Questo non è vero, e avendo vissuto in Lussemburgo fino ti posso assicurare che chi vive e nasce e cresce all'estero in famiglie italiane si sente molto più italiano spesso di chi questo paese lo vive quotidianamente.
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ma io non ho capito una cosa di theodor...
-i figli di immigrati italiani all'estero non possono giocare per l'italia (non hanno vissuto in italia, non sono venuti a contatto con la cultura italiana)
-i figli di immigrati arrivati in italia non possono giocare per l'italia (nei primi post hai citato balotelli), ma, seguendo il ragionamento del punto prima, non possono manco giocare per la nazionale dei propri genitori (visto che magari sono nati in italia)...
dove li facciamo giocare? :look:
creiamo la nazionale degli immigrati? :rotfl:
Fanno gli spettatori
Scusa eh, ma se io dovessi andare in Giamaica con mia moglie italiana, e mio figlio nascesse lì....per me è italiano a tutti gli effetti, nonostante tutto...conosco molte persone nate all'estero, e sono ITALIANISSIME...ma che stiamo a dire scusa??? sei Italiano nel sangue...più italiano di quello che c'è?
Il passaporto
A parte che sarebbe italiano di sangue al 50% e per me quindi non italiano (preciso che non sono razzista, la mia ragazza è peruviana)....ma se lui nasce li e vive li tutta la vita difficilmente si sentirà italiano o anche se si sente italiano in realtà non saprebbe nulla dell'italia perchè non ci vive.
cioè mio cugino, figlio di Padre italiano, tifoso sampdoriano, siciliano di Licata, nato in belgio, figlio di genitori entrambi italiani, nati in italia ed emigrati negli anni 50, e sua moglie (mia zia, sorella di mia madre) italiana, nata in Belgio, figlia di due italiani nati in italia, (Montella, irpinia) ed emigrati fine anni 40, nome italiano, cognome italiano è italiano al 50% (anzi.. al 25%?)
AHAHAHAHAH
bè ovvio che è solo la tua opinione. :asd:
Per la mia opinione, sbagli di grosso.
Ragazzi secondo me estremizzate troppo... tutti...chi da un lato chi dall'altro...
Ripeto quanto già detto, penso ci debba essere una norma che richieda aver vissuto almeno 10 anni in Italia.....capisco che in questo modo si danneggino quelle poche persone che effettivamente si sentono italiane a tutti gli effetti ma se non si da una regola rigida le nazionali saranno sempre più squadre di club che acquisiscono calciatori più forti pur di vincere. D'altra parte nel calcio penso ce ne siano davvero pochi di oriundi che si sentano davvero italiani.....mi fa ancora venire il nervoso la vicenda Amauri che aveva dato l'ultimatum al Brasile prima di accettare la convocazione.
Veramente è già così :look:
Citazione:
Acquisizione della cittadinanza italiana
La cittadinanza italiana si può variamente acquisire:
- automaticamente, secondo lo ius sanguinis (per nascita, riconoscimento o adozione, da anche un solo genitore cittadino italiano), oppure secondo lo ius soli (solo nati in Italia da genitori apolidi ovvero da genitori noti il cui ordinamento giuridico di origine non contempla lo "ius sanguinis");
- su domanda, secondo lo ius sanguinis (vedi sotto) o per aver prestato servizio militare di leva o servizio civile;
- su domanda, per essere residenti ininterrottamente in Italia per 10 anni (4 anni per cittadini dell'UE);
- per elezione se si nasce in Italia da genitori stranieri e ci si risiede legalmente ed ininterrottamente fino ai 18 anni; la dichiarazione dev'essere fatta entro un anno dal raggiungimento della maggiore età[1];
- per naturalizzazione, dopo dieci anni di residenza legale in Italia, a condizione di assenza di precedenti penali e di presenza di adeguate risorse economiche; il termine è più breve per ex cittadini italiani e loro immediati discendenti (ius sanguinis), stranieri nati in Italia (ius soli), cittadini di altri paesi dell'Unione europea, rifugiati e apolidi.
- per matrimonio con un cittadino italiano, dopo due anni di residenza legale in Italia o dopo tre anni di matrimonio se residenti all'estero (termini ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi), a condizione di assenza di precedenti penali. Le donne straniere, sposandosi con cittadini italiani prima del 27 aprile 1983, acquisivano automaticamente la cittadinanza italiana.
- su domanda, per essere nati in territori già italiani.
- su domanda, per essere nati in territori già appartenenti al disciolto Impero austro-ungarico.
Il diritto alla cittadinanza per ius sanguinis non si prescrive, ma per poterlo esercitare occorre che si verifichi una delle seguenti condizioni:
- l'antenato italiano nato prima del 17 marzo 1861 (proclamazione del Regno d'Italia) deve essere morto dopo tale data ed essere morto in possesso della cittadinanza italiana;
- l'antenato donna trasmette il diritto alla cittadinanza ai discendenti nati prima del 1º gennaio 1948 (entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana) solo in ipotesi residua secondo l'articolo 1 comma 2, Legge 13 giugno 1912, n. 555, se il padre era ignoto, se il padre era apolide, se i figli non seguivano la cittadinanza del padre straniero secondo la legge dello Stato al quale questo apparteneva, ossia se il paese imponeva o concedeva la cittadinanza estera solo per ius soli e non per ius sanguinis.
Beh non mi pare...Vazquez sta in italia da poco più di due anni, Eder da circa otto anni,
Vazquez ha la mamma di Padova, Eder ha il bisnonno di della provincia di Trevso indi per cui....
Citazione:
Acquisizione della cittadinanza italiana
[*]per naturalizzazione, dopo dieci anni di residenza legale in Italia, a condizione di assenza di precedenti penali e di presenza di adeguate risorse economiche; il termine è più breve per ex cittadini italiani e loro immediati discendenti (ius sanguinis), stranieri nati in Italia (ius soli), cittadini di altri paesi dell'Unione europea, rifugiati e apolidi.
:esd:
Fieri del 5% irpino :dito:
Garl, ma dimmi in che senso estremizzo :esd: qua so uscite le percentuali :esd:
per loro c'è lo Ius sanguinis, che non credo (se ho capito bene) necessiti dei dieci anni, valgono i 10 anni per chi non ha nessun legame con l'italia.
ecco appunto, Vazquez la madre è di Padova.
Ve lo dico quando torno a casa ...son dai suoceri :looksi:
:rotfl2: sardigna no est italia :rotfl:
Vai viaH :facepalm:
:rotfl2:
Tirol ist nicht Italien :rotfl:
Intendo che da una parte c'è Theo e la sua quasi intolleranza, dall'altra i tu e Kabra con discorsi sugli emigrati eccetera...
La verità imho sta nel mezzo: fermo restando che se il regolamento lo prevede non ci si può fare nulla, ma questa cosa degli oriundi lascia spazio purtroppo sia ai figli di emigrati che dite voi, che si sentono italiani e bla bla bla su cui concordo, ma anche a giocatori gia maturi, spesso mediocri, che si buttano sulla nazionale italiana solo come ripiego :baffo:
Se non erro un esempio eclatante fu Amauri, che attese giorni prima di scegliere l'Italia sperando di esser convocato col Brasile: ecco...questi sono gli oriundi che secondo me non devono essere convocati!!!
Come inserire ciò nel regolamento è un pelo più difficile :asd:
Stamane leggevo le notizie e mi son imbattutto in un articolo di Pippo Russo che racchiude grossomodo il mio pensiero a riguardo , dunque ve lo ripropongo in toto :looksi:
Citazione:
Pippo Russo: Oriundi? Signor Conte almeno si documenti
http://cdn.calciomercato.com/images/...15.356x237.jpg 27 marzo alle 08:00
All’improvviso ci si accorge che gli oriundi sono un problema, e che se una rappresentativa nazionale vi fa eccessivo ricorso rischia il comportamento antisportivo oltreché di mancare fede alla propria missione principale. Che sarebbe quella di promuovere l’eccellenza del calcio di un Paese, e non certo quella di andare a caccia dei talenti lasciati liberi dalle rappresentative di altri Paesi.
La polemica è esplosa in seguito a una presa di posizione dell’allenatore interista Roberto Mancini, che ha criticato la mossa del CT azzurro Antonio Conte di assegnare una maglia dell’Italia a altri due calciatori nati all’estero ma diventati italiani per jus sanguinis: Eder Citadin Martins, brasiliano della Sampdoria, e Franco Vazquez, argentino del Palermo. Il commissario tecnico della nazionale ha risposto usando argomenti pasticciati. Ma quest’ultimo aspetto lo illustrerò più avanti, quando si tratterà di fare due postille sulla questione. Che è complessa e riflette una delle più importanti trasformazioni del calcio contemporaneo, investito dai processi di globalizzazione e non ancora capace di metabolizzare il cambiamento in corso.
Mi tocca fare una premessa al ragionamento esponendo l’opinione personale sulla questione: per quanto mi riguarda, in una rappresentativa nazionale dovrebbero giocare soltanto i calciatori nativi del Paese in oggetto, o al limite quelli nati in un altro Paese ma approdati giovanissimi in quello che li naturalizza. E tuttavia mi rendo conto che la mia è una posizione un po’ troppo romantica, non più in sintonia coi tempi che stiamo attraversando. Inoltre, da sociologo quale sono prima ancora che giornalista, sono abituato a analizzare i fenomeni sociali (e quelli sportivi fra essi) cercando di mettere da parte i convincimenti personali. Dunque, ammettiamo pure l’idea che oggi le nazionali possano arruolare calciatori nativi di un altro Paese per potenziarsi. Del resto, se esistono regolamenti delle federazioni internazionali che lo permettono è persino inutile stare a accapigliarsi in polemiche. È consentito farlo, dunque lo si fa. Semmai è sul modo in cui lo si fa che bisogna discutere, così come sulle valutazioni suscitate da un sistema calcistico nazionale che prenda a fare un ricorso sistematico agli oriundi. E guardando a questi due aspetti non si può non vedere un’ulteriore conferma della decadenza del calcio italiano.
C’è innanzitutto da sgombrare il campo da un equivoco: quello che porta a fare un paragone con la Germania e la sua recente svolta multietnica, decisiva per rilanciare un calcio che a metà degli Anni Zero pareva moribondo. Paragone sballatissimo. I calciatori della nazionale tedesca del 2010, la prima del nuovo corso, erano quasi tutti tedeschi di nascita. Anche quelli con cognomi stranieri. Faceva eccezione il solo Cacau, brasiliano giunto in Germania da calciatore maturo e naturalizzato dopo 8 anni di residenza. Una presenza nemmeno rilevante per quella nazionale, a dirla tutta. Naturalizzati erano pure Klose, Trochowski e Podolski. Nati in Polonia, ma da genitori tedeschi (elemento determinante, per un paese la cui legislazione sulla cittadinanza si basa sul principio dello jus sanguinis), e comunque giunti giovanissimi in Germania, perciò formati culturalmente e calcisticamente come qualsiasi altro ragazzo tedesco: Klose all’età di 8 anni, Trochowski a 5 anni, Podolski addirittura a 2 anni. Stesso discorso per la nazionale che quattro anni dopo ha vinto il mondiale in Brasile. Tutti tedeschi, perché in Germania o per jus sanguinis e precoce insediamento nel Paese. Giusto per capirsi: sono tedeschi al cento per cento calciatori dai cognomi esotici come Özil, Khedira, Aogo, Taşçi, Boateng, Gomez, Mustafi. Nessuno di loro è stato naturalizzato, men che meno in età adulta e da calciatore formato in un altro Paese. Dunque, chi paragona l’Italia degli oriundi alla Germania multietnica dice una solenne sciocchezza e ottiene soltanto di provocare ulteriore confusione.
E veniamo al dettaglio degli oriundi italiani, quelli che a partire dal XXI secolo sono stati arruolati per difendere sui campi di calcio la bandiera di un Paese diverso da quello in cui sono nati. Gli ultimi della serie sono due buoni giocatori, su questo nulla da eccepire. Fra l’altro, nel caso di Eder si può dire che sia italiano “per sviluppo”. Nel senso che è arrivato nel nostro paese all’età di diciotto anni e qui è maturato. Dire che lo si possa equiparare a un homegrown (cioè, un calciatore cresciuto nel nostro sistema di formazione indipendentemente dalla sua nazionalità) sarebbe troppo, ma certo ormai lo si può considerare calcisticamente italiano, come era stato nel caso di Cacau in Germania. Non altrettanto si può dire per Franco Vazquez, giunto in Italia tre stagioni fa a 23 anni e nazionale italiano “in mancanza di meglio”. Il suo è uno dei tanti casi di calciatori che accettano la chiamata di un’altra nazionale dopo aver avuto la certezza di non essere convocati dalla propria. Come era stato nel caso di Mauro German Camoranesi, capostipite dei nuovi oriundi italiani e campione del mondo azzurro nel 2006 quando mille volte avrebbe voluto giocare con la sua Argentina. E come invece non è stato nel caso di Paulo Dybala, compagno di squadra di Vazquez a Palermo e legittimamente in corsa per una maglia della nazionale biancoceleste.
Eder e Vazquez sono gli ultimi due elementi di una galleria recente di oriundi che si segnala per un dato: la mediocrità. Fatta eccezione per Camoranesi, tutti gli altri arruolati compongono una lista desolante: Amauri, Ledesma, Thiago Motta, Osvaldo. Fino a toccare il fondo con Paletta e Romulo, quest’ultimo in procinto di andare ai mondiali brasiliani e fermato soltanto da un infortunio. E proprio i nomi di Paletta e Romulo sollecitano le considerazioni più amare a proposito degli oriundi in nazionale e dello stato di salute del nostro calcio. Perché, volendo ragionare in termini meramente utilitaristi, si può anche ammettere di naturalizzare un calciatore già formato: ma purché si tratti di un elemento che faccia fare il salto di qualità alla squadra. Per esempio, Deco naturalizzato da Portogallo. O Diego Costa naturalizzato dalla Spagna, anche se poi nel suo caso i risultati del campo non sono stati all’altezza delle aspettative. Ma se invece ci si riduce a naturalizzare calciatori del calibro di Paletta e Romulo, ciò significa una sola cosa: che la scuola calcistica italiana ha fatto default, e che la sua ricostruzione sarà lunghissima. Perché passi il non essere in grado di produrre altri talenti come Roberto Baggio o Paolo Maldini. Ma se non siamo nemmeno in grado di produrre calciatori del calibro di un Paletta o un Romulo, allora forse è meglio chiudere baracca per un po’. Né basteranno le infornate di oriundi a correggere la rotta a precipizio verso la catastrofe.
Detto tutto ciò, due postille annunciate. La prima riguarda le politiche della FIGC sul tema, a proposito delle quali esiste una linea di continuità fra le gestioni Abete e Tavecchio. Da entrambi i presidenti sono giunte, nel corso del tempo, ripetute sollecitazioni ai club affinché limitino il ricorso ai calciatori stranieri. Un invito condivisibile, se non fosse che poi è proprio la federazione a fare man bassa di stranieri per rinforzare la nazionale. E se non è quest’ultima a difendere il principio di nazionalità e le strutture nazionali di formazione, perché mai dovrebbero essere i club a farlo? La solita ipocrisia italiana.
La seconda considerazione, annunciata all’inizio, riguarda Antonio Conte. Che prendendo la parola sulla questione degli oriundi in nazionale, e rispondendo alle obiezioni di Roberto Mancini, ha dichiarato che in altri paesi più maturi queste polemiche non avrebbero senso. E ha citato la Francia “e i suoi calciatori africani”. Scusi Conte, ma di quali africani parla? Di Bakari Sagna, nato a Sans in Borgogna? Di Mamadou Sakho, nato a Parigi come Eliaquim Mangala? Di Moussa Sissoko, nato a Le Blanc-Mesnil nell’Île de France, stessa regione in cui hanno sede le cittadine di Nemours in cui è nato Geoffrey Kondogbia e Lagny-sur-Marne in cui è nato Paul Pogba? Di Blaise Matuidi, nato a Tolosa? Di Karim Benzema, nato a Lione come Kurt Zouma e Nabil Fekir? Di Josuha Guilavogui, nato a Ollioules, regione Provence- Alpes- Côte d’Azur? O forse di Rio Mavuba, nato in mare mentre i genitori viaggiavano verso la Francia in fuga dall’Angola in guerra? Facendo una rapida ricognizione si scopre che attualmente l’unico africano arruolato da adulto per la nazionale francese è il portiere Steve Mandanda del Marsiglia, nato a Kinshasa ma cresciuto nelle giovanili del Le Havre. Caro Conte, ci sono stati meno africani nella nazionale francese degli ultimi vent’anni che oriundi in quella italiana degli ultimi dieci. La prossima volta che vuole sostenere una polemica si documenti.
Pippo Russo
bè ma su una cosa siamo d'accordo, quando una nazione "naturalizza" Amauri, Paletta e Romulo, non mi indegnerei tanto per il fatto di farli oriundi ma quanto sulla bontà della chiamata :|
Quoto in parte: se in quel momento quei tre erano i migliori disponibili nel ruolo (e qui è a giudizio del ct), il senso c'è; farli passare per dei furbetti è lecito fino ad un certo punto e il discorso della cittadinanza non vale: è criticabile la decisione di chiamarli come quella di preferire Ranocchia a Rugani o Cerci a Gazzola.
simon, ti voglio bene, ma AMauri
2000 Bellinzona 5 (1)
2000–2003 Parma 0 (0)
2001 → Napoli (loan) 6 (1)
2001–2002 → Piacenza (loan) 7 (1)
2002 → Empoli (loan) 0 (0)
2002–2003 → Messina (loan) 23 (4)
2003–2006 Chievo 90 (17)
2006–2008 Palermo 52 (23)
2008–2011 Juventus 71 (17)
2011 → Parma (loan) 11 (7)
2012 Fiorentina 13 (1)
2012–2014 Parma 57 (16)
2014- Torino 11 (1)
In una sola occasione è arrivato a sfiorare il 50% di presenze /goal, se avevamo necessità di uno così, tanto da naturalizzarlo stiamo in basso forte.
Su Ranocchia con me sfondi una porta aperta, non sarà manco male il ragazzo in mezzo a due difensori bravi, ma se ho due bravi, posso farne a meno tranquillamente :esd:
Pensi che io stia difendendo Amauri? :meaculpa: Non mi ricordo la situazione, ma evidentemente ci fu un momento (buio, impossibile negarlo) in cui in nazionale serviva quel tipo di giocatore ed il migliore esponente al ct (che non voglio andare a vedere chi fosse) è parso essere lui; se è stato possibile chiamarlo, non ci vedo niente di eticamente scorretto, al massimo un clamoroso errore di valutazione tecnico.
Riguardo a Ranocchia, per me non è così male come sembra, ma la situazione lo sta rovinando.
diciamo che il mio punto di vista è questo, sei in un momento BUIO, ti manca la punta di peso che segna (??!! amauri?? ).. invece di naturalizzare AMARI, prendi su un vecio d'esperienza (TONI) o un giovane che sai e puoi far crescere.
Se la punta di peso è DIEGO COSTA ( diciamo dopo il mondiale scorso forse scelta sbagliata anche quella..) allora forse, il discorso cambia :esd:
Ecco è qui che non mi trovo daccordo da tifoso : in questo caso abbiamo convocato un giocatore che con l'Italia non ha nulla a che vedere...uno che semplicemente non potendo giocare dove desidera, piuttosto che rimanere "a piedi" , prende la nazionale di riserva :baffo:
Mi ricorda quasi il periodo in cui , se non erro il Qatar, pur di far su una nazionale decente era disposta a "regalare " la nazionalità a argentini, brasiliani e così via, pagandogli pure uno stipendio da club!!
Infatti Wikipedia riporta che nel 2004..
Un appunto divertente nella stessa pagina, a proposito di nazionali per convenienza...Citazione:
..la FIFA mise di nuovo mano ai criteri per far fronte alla nuova tendenza di alcune Nazionali come Togo e Qatar, che solevano naturalizzare giocatori brasiliani senza che essi avessero degli effettivi legami con la loro nuova nazione. Una nuova regola approvata dalla commissione della FIFA specifica che il calciatore deve dimostrare un "chiaro collegamento" con qualsiasi paese voglia rappresentare a livello internazionale; quindi deve avere un genitore o un nonno nato in quel paese o deve risiederci per almeno due anni.[1]
Quest'ultimo parametro fu aumentato da 2 a 5 anni nel maggio 2008, come voluto dal congresso FIFA riunitosi nello stesso anno per «preservare l'integrità delle competizioni cui partecipano squadre nazionali».[2]
L'attuale articolo 17 – Acquisizione di una nuova nazionalità – della FIFA afferma:[3]
« Qualsiasi giocatore che […] [assume] una nuova nazionalità e che non ha giocato in ambito di Nazionali [in una partita […] in una competizione ufficiale di qualunque categoria o qualsiasi tipo di competizione per una federazione] è convocabile da una nuova rappresentativa solo se soddisfa una delle seguenti condizioni:
- È nato nel territorio della federazione interessata
- La madre biologica o il padre biologico sono nati nel territorio della federazione interessata
- La nonna o il nonno sono nati nel territorio della federazione interessata
- Ha vissuto ininterrottamente sul territorio della federazione interessata per almeno cinque anni dopo il raggiungimento della maggiore età. »
:rotfl:Citazione:
Non ci sono restrizioni invece riguardo giocatori che desiderano passare da una nazionale giovanile a un'altra. Alex Zahavi ha giocato per il Portogallo Under-17, Portogallo Under-18, Portogallo Under-19, gli Stati Uniti d'America Under-20 e l'Israele Under-21.[1]
Non è esattamente così, a meno che tu non voglia insinuare che si sia sposato con una cittadina italiana per giocare con l'Italia; chiaro non si può escludere, ma io ci credo poco.
EDIT
Ho trovato questa sua dichiarazione da sportweek del 23 aprile 2011
« Non ho scelto la cittadinanza italiana, dunque la vostra Nazionale, perché non sarei mai stato convocato nel Brasile. Mi avevano chiamato, ma io mi sento calcisticamente italiano. E i miei figli sono nati qui. »
Siamo tutti d'accordo che la chiamata della nazionale dovrebbe essere sentita come un motivo di orgoglio e di attaccamento alla propria patria e quindi se sei per 25 anni brasiliano a tutti gli effetti, la tua concezione della maglia azzurra è diversa da quella di un emigrante che sogna l'italia di notte; condivido anche l'idea che Amauri non avrà mai avuto i brividi durante l'inno di Mameli, nè una motivazione più forte a giocare per la nazionale rispetto ad una squadra di club, ma magari prova per l'italia un sentimento diverso, una sorta di gratitudine verso il paese che l'ha accolto, (l'ha reso milionario, perchè no), l'ha fatto crescere come calciatore e come uomo e soprattutto è il paese della sua famiglia.
Magari è un discorso che col calcio, coi meriti sportivi, c'entra poco, ma se si fanno dichiarazioni del tipo "non sei italiano e non lo sarai mai", sempre col presupposto che per la legge sei cittadino italiano, hai il diritto morale di accettare la chiamata.
a bè sull'essere rappresentato da Amaurì posso confermare che non mi sento :esd: