidney ad opera di Van den Hoogenband sui 200, mentre Phelps è emerso subito dopo i giochi australiani, ai quali partecipò appena 15enne. Phelps viene da Baltimora e annuncia di voler gareggiare in otto discipline per cercare di attaccare lo storico record dei 7 ori di Spitz. Dietro al tentativo c'è anche lo zampino di un ricco sponsor che preme per farlo entrare nella staffetta 4x100 stile libero, dove non è tra i più forti in assoluto, ma che è una gara fondamentale per riuscire nella grande impresa. Phelps alla fine viene schierato nella 4x100 e questo suscita qualche mugugno in squadra, che però proprio il giovane campione appianerà lasciando campo agli altri più avanti. Ma andiamo con ordine: anche per Thorpe l'avvicinamento ai Giochi ha un momento particolare. Ai Trias australiani, le selezioni interne, scivola inopinatamente dal blocco di partenza nella finale dei 400 stile libero, la specialità dove nessuno al mondo può impensierirlo da anni. E' una falsa partenza, quindi Thorpe è escluso dalla gara e non potrebbe partecipare ai Giochi in questa specialità. Le discussioni in Australia si accendono: tener fede alle gare di selezione schierando ad Atene chi ha conquistato il posto in questa gara o fare uno strappo alla regola per l'uomo più forte al mondo? La scelta alla fine è quest'ultima, con uno degli australiani qualificati ai Trials che rinuncia più o meno volontariamente e con Thorpe che può così difendere il suo titolo. E' il 14 agosto quando inizia la sfida a distanza: Phelps vince i 400 misti segnando un nuovo record mondiale, Thorpe i 400 stile. Il giorno successivo la corsa si arresta per entrambi sulla discussa staffetta 4x100 che va al Sudafrica: per gli americani di Phelps arriva un bronzo, l'Australia è solo 6°. La sfida diretta è sui 200 stile libero: Thorpedo la fa sua battendo il campione uscente Van den Hoogenband, mentre Phelps è ancora 3°. Il campione che si misura anche con distanze sulle quali è vulnerabile però piace e l'immagine di umanità di Phelps alla fine ne esce vincente. Dopo aver preso l'oro dei 200 farfalla, dei 200 misti e della 4x200 stile libero, Phelps trova pane per i suoi denti nel connazionale Crocker sui 100 farfalla. Il campione sembra sul punto di uscirne sconfitto, ma riesce a toccare appena quattro centesimi prima di Crocker. Phelps avrebbe un'ultima finale da disputare, quella della 4x100 mista, ma decide di fermarsi e di lasciare la sua frazione proprio a Crocker. Gli americani trionfano ugualmente, segnano il mondiale, e Phelps intasca comunque l'ottava medaglia per aver partecipato alle batterie, ma soprattutto piace il suo tifo in tribuna a sostenere i compagni durante la finale. Il conto finale è di 6 ori e 2 bronzi, ad un passo dai 7 ori di Spitz: Phelps è comunque il secondo atleta ad ottenere otto medaglie in una sola Olimpiade dopo il ginnasta Dityatyn.

Nelle altre gare di nuoto spicca il talento dell'emergente francese Laure Manadou, che in breve diventa una delle beniamine d'oltralpe. E' un personaggio che esce dalla cronaca sportiva, ha fascino, disegna una linea di costumi da bagno. Qui si prende l'oro dei 400 stile libero oltre ad un argento ed un bronzo. Fa un po' più fatica invece la campionessa di Sidney, l'olandese De Brujn, che in extremis salva il titolo dei 50, così come il connazionale Van den Hoogenband che stavolta non può resistere alla furia di Thorpe, ma si conferma comunque l'uomo più veloce con l'oro sui 100, eguagliando la doppietta di Popov. Si ripete l'ucraina Klochkova, ancora imbattibile nei misti, mentre una novità è l'oro dello Zimbabwe con Kirsty Coventry sui 100 dorso. Una curiosità: le ragazze americane della 4x200 fanno cadere il più longevo record del mondo in carica. Era in mano alla Germania Est fin dal 1987. Anche l'Italia lancia la sua stellina nel panorama del nuoto. Si chiama Federica Pellegrini, è milanese e con i suoi 16 anni diventa la più giovane medagliata individuale azzurra della storia. Fa segnare il tempo migliore nelle semifinali dei 200 stile libero, ma in finale deve arrendersi alla slovena Camelia Potec. E' un risultato storico, a 32 anni dagli exploit della Calligaris, unica altra azzurra ad essere salita sul podio olimpico del nuoto.

Ad Atene si fa insistente l'avanzata della Cina. Già nelle ultime edizioni il gigante asiatico aveva conquistato un gran numero di medaglie, ma confinate quasi sempre in settori molto specifici, dai tuffi al tiro o alla ginnastica. Qui la forza della Cina esplode un po' ovunque, atletica compresa. L'uomo simbolo di questa nuova Cina è Xiang Liu, che si impone a sorpresa in una delle discipline più tecniche e complesse dell'atletica, i 110 ostacoli. La vittoria sembra favorita da una caduta dell'americano Allen Johnson, il più grande dell'ultimo decennio nella specialità, che sbaglia nelle batterie e viene eliminato. Ma il cinese in finale tira fuori un clamoroso 12.91 con cui eguaglia il record del mondo ed anche nella stagione successiva si confermerà sugli stessi livelli.

Il torneo di calcio raccoglie un ottimo successo e lo sport del pallone si inserisce sempre di più a pieno titolo nei cinque cerchi, dopo un passato un po' da corpo estraneo. E' merito anche di una splendida squadra argentina che dà spettacolo grazie a campioncini come Carlitos Tevez, Javier Saviola, Andres d'Alessandro, Javier Mascherano. Fa le spese dello strapotere argentino anche l'Italia guidata da Gentile, che in semifinale è sommersa con un 3 a 0. La celeste va poi a vincere il titolo superando in finale il Paraguay con l'ennesimo gol, l'ottavo nel torneo, di Tevez. Per l'Italia la soddisfazione del bronzo, grazie al gol di Gilardino che ci permette di battere 1 a 0 l'Irak, sorpresa del torneo.

Anche nel basket gli azzurri devono piegarsi alla classe degli argentini di Manu Ginobili e Hugo Sconochini. E' un torneo che vive sulle difficoltà degli americani, alle prese con una squadra che non ha più gli immensi talenti degli anni Novanta ed ha poco spirito di gruppo. Già all'esordio l'ex Dream Team è piegato da Portorico, poi riesce a riprendersi arrivando in semifinale, ma qui Ginobili e soci gli infliggono un pesante 89-81. Gli azzurri guidati da Basile invece riscattano l'opaca prova di Sidney e fanno fuori Portorico nei quarti e Lituania in semifinale. La finalissima per l'oro è difficile, la superiorità degli argentini viene fuori ed il punteggio di 84-69 la testimonia. Per i nostri è però un torneo ed un argento da incorniciare.

Per rifarci delle due sconfitte con gli argentini in calcio e basket arriva in soccorso la pallavolo maschile, ancora alla ricerca dell'oro tanto sognato. Ci sono gli ultimi reduci della grande nazionale degli anni Novanta che ha dominato il mondo ma senza vincere le Olimpiadi, Andrea Giani e Paolo Tofoli. Nei quarti di finale, dopo un avvio incerto, gli azzurri mettono sotto gli argentini, quindi in semifinale affondano facilmente la Russia. In finale c'è il Brasile, che stavolta è favorito e dimostra tutta la sua forza. L'Italia gioca a lungo alla pari ma alla fine deve cedere alla classe di Giba e compagni

Il capolavoro per gli sport di squadra azzurri è la pallanuoto femminile, dove le ragazze di Pierluigi Formigoni si impongono sulle padrone di casa greche al termine di una finale protrattasi ai supplementari.

Nel tennis tutti i più grandi, da Federer a Roddick, deludono profondamente finendo fuori nelle prime battute del torneo. La vittoria va così al cileno Massu che con il connazionale Gonzalez si ripete anche nel doppio. Più gloria tra le donne, per i grandi nomi: la finale è tra la francese Mauresmo e la belga Henin, con il successo di quest'ultima.

Per la terza volta di fila l'Italia porta a casa un bottino di medaglie quasi insperato: sono ben 32, nonostante la cautela con cui il CONI si avvicina ai Giochi.
La prima vittoria la porta Paolo Bettini, ciclista di La California, un paese sulla costa livornese, che è già un campione con tante vittorie nelle corse più importanti, ma che insegue un successo in nazionale. Ad Atene è nettamente il più forte: sulla salitella del Licabetto sbaraglia il gruppo e solo uno sconosciuto portoghese, Paulinho, riesce a tenergli testa. In volata però non c'è storia e Bettini conquista uno spettacolare oro

Tra le donne, nel fioretto, Valentina Vezzali e Giovanna Trillini arrivano a contendersi l'oro in una finale tutta azzurra: le due si studiano all'inizio, poi la Vezzali impone le stoccate decisive e si conferma campionessa. Purtroppo la supremazia assoluta non può essere premiata nella gara a squadre, soppressa momentaneamente per dar spazio alla prova di sciabola a squadre, una soluzione che fa discutere. Nel fioretto maschile Salvatore Sanzo e Andrea Cassarà trovano entrambi sulla loro strada il francese Guyart che li sconfigge sempre sul filo di lana. Sono comunque entrambi, nell'ordine, sul podio, e nella gara a squadre, insieme a Vanni, si rifanno vincendo un'altalenante finale con i cinesi.

Primo oro per gli Emirati Arabi grazie alla mira dello sceicco Ahmed Al Maktoum, campione nel tiro al piattello double trap. Parlando di primi ori olimpici della storia non si può dimenticare il velista israeliano Gal Fridman, vincitore con il suo windsurf nella classe Mistral.
Prima volta per la Grecia nel complesso natatorio: Nikolaos Siranidis e Thomas Bimis si sono guadagnati la gloria giungendo primi nei tuffi sincronizzati dal trampolino di 3 m.



MEDAGLIERE

http://i.imgur.com/asRZaLs.png



L'ATLETA SIMBOLO

Hicham El Guerrouj (2 ori: 1500m e 5000m)

http://www.voice-online.co.uk/sites/default/files/0829_B21.jpg



IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=gapat6kMlBU

ataris
01-08-2016, 09:36
Giochi della XXIX Olimpiade
Pechino 2008

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/thumb/2/28/Beijing_2008.svg/175px-Beijing_2008.svg.png




DATA: 8 agosto / 24 agosto
NAZIONI PARTECIPANTI : 204
NUMERO ATLETI:10.942 (6.305 uomini, 4.637 donne)
NUMERO DI GARE:302
DISCIPLINE:Atletica, Badminton, Baseball, Calcio, Canoa, Canottaggio, Ciclismo, Equitazione, Ginnastica, Hockey su prato, Judo, Lotta, Pallacanestro, Pallamano, Pallavolo, Pentathlon moderno, Pugilato, Scherma, Softball, Sollevamento pesi, Sport acquatici, Taekwondo, Tennis, Tennis da tavolo, Tiro, Tiro con l'arco, Triathlon, Vela



STORIA
I Giochi della XXIX Olimpiade Si sono svolti a Pechino dall'8 agosto[2] al 24 agosto 2008.
Si è trattato della terza volta dopo Tokyo 1964 e Seoul 1988 in cui i Giochi olimpici estivi si sono svolti in Asia.

La Cina aveva visto nell’assegnazione dei Giochi del 2008 un’occasione unica per farsi bella agli occhi di un mondo ancora diffidente nei confronti del suo governo. E ci riuscì: le Olimpiadi di Pechino passarono alla storia per i numeri straordinari - mai nessuna Olimpiade aveva visto tante nazioni in gara (204), tanti atleti (10,942), tante spese (41 miliardi di dollari) – per l’ottima organizzazione e per la miglior prova di sempre della squadra cinese, che chiuse in testa al medagliere con 51 ori e 100 medaglie.

Il problema più grande è stato quello dell'alto tasso d'inquinamento che attanaglia la città, tanto da aver ventilato in passato l'ipotesi di far svolgere altrove le gare su lunga distanza, come maratone, triathlon e ciclismo. Il primatista mondiale della maratona Haile Gebrselassie rinunciò a partecipare a questa gara proprio per timore dell'inquinamento.
Il clima particolarmente caldo che ha investito Pechino e la regione circostante ha creato ulteriori preoccupazioni sul regolare svolgimento di alcune gare. In particolare ci sono stati timori per la formazione di possibili tempeste di sabbia che potevano colpire la capitale e per un'invasione di cavallette che nel luglio 2008 danneggiò la campagna 300 km a nord ovest di Pechino. Un'infestazione di alghe ha colpito in luglio i bacini destinati alle gare di canottaggio, richiedendo un consistente intervento di manodopera per ripulire gli specchi d'acqua prima dell'inizio delle gare.
Per quanto riguarda le gare di nuoto, ha creato molti disagi il fatto che, per ragioni legate alla prima serata sui canali televisivi americani (NBC su tutte, che deteneva i diritti dell'evento per gli USA) e quindi ai vari sponsor che su tali canali e in quella fascia oraria hanno comprato spazi pubblicitari, le batterie venivano tenute di pomeriggio invece che di mattina mentre le finali erano disputate nella prima parte della giornata. Questo ha creato non pochi problemi a molti atleti, abituati a svolgere le batterie la mattina e le finali il pomeriggio, e ai telespettatori. In Italia, per esempio, le finali di nuoto erano trasmesse intorno alle 4 del mattino, le ore 10 locali).

Molto critica è stata anche la questione riguardante la libertà di stampa. Nonostante le rassicurazioni di Pechino, ribadite anche all'inizio del 2008, ad una settimana dall'inizio delle competizioni l'uso di Internet era ancora censurato, essendo bloccati tutti i siti considerati “inappropriati” dal governo cinese (contenenti ad esempio informazioni su Tibet, Darfur, Birmania o sulle proteste di Piazza Tienanmen del 1989). Per sbloccare la situazione, e permettere ai giornalisti presenti a Pechino di fruire liberamente di Internet, ci è voluto il deciso intervento del CIO: così il 1° agosto è arrivato l'annuncio del Comitato Olimpico circa la decisione del BOCOG di rimuovere tutte le restrizioni per permettere ai media di svolgere al meglio il proprio lavoro. A dire il vero però questo è stato concesso solo ai giornalisti accreditati, mentre la situazione nel resto della Cina è rimasta invariata.

La cerimonia di apertura della XXIX Olimpiade si è tenuta presso lo Stadio Nazionale di Pechino. Si è svolta l'8 agosto 2008 a partire dalle ore 20:08 del fuso orario cinese (scelta non casuale in quanto derivante dalla superstizione di molti Cinesi secondo i quali il numero otto è un numero fortunato)
L'entrata degli atleti partecipanti, come tradizione, è avvenuta in base alla lingua del paese ospitante, in questo caso a seconda dell'ordine dei caratteri cinesi, cioè in base al numero di linee richieste per scrivere un carattere, con la precedenza agli stati il cui primo carattere richiede meno linee; in tal modo la Guinea è entrata per prima, in quanto il primo carattere del suo nome cinese, Ji, richiede solo due linee, l'Australia invece è entrata quasi per ultima, perché in cinese (澳大利亚) il carattere Ao si scrive con molte linee. La Grecia è invece entrata come sempre per prima, mentre la Cina, in quanto nazione ospitante, è entrata per ultima.

Le discipline di Pechino 2008 furono quasi del tutto identiche a quelle di Atene 2004. Per la prima volta fu presente la nuova disciplina ciclistica della BMX e le donne disputarono i 3000 siepi. Inoltre la maratona di nuoto per uomini e donne, 10 km, fu aggiunta alle discipline di nuoto


I PROTAGONISTI
Sul piano sportivo, i giochi di Pechino hanno registrato il clamoroso exploit della Cina padrona di casa, prima nel medagliere olimpico con ben cinquantuno ori e cento medaglie totali: gli Stati Uniti, secondi nella classifica delle nazioni, si sono fermati a trentasei successi, seppur con un numero più alto di medaglie complessive (110). Il grande successo cinese è il frutto di una pianificazione capillare svolta sul modello offerto in passato dall'URSS e dalla DDR, con una forte statalizzazione della pratica sportiva; l'enorme bacino di utenza su cui lavorare (la popolazione cinese supera il miliardo) ha fatto il resto.

Questi sarebbero dovuti essere i primi Giochi Olimpici estivi in cui la penisola di Corea avrebbe gareggiato con un'unica squadra, ma pochi giorni prima dell'inizio delle gare vi è stata la smentita
Tra i debuttanti sul podio Tagikistan, Afghanistan, Mauritius e Togo, a dimostrazione che la competizione allarga i confini.


LE GARE
Due sono stati gli atleti simbolo di questa olimpiade, e non a caso provengono dalle discipline più amate e più seguite: il nuotatore americano Michael Phelps e il velocista giamaicano Usain Bolt. Lo “squalo di Baltimora”, arrivato a Pechino dopo i sei ori e i due bronzi di Atene con l'obiettivo di battere (o almeno eguagliare) il record del connazionale Mark Spitz a Monaco 1972 (sette ori su sette gare, con altrettanti record del mondo), è andato addirittura meglio del suo illustre predecessore, realizzando un'impresa destinata a restare scolpita in modo indelebile nella storia dei Giochi Olimpici. Il 22 velocista di Trelawney, Giamaica, ha fatto altrettanto centrando tre roboanti medaglie d'oro (100 m, 200 m e 4x100) nella regina dei Giochi, l'Atletica, stabilendo anche in tutte e tre le occasioni impressionanti record del mondo.

Le fatiche di Phelps hanno avuto inizio il 10 agosto (oro nella finale dei 400 misti, in cui gli azzurri Boggiatto e Marin sono arrivati quarto e quinto) e sono finite una settimana più tardi, il 17, con la vittoria nella 4x100 mista in cui ha nuotato la frazione a farfalla. In mezzo altre sei medaglie, tutte del metallo più pregiato e sempre (ad eccezione dei 100 farfalla) con il record del mondo: l'11 agosto nella staffetta 4x100 stile libero (che lo aveva “tradito” ad Atene, finendo terza), il 12 nei 200 stile libero (in cui anche era stato di bronzo nel 2004, dietro Thorpe e Van den Hoogenband), il 13 agosto nei 200 farfalla e nella staffetta 4x200 stile libero, il 15 nei 200 misti e il 16 agosto nei 100 farfalla. La vittoria più sofferta, forse non a caso, è arrivata proprio nell'ultima prova individuale, l'unica in cui Phelps ha trionfato senza stabilire il record del mondo, dovendosi accontentare del record olimpico: nei 100 farfalla l'americano ha toccato con un solo centesimo di vantaggio sul serbo Milorad Cavic, in un finale incredibilmente concitato che ha portato ad aspre polemiche. Sembrato nettamente secondo nel tocco, Phelps è stato invece accreditato di un tempo migliore di Cavic (50.58 contro 50.59) perché il serbo, pur arrivando per primo a toccare la piastra, non lo ha fatto con la pressione necessaria in grado di attivare i sensori. L'affermazione di Phelps può dirsi comunque limpida e cristallina: il ricorso della delegazione serba è stato respinto dalla Fina dopo ulteriori controlli effettuati dalla Omega, cronometrista ufficiale dei giochi. Lo stesso Cavic, con parole esplicite, ha ammesso di accettare serenamente il verdetto emesso dalla vasca e di essere onorato di essere giunto secondo dietro il più grande nuotatore mai sceso in piscina. Già, perché se non c'è dubbio che le comparazione tra atleti di epoche diverse resta un esercizio piuttosto sterile, è altrettanto vero che con gli otto ori di Pechino Michael Phelps è diventato l'atleta più vincente non solo di una singola edizione dei Giochi, ma anche della storia delle Olimpiadi (quattordici ori totali).

Gli altri eventi del Water Cube hanno visto la definitiva consacrazione dell'Ungheria nella pallanuoto maschile: forti di fuoriclasse del calibro di Tibor Benedek (che ha giocato a lungo in Italia), Tamar Kasas (anche per lui un'esperienza italiana) e Peter Biros, i magiari hanno centrato il terzo oro olimpico consecutivo, il nono della loro storia, battendo in finale gli Stati Uniti ed eguagliando così la Gran Bretagna vincitrice tre volte di fila tra il 1908 e il 1920. Male il Settebello, eliminato già al girone, in cui ha perso anche dalla Germania
Nei tuffi è stato un dominio assoluto della Cina, capace di aggiudicarsi sette ori sugli otto disponibili, impreziositi da tre medaglie di bronzo e una d'argento: i padroni di casa hanno così confermato il loro predominio tecnico ai vertici della disciplina, soprattutto tra le donne (che hanno fatto en plein), mentre gli uomini hanno dovuto cedere l'oro dalla piattaforma 10 metri all'australiano Matthew Mitcham.

Anche l'atletica leggera, come detto, ha avuto un dominatore assoluto: suggestivo e fragoroso è stato infatti l'impatto che hanno avuto sul mondo dello sport le imprese compiute da Usain Bolt sulla pista del National Stadium di Pechino. Il giamaicano, con tre ori e altrettanti record mondiali, ha regalato agli spettatori del Bird's Nest una serie di prestazioni indimenticabili: prima è andato a vincere in scioltezza i 100 in 9.69, iniziando a festeggiare già a trenta metri dal traguardo, ormai imprendibile; poi ha bissato con l'oro dei 200 (la doppietta maschile 100-200 non riusciva dal 1984, con Carl Lewis), con un tempo ancora più incredibile (19.30), capace di cancellare addirittura il 19.32 di Michael Johnson di Atlanta; infine ha guidato la Giamaica ad uno spettacolare record mondiale nella 4x100, in cui ha corso come terzo frazionista per lasciare l'onore dell'ultimo cento ad Asafa Powell (37.10 il tempo del quartetto giamaicano, migliorativo di ben tre decimi rispetto al record mondiale stabilito dagli americani a Barcellona nel 1992). Nei 110 ostacoli vittoria del super favorito, il cubano Dayron Robles, fresco del nuovo record del mondo stabilito ad appena due mesi dai giochi: orfana del campione olimpico uscente e beniamino di casa Liu Xiang, che per la disperazione cinese è rimasto vittima di un misterioso infortunio in batteria, la gara è stata vinta agevolmente da Robles sugli americani Payne e Oliver, secondo e terzo.

Surclassato nella velocità, dove ha raccolto cinque medaglie ma nessuna del metallo pregiato (argento nei 200 per Crawford, due bronzi per Dix, argento e bronzo nei 110 hs), lo squadrone americano ha salvato la spedizione grazie al suo terreno più congeniale, il giro di pista, in cui ha centrato due storiche triplette suggellate dall'oro con record olimpico nella 4x400. Nei 400 LaShawn Merrit ha preceduto al traguardo il campione uscente Jeremy Wariner, con l'altro americano David Neville a comporre il podio, il secondo consecutivo interamente a stelle e strisce dopo quello di Atene; analoga situazione si è avuta nei 400 ostacoli, dove Angelo Taylor, già oro a Sidney, è tornato campione olimpico a distanza di 8 anni imponendosi su Kerron Clement e Bershawn Jackson, per un altro podio tutto americano. Con Taylor e i tre medagliati dei 400 metri piani, la staffetta americana ha avuto vita facile per mettere in riga Bahamas e Russia.
Etiopia e Kenia, storiche e acerrime rivali, si sono date battaglia come sempre nelle corse di fondo e mezzofondo, finendo per spartirsi tutti gli allori in palio.
Nelle corse su strada c'è stata finalmente gloria anche per l'Italia: dopo l'affermazione del russo Borchin nella 20 km di marcia, nella massacrante 50 km disputata il 22 agosto ad imporsi al termine di una gara condotta con grande autorità è stato l'altoatesino Alex Schwazer, primo a tagliare il traguardo sul tartan del National Stadium con il record olimpico dopo 3:37:09 di gara. Dopo i successi di Dordoni ad Helsinki (1952) e di Pamich a Tokio (1964), la marcia azzurra ha colto una terza, splendida vittoria nella corsa più lunga del programma di atletica leggera.
Yelena Isinbayeva si è confermata zarina dell'asta: la russa, campionessa olimpica in carica e iridata sia nel 2005 che nel 2007, ha vinto una gara a senso unico con un nuovo record del mondo, il suo ventiquattresimo (5.05 m). Nell'alto la grande favorita, la croata Blanka Vlasic, ha fallito l'appuntamento con l'oro e si è dovuta accontentare della medaglia d'argento: sul gradino più alto del podio è salita Tia Hellebaut

A dispetto di una tradizione spesso favorevole all'Italia, a Pechino il ciclismo ha lasciato invece una delusione molto amara ai colori azzurri. Svolta su un percorso denso di fascino, con passaggi suggestivi accanto a luoghi simbolo della Cina come il Tempio del Cielo, piazza Tienanmen e la Grande Muraglia, la prova in linea su strada maschile ha lasciato infatti un grande amaro in bocca alla spedizione azzurra. E questo non certo perché lo spagnolo Samuel Sanchez si è laureato campione olimpico bruciando in volata Davide Rebellin, arrivato vicinissimo a suggellare nel migliore dei modi la carriera proprio nel giorno del suo trentasettesimo compleanno (9 agosto); e nemmeno per il mancato bis del campione olimpico uscente di Atene 2004, il grande “Grillo” Paolo Bettini. A rovinare il ricordo della spedizione italiana in Cina sono state piuttosto tristi vicende accadute a Giochi ampiamente conclusi: il 28 aprile del 2009 il CIO ha dichiarato che in seguito ad alcuni test antidoping svolti su campioni di sangue prelevati e Pechino e poi congelati, sei atleti erano stati trovati positivi al CERA, l'attivatore continuo del recettore dell'eritroproietina, anche detto Epo di terza generazione. Tra i sei atleti, purtroppo, c'era anche Davide Rebellin, costretto a restituire la medaglia e cancellato dall'ordine di arrivo della manifestazione olimpica. Il suo argento è finito allora a Fabian Cancellara, lo svizzero che aveva trionfato a Pechino nella prova a cronometro.

Non hanno tradito invece le aspettative gli schermidori italiani, che sulla pedana dell'Olympic Green Convention Center hanno onorato la grande tradizione di uno sport da sempre fucina di medaglie e soddisfazioni per i colori azzurri. Su tutti, ancora una volta ha brillato la stella di Valentina Vezzali, che ha lasciato un segno indelebile nell'epos olimpico: con il terzo oro consecutivo nel fioretto individuale, la jesina ha realizzato un'impresa senza precedenti nella scherma olimpica sia femminile che maschile, firmando un successo di altissimo livello tecnico e umano. Dominata dalle atlete azzurre, la prova di fioretto ha visto l'Italia piazzare tre semifinaliste su quattro
Nella prova di fioretto femminile a squadre, che tornava ai Giochi dopo l'assenza di Atene 2004 dovuta alla turnazione olimpica, le azzurre cercavano la quarta affermazione consecutiva dopo Barcellona, Atlanta e Sidney: pur partendo con i favori del pronostico, specialmente dopo gli esiti della prova individuale, si sono dovute però arrendere in semifinale alla Russia, che ha poi vinto agevolmente l'oro contro gli Stati Uniti in finale.

Dominio piuttosto netto della Russia nella lotta: su 18 titoli in palio tra lotta libera e lotta greco-romana, i russi hanno raccolto sei ori, tre argenti e due bronzi, per un bottino di undici medaglie.
Nel taekwondo, sport nazionale della Corea del Sud, gli atleti sudcoreani non hanno mancato di cogliere la consueta messe di successi, vincendo ben quattro ori sugli otto a disposizione. L'Italia ha ben figurato grazie allo splendido cammino del napoletano Mauro Sarmiento, medaglia d'argento nella categoria fino a 80 kg.
Il programma del pugilato ha dato non poche soddisfazioni all'Italia: nel medagliere parziale relativo alla boxe, solo Russia e Cina (con due ori a testa) hanno fatto meglio degli azzurri del commissario tecnico Francesco Damiani, che hanno collezionato un oro, un argento e un bronzo. Il grande protagonista è stato Roberto Cammarelle: dopo il bronzo di Atene, il pugile milanese ha vinto l'oro nei supermassimi oltre i 91 kg battendo in finale il pugile di casa Zhang Zhilei al termine di un torneo letteralmente dominato dall'azzurro.

Nel canottaggio la spartizione delle medaglie in palio è stata piuttosto equa, con dodici nazione diverse sul gradino più alto del podio su quattordici eventi in programma.

Nell'ultima apparizione prima dell'estromissione dal programma olimpico, i tornei di baseball e softball hanno assegnato l'oro a Corea del Sud e Giappone.

Doppio successo statunitense nella pallacanestro: senza storia il torneo femminile, dove Lisa Leslie e compagne hanno centrato il quarto oro di fila su Australia e Russia. Il team USA maschile ha dovuto faticare un po' di più, ma alla fine è riuscito ad avere la sua vendetta sportiva nei confronti dell'Argentina, che ad Atene aveva sconfitto gli americani in semifinale facendo mancare loro l'appuntamento con l'oro per la prima volta dal rientro dei professionisti, avvenuto nel 1992. Superato lo spauracchio argentino in semifinale, gli Stati Uniti hanno poi battuto la Spagna di Pau Gasol in finale: 118-107 il punteggio, con 27 punti a referto di Dwayne Wade.

La pallavolo ha visto una doppia finale Brasile-Stati Uniti. L'Italia di Anastasi è uscita in semifinale, travolta proprio dal Brasile di Giba dopo aver vinto il primo parziale; poi è stata superata nettamente dalla Russia nella gara per il bronzo. Nel doppio confronto Usa-Brasile, tra gli uomini l'hanno spuntata gli americani (3-1): Giba, Heller e compagni non sono riusciti a ripetere la vittoria di Atene. La rivincita verde oro è arrivata nella finale femminile, con punteggio ribaltato rispetto a quella maschile: per le ragazze brasiliane è stato il primo oro nella pallavolo.

Nel torneo di calcio è arrivato il secondo trionfo consecutivo dell'Argentina: zeppa di campioni (Messi, Di Maria, Lavezzi, Riquelme, Aguero), in finale l'albiceleste ha battuto la Nigeria con un gol di Di Maria, vendicando così la sconfitta patita dagli stessi nigeriani nella finale del 1996. L'Argentina ha legittimato la sua medaglia d'oro battendo nettamente il Brasile in semifinale (3-0 con due gol di Aguero e rigore di Riquelme); non bene invece l'Italia del tecnico Pierluigi Casiraghi, eliminata nei quarti di finale dal Belgio (in luce Giuseppe Rossi, capocannoniere del torneo olimpico con quattro centri). Il torneo femminile è finito esattamente come quattro anni prima: oro agli Stati Uniti (il terzo in quattro edizioni), argento al Brasile (il secondo consecutivo), bronzo alla Germania (il terzo di fila). La finalissima è stata piuttosto equilibrata e ha visto le americane passare solo nei tempi supplementari (1-0 il risultato finale).

Di fronte al pubblico amico, il programma della ginnastica ha visto il clamoroso strapotere della squadra di casa: la Cina ha vinto l'oro ben undici volte su diciotto prove, lasciando solo le briciole a Russia e Stati Uniti (due ori a testa).

Il tiro con l'arco ha regalato alcuni dei momenti più emozionanti vissuti dalla spedizione italiana a Pechino. Nella prova a squadre maschile, gli azzurri Mauro Nespoli, Marco Galiazzo e Ilario Di Buò sono andati infatti vicini a compiere un'impresa storica. Solo sesta dopo i tiri di qualificazione, nella fase finale la squadra azzurra ha iniziato eliminando il Canada e successivamente la Malesia, centrando l'approdo in semifinale. Contro la temibile Ucraina, seconda nelle qualificazioni e quindi favorita per l'oro, Nespoli, Galiazzo e Di Buò hanno sfoderato una prestazione superlativa che ci ha spinti in finale dopo un combattutissimo 223-221. Messi di fronte allo squadrone sudcoreano, bicampione olimpico di Sidney e Atene, gli azzurri non hanno tremato e hanno dato vita ad un confronto quanto mai emozionante e spettacolare. Alla fine hanno dovuto cedere (227 a 225), ma con l'onore delle armi. La Corea del Sud, dopo il terzo oro consecutivo tra i maschi, ha completato l'opera vincendo anche la prova a squadre femminile, in cui le ragazze coreane hanno colto la sesta affermazione su sei edizioni fin qui disputate: un record difficilmente superabile, se non forse dalle stesse arciere coreane.

Dopo Roland Garros e Wimbledon Rafa Nadal ha vinto anche il torneo olimpico di singolare, superando in semifinale il numero tre del mondo Novak Djokovic e in finale il cileno Fernando Gonzalez (già bronzo quattro anni prima): per lo spagnolo un anno olimpico decisamente da ricordare. Il numero uno del mondo, Roger Federer, è stato estromesso ai quarti di finale del torneo singolare dall'americano James Blake: per lo svizzero, che il 18 agosto si è ritrovato per la prima volta numero due del mondo dopo 237 settimane di permanenza assoluta al numero uno, la consolazione è arrivata con l'oro nel torneo di doppio, in cui insieme al connazionale Stanislav Wawrinka ha battuto due coppie di super specialisti, gli americani Bob e Mike Bryan in semifinale e gli svedesi Simon Aspelin e Thomas Johansson in finale.
Tra le donne podio tutto russo in singolare (Dementieva oro, Safina argento, Zvonareva bronzo), mentre in doppio hanno rivinto le sorelle Venus e Serena Williams: era già accaduto a Sidney.


MEDAGLIERE

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L'ATLETA SIMBOLO

Michael Phelps (7 ori tutti nel nuoto)

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IL FILMATO


https://www.youtube.com/watch?v=wQqmelsJlhs