[FM2014] Di generazione in generazione...
Cap. 2 – La grande occasione
Vittorio era un ragazzino simpatico e spigliato. Stava bene con tutti in qualunque situazione. Era diligente e ordinato, e a scuola se la cavava abbastanza bene, non aveva mai avuto voti eccellenti, ma nessuno si poteva lamentare del suo rendimento. Frequentava il Liceo Scientifico, ed era molto portato per la matematica e la fisica. Non digeriva molto le materie umanistiche e lo studio del latino sembrava uno scoglio insormontabile, ma tra alti e bassi riusciva a raggiungere la sufficienza anche in quella materia.
Nello sport continuava ad eccellere e la sua crescita era eccezionale. Per essere un estremo difensore non era altissimo, poco più di 1 metro e 75, ma aveva un’esplosività nelle gambe, un’agilità ed una reattività tali da sopperire alla statura. Aveva un carattere molto forte e non soffriva minimamente la pressione di giocare con avversari molto più grandi di lui. D'altronde aveva imparato presto a prender confidenza con i campi da gioco e con avversari fisicamente più forti di lui, fin da quando, a partire dai 10 anni, giocava regolarmente con il fratello, già maggiorenne, sui campi di calcio a 5 disseminati in città.
Quando, invece, giocava con i suoi di amici raramente stava tra i pali, visto che continuavano a ripetergli che “così le squadre non sono equilibrate” o “abbiamo solo un portiere” o cose del genere. In effetti era vero, con i suoi coetanei non c’era confronto, quindi lui in porta non ci andava, soprattutto perché non ce lo volevano. Questo gli ha permesso di acquisire, già in giovane età, una buona dimestichezza nel giocare il pallone con i piedi, che con l’evoluzione che stava prendendo il calcio diventava un valore aggiunto per un portiere.
Quando ormai aveva 16 anni, e già una discreta esperienza a livello locale, era ancora un ragazzino. Il più basso tra i suoi compagni di squadra, piccoletto e con un fisico che si stava formando, ma che aveva bisogno ancora di migliorare.
Fu nell’estate del 2001 che, completamente inaspettata, arrivò la grande occasione, quella che forse capita una volta nella vita. Era la fine di giugno quando si presentò a suo padre un osservatore del Perugia. Gli disse che voleva parlare con lui e con Vittorio e poi avrebbe dovuto parlare con i suoi genitori. La proposta in poche parole fu un tesseramento con i Grifoni. Lo avrebbero tenuto in prestito per qualche anno ad altre squadre della scuderia di Gaucci, la più papabile era la Viterbese, in serie C1, ma sarebbe stato tutto da valutare. Sarebbe stato affidato ad un tutore fino alla maggiore età e avrebbe concluso privatamente la scuola superiore.
Come potrete immaginare per un ragazzino di 16 anni appena compiuti l’entusiasmo per una proposta del genere era tanto. Faceva fatica a contenere le sue fantasie e mettere in ordine i suoi pensieri mentre nella sua cameretta aspettava che quell’uomo finisse di discutere i dettagli con i suoi genitori. Il colloquio durò poco meno di un’oretta, che a quel ragazzino, felice come una pasqua, sembrò non passare mai. Quando lo chiamarono per salutare quel gentile signore, il laconico “beh, mi ha fatto piacere conoscerti, in bocca al lupo per il futuro.” con cui si congedò voleva già dire molto. Poco dopo ebbe modo di parlare con i suoi genitori. Fu una discussione che andò avanti a lungo, ma di tutto quello che si dissero gli rimase impressa solo l’irruenza del padre quando gli disse “Non sei più un ragazzino, devi smetterla di vivere di fantasie! Il calcio non ti darà mai da mangiare!”.
Quella sera, quel ragazzino, pianse per l’ultima volta nella sua vita.
Cap. 4 – C’era un cinese a Palma
C'era una volta un cinese a Palma, dal passato incerto e dal futuro ignoto.
Tal Zhicai Song, socio del colosso orientale Cinamercato, venne un giorno a Palma Campania, paese dell'Agro nocerino-sarnese dalla tradizione calcistica rispettevole, e bussando alla porta del sindaco gli chiese di vendergli la squadra. Non se la passavano bene, i rossoneri, la scorsa estate. Fu proprio l'intervento del sindaco, insieme ad altri fedelissimi sportivi, a scongiurare il pericolo liquidazione raccogliendo in tempi record le liberatorie dei giocatori e una somma da versare alla Lega per l'iscrizione al torneo di C2. Risolte le pratiche del caso, restava da organizzare la squadra, nonché la società, per il venturo campionato.
Alla porta del sindaco De Luca, oltre a Song, bussò anche una cordata di imprenditori palmesi. Messe sul tavolo del Comune le loro proposte, gli interlocutori furono esaminati dal primo cittadino che "scelse" Song. Il cinese prometteva la B in quattro anni, un nuovo stadio eccetera eccetera. Si pensava al solito disco, si diceva che l'unica musica che piacesse a Song fosse quella che sarebbe venuta dalla costruzione di un mega centro commerciale nei paraggi dello svincolo Caserta-Salerno. E invece, nel giro di due settimane, ecco sfilare nel ritiro di Rivisondoli gente come De Cesare, Marra, Pisciotta, Visone, Sapanis, Sergi, Caruso. Tutti insieme e, soprattutto, tutti per la Palmese. La guida tecnica è affidata a uno dei santoni della C, mister Roberto Chiancone.
Il campionato prende inizio, la Palmese sebbene in ritardo di condizione per un ritiro cominciato solo ad agosto inoltrato riesce a sopperire alle difficoltà atletiche grazie alla tecnica del gruppo. La classifica viene gradualmente scalata, fra i tifosi l'entusiasmo cresce a vista d'occhio.
Song come Zamparini? Non tutti, invero, credono in questo misterioso personaggio sul quale presto si scopre pendente una condanna a morte per bancarotta fraudolenta nel suo paese. La gente è insospettita anche dall'epurazione dei vecchi dirigenti che uno dopo l'altro vengono allontanati, dando spazio a discussi personaggi che a distanza di poche settimane vanno via alla chetichella, così come erano arrivati.
L'atmosfera non giova alla squadra, che tra l'altro resta senza stipendi. La società non paga a fine mese, e così il giocattolo si rompe: cominciano gli scioperi, gli ultimatum dei giocatori, e di riflesso in campionato la squadra, specialmente lontano dalle mura amiche, è tutt'altro che impeccabile. Le levate di scudi di Song non convincono De Cesare e compagni, pronti a svincolarsi a gennaio una volta compreso che l'utopia orientale sarebbe rimasta tale. Lo stesso Song esce di scena, lasciando i palmesi nei guai, beffati e disillusi. E lasciandosi dietro il progetto di un "Maradona day" del quale doveva essere lui l'organizzatore. Fuoco di paglia.
Resta, invece, Palma con i suoi problemi. Pronta a scendere in campo per salvare la squadra cittadina, ma una cordata di imprenditori palmesi non sarà comunque in grado di porre riparo ad una campagna acquisti non sostenibile e a diversi altri debiti che nei mesi seguenti sarebbero venuti fuori. L'impero cinese finì nella polvere e così la Palmese.
Insieme alla Palmese morì definitivamente il sogno del nostro protagonista di farsi spazio da calciatore. In una stagione trascorsa a Palma Campania giocò solo gli ultimi 20 minuti dell’ultima partita di campionato. Per tutto l’anno non ricevette mai uno stipendio e quei pochi soldi che aveva messo da parte negli anni precedenti a stento gli bastarono. Così fu costretto, suo malgrado, a tornare a casa con la coda tra le gambe.
Cap. 5 – Il definitivo declino
Il ritorno a casa fu difficilissimo, la rottura con i genitori era ormai insanabile. Ormai quasi ventenne quel ragazzo deluso dai suoi sogni e dalla sua famiglia, e ormai sempre più solo, non poté fare altro che piegarsi ai dettami del padre. Iniziò a frequentare una scuola privata per prendere il diploma, e iniziò a lavorare come manovale in una delle tante imprese edili del posto. Il calcio ormai era solo un passatempo. Tornò a giocare nel campetto dove aveva iniziato, sulla terra battuta che ormai sembrava far tanto male ogni volta che la toccava.
Il quel periodo gli succedeva una cosa strana. Era sempre più svogliato agli allenamenti. Continuava a ripetersi che fosse la stanchezza del lavoro, ma la verità era che giocare al calcio non lo divertiva più.
“Il ruolo del portiere è il più difficile. Un portiere è solo in mezzo al campo, ha troppo tempo per pensare ai suoi errori e poche occasioni per riparare. Ha sulle spalle tutta la responsabilità della squadra e in mezzo al campo non ha nessun’altro su cui fare affidamento. Per questo devi saper essere forte e sicuro di te.”
Queste parole gliele aveva dette 5 o 6 anni prima lo stesso allenatore che lo guidava adesso, di nuovo sui campetti dimenticati da Dio. Queste parole gli tornavano spesso in mente durante le partite, ed ogni volta si ritrovava sempre più disarmato di fronte ai pensieri che gli riempivano la testa durante gli incontri. Infatti ultimamente durante le partite era sempre immerso nei suoi pensieri, gli si presentava spesso la storia della sua vita calcistica, e non vedeva l’ora che quei novanta minuti interminabili e strazianti terminassero.
Di lì a breve iniziò ad essere catturato dai vizi. Avevo preso a fumare e non c’era sera che non finiva al bar con una birra in mano. Ogni scusa era buona per saltare un allenamento e la forma fisica era sempre peggiore. A soli 23 anni si trovò ad essere riserva in terza categoria.
Le uniche soddisfazioni venivano, con la sorpresa di qualcuno, dagli studi. Subito dopo il diploma, a 21 anni, fu ammesso all’ISEF, dove portava avanti gli studi con buoni risultati, sebbene frequentasse solo i corsi e le attività obbligatorie. Agli allenamenti spendeva la maggior parte del suo tempo a confrontarsi con il suo allenatore, quello che lo aveva voluto in prima squadra a soli 14 anni e che ormai era quasi un padre.
Fu lui un giorno a dirgli “Sai quest’anno le iscrizioni al corso di allenatore dilettante sono pochissime. Prova a iscriverti, magari riesci ad essere ammesso. So che vale poco e non ti permette di allenare praticamente da nessuna parte, ma fossi in te ci proverei.”
Forse quel padre acquisito aveva capito per primo la reale attitudine di quel ragazzo che ormai, a soli 23 anni, aveva perso ogni interesse nel fare il calciatore.
Cap. 7 – Spazio ce n’è per tutti. Il mondo è grande, e a calcio si gioca ovunque
Era il suo allenatore che lo spingeva a restare nel mondo del calcio. Ormai erano 3 anni che non giocava più, si presentava solo ogni tanto agli allenamenti, ma non era neanche più tesserato con la squadra. Spendeva tempo a parlare di tattiche, dell’ala che dovrebbe spingere di meno e del mediano che dovrebbe coprire di più. All’allenatore piacevano le idee tattiche del ragazzo, e continuava a tenerlo informato delle panchine che saltavano in provincia, ma lui sembrava disinteressato. Ormai era assorbito dal vortice del lavoro e aveva perso le speranze di restare nel mondo del calcio, e pensare che solo poco più una decina di anni prima sarebbero stati in tanti a scommettere su di lui, e nessuno avrebbe mai pensato che a stroncare la sua carriera fosse stata una semplice delusione adolescenziale di cui ormai non ci si ricordava quasi più.
Così una sera al solito bar l’allenatore, prima di congedarsi, lo prese per un braccio e gli disse “Vittò tu c’hai tutte le carte in regola per fare ‘sto lavoro. Mi hanno parlato di un tizio che secondo me fa al caso tuo, chiamalo!” e nel dirgli queste parole gli passò un biglietto da visita.
Su quel biglietto c’era scritto “Alessandro Magni – Procuratore calcistico” un indirizzo di Lecco ed un paio di numeri di telefono. Lo mise in tasca senza badarci troppo, convinto che non gli sarebbe servito.
Passarono diverse settimane prima di fare davvero quel numero di telefono. A rispondere fu una voce giovanile e cordiale. I due al telefono si parlarono un po’ per mettere in chiaro la situazione. Da lì partì un monologo di quel procuratore, esperto nel piazzare italiani nei campionati del mondo. Parlò a lungo ma a Vittorio rimasero impresse poche frasi o frammenti.
“Se vuoi lavorare nel calcio, tu lo devi e lo puoi fare ovunque. E dal mio punto di vista la Serie A è la Serie A in tutto il mondo”
“Tu probabilmente in Italia non tornerai mai più da allenatore, ma è così importante per te? Se domani partiamo, e andiamo a giocare in Serie A in Bulgaria, poi dalla Bulgaria in Serie A in Grecia, dalla Grecia andiamo in Paraguay, dal Paraguay alla Svizzera, che ne sai poi che dalla Svizzera non ti si aprano i mercati di Francia e Germania? Perché mai poi rimarresti, per fermarti e supplicare di allenare in Lega Pro a un quarto di quanto guadagni all’estero? Se hai scelto che il calcio è il tuo lavoro, oggi ritengo che il tuo lavoro tu lo possa e lo debba fare dove hai gli sbocchi migliori”
“Per tante persone il fatto di sentire “Armenia”, “Bulgaria”, significa non avere un traguardo, è la fine del calcio, e invece c’è la possibilità che il calcio ti si apra in tante prospettive”
“Spazio ce n’è per tutti. Il mondo è grande, e a calcio si gioca ovunque”.
Come potevano tali parole non riaccendere un entusiasmo ormai sopito di fronte alle miriadi di porte sbattute in faccia? Fu così che dopo altri contatti telefonici ed un paio di incontri per definire le condizioni della procura, i due si misero in affari.
Cap. 8 - Una nuova speranza
I contatti con Magni, dopo aver concluso le formalità per la procura, si fecero sempre meno intensi, fino a sparire del tutto. Alle richieste di spiegazioni arrivavano risposte del tipo “ci sto lavorando” “adesso non è il momento” ma altre volte non ne arrivavano proprio. Ma proprio mentre l’entusiasmo stava per svanire arrivò finalmente la prima proposta concreta. In quel momento Vittorio non aveva nessun motivo per non mollare tutto e andare via. Aveva avuto una storia con una ragazza che era finita in malo modo, i rapporti con i genitori erano ridotti al minimo indispensabile, ed il lavoro non era assolutamente quello dei suoi sogni, beh in fondo chi sogna di impastare calcestruzzo in un cantiere?
La destinazione era l’Albania, in una squadra di una società petrolifera, la società petrolifera nazionale albanese. Ci si spostava a Patos, una cittadina di poco più di 20.000 abitanti. La dirigenza chiedeva un campionato dignitoso, ma non aveva grosse ambizioni. Secondo Alessandro sarebbe stato il posto ideale per iniziare a familiarizzare con il nuovo ruolo.
A Patos il campionato non fu propriamente esaltante. Tra alti e bassi la squadra finì a metà classifica, e il rinnovo proposto non convinse Vittorio, che archiviò frettolosamente l’esperienza albanese e si rimise alla ricerca di una nuova panchina.
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Cap. 9 – L’approdo in Boemia, le dimissioni e l’esonero tedesco
Dopo l’Albania fu il turno della Repubblica Ceca. Il trasferimento in Boemia, al Benesov, fu accolto con molto entusiasmo da Vittorio, che aveva ricevuto dalla dirigenza il via libera per programmare nel tempo. Così nel calciomercato estivo la squadra fu rivoluzionata, ma a fine stagione ottenne un deludente 12° posto
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Nella stagione 2015/16 si ripartì ancora da Benesov, forti dell’esperienza maturata durante la stagione precedente e dai nuovi acquisti arrivati durante l’estate. Nonostante i rinforzi le cose non girarono e dopo le prime 7 giornate il sogno di un campionato da disputare ai vertici della classifica si infranse contro i soli 5 punti conquistati. Vittorio in quel momento gettò la spugna e rassegnò le proprie dimissioni.
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Si presentò così l’occasione di allenare in Germania, in Oberliga. Al Rodinghausen.
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La compagine tedesca era allo sfascio. Dopo la retrocessione dalla Regionalliga la squadra era stata smantellata e non era più adatta a soddisfare le ambizioni di dirigenza e tifoseria.
Al suo arrivo Vittorio trovò una squadra che dopo metà campionato era all’ultimo posto.
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Riuscì a strappare la promessa di un rinnovo in caso di salvezza, ma non immaginava che la dirigenza non l’avrebbe rispettata. Così dopo essersi rimboccato le maniche e aver ottenuto la salvezza con ben due giornate di anticipo si vide dare il benservito dalla dirigenza tedesca.
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Cap. 10 – La risalita dopo la caduta
L’esonero è una brutta mazzata per un allenatore alle prime armi. Così, senza neanche stare ad investigarne i motivi, molte porte furono chiuse in faccia al nostro allenatore per via di quella macchia sul suo curriculum. L’occasione per la rinascita arrivò dal Lussemburgo. La proposta di ingaggio arrivò dal Rumelange, una squadra che dopo la retrocessione dalla prima divisione ed un anno mediocre in seconda divisione puntò su un allenatore giovane per la risalita
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La scelta si rivelò subito azzeccata. Grazie ad un mercato oculato, che mise in piedi una vera corazzata, il Rumelange di Vittorio De Santo già al giro di boa era saldamente in vetta alla classifica
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Alla fine della stagione si confermò l’andamento, anche se con diversi passi falsi in più. Il Rumelange dominò il campionato e conquistò la promozione
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E Henri Plein fu sicuramente l’elemento fondamentale di questa vittoria
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Cap. 11 – La serie A è la Serie A in tutto il mondo
“La serie A è la serie A in tutto il mondo”. Queste erano le parole che gli risuonavano in testa, quelle che gli aveva detto il suo agente qualche anno fa. Ora ci era arrivato alla serie A. Serie A del Lussemburgo, che si chiama “Nationaldivisioun”, ma sempre di serie A si tratta. La dirigenza del Rumelange gli diede carta bianca, e lui non perse l’occasione di rimaneggiare la squadra. I volti nuovi erano Strasser tra i pali, Yannick Theis e Kintzinger in difesa e infine Fullenwarth, Diop e Mike Theis a centrocampo. Il resto della formazione che si presentava all’esordio era riconfermata dalla stagione precedente. In uscita da segnalare era la partenza di Jean Marc Ferron, incantato dalle sirene dell’RC Hamm Benfica, che già ad inizio stagione si era garantita anche la firma dell’altra punta di diamante del Rumelange, Ibrahima Sangare, che si sarebbe unito alla sua nuova società durante la pausa invernale.
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L’inizio fu esaltante, esordire in A con una vittoria non è da tutti, e tutta la prima metà del campionato continuò alla grande. Il Rumelange costruito per la serie A non sembrava essere una squadra che doveva salvarsi, bensì un’insidiatrice dello strapotere dello Jeunesse Esch e del Differdange, le due corazzate del campionato lussemburghese. Nelle 13 partite che portavano al giro di boa, solo queste due formazioni riuscirono a battere il Rumelange, che così a metà campionato si trovava nella metà alta della classifica ad accarezzare il sogno della qualificazione in Europa League.
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Durante la pausa invernale bisognò fare i conti con la partenza di Sangare, trascinatore della squadra con 15 reti segnate nelle prime 14 di campionato, e per sopperire arrivarono due attaccanti di indubbio valore, Gardner e Colic
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Si presentò anche l’occasione di tesserare un giovane terzino sinistro, Maier, che sarebbe stato inserito subito nell’undici titolare.
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Gli entusiasmi del girone di andata a fine campionato si trovarono spenti in una dura realtà: Il calcio Lussemburghese è fatto così: davanti ci sono 4 squadre che si giocano il titolo, Jeunesse Esch, Fola Esch, Differdange e Dudelange, e indietro tutte le altre. Il Rumelange di De Santo si dimostrò essere né carne né pesce… finì in mezzo ai due gruppi, mai coinvolta nei giochi per non retrocedere, mai davvero vicina al vertice. A fine campionato chiuse 5 punti dietro le magnifiche 4 del Lussemburgo e 9 punti avanti al resto. A Vittorio sembrava di continuare a vivere in quel limbo che aveva caratterizzato la sua carriera da calciatore… primeggiava con i suoi pari, ma non abbastanza per passare al livello successivo.
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Ma la verità è che il capolavoro lo aveva preparato per la coppa. Il Rumelange riuscì nell’impresa di vincere la coppa nazionale, superando proprio le grandi del calcio Nazionale, la Jeunesse Esch prima ed il Differdange poi. Una serie di fortunatissime coincidenza portarono in finale i dilettanti dello Schifflange, in quelle storie di calcio che si trovano di rado nei grandi campionati, e De Santo non perse l’occasione di chiudere la stagione con un titolo. La partita fu combattuta e negli ultimi minuti iniziò a puzzare di beffa, quando lo Schifflange segnò il gol del 2-3 all’83’. Ma la beffa non si realizzò, e a 33 anni De Santo mise in bacheca la sua prima coppa e l’accesso ai preliminari di Europa League.
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Cap. 12 – I primi passi in Europa
La stagione 2018/19 segnò il ritorno del Rumelange in una competizione europea dopo 43 anni. Infatti l’ultimo precedente è del 1975, quando giocò contro gli Jugoslavi del Banja Luka subendo una sconfitta totale di 14-1 (9-0 all’andata 5-1 al ritorno) in Coppa delle Coppe. Gli altri precedenti in Europa sono un altro in Coppa delle Coppe (2-2 contro lo Sliema Wanderers nel 1968, eliminata per i gol in trasferta), uno in Coppa delle Fiere (11-0 contro la Juventus, 1970) ed uno coppa UEFA (21-0 contro il Feyenoord, 1972).
Per prepararsi alla stagione, durante il calciomercato estivo arrivarono diversi elementi di qualità, almeno per gli standard lussemburghesi, che si sarebbero inseriti facilmente in prima squadra. Dal Wiltz arrivarono il portiere Lex Rohmann, il difensore Mike Zaritskiy, il centrocampista Antonio Casafina ed il trequartista Dejvid Sinani
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Dal Kaerjeng furono ingaggiati un altro difensore, Mike Wilmes e la punta portoghese Stephane Da Cruz
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Mentre il difensore polacco Dariusz Brzyski arrivò dall’ RC Hamm Benfica
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La stagione iniziò ufficialmente i primi di luglio, con l’impegno europeo. Il sorteggio mise di fronte al Rumelange gli sloveni del Verzej, che liquidarono la compagine lussemburghese con un risultato complessivo di 10 - 3.
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Il campionato partì con il piede sbagliato, pareggiando con la modesta Jeunesse Canach, ma al giro di boa tendenzialmente si confermava l’impressione avuta dopo la prima esperienza: Fola Esch e Jeunesse Esch sono davanti a tutte, dietro c’è una zona di tre o quattro squadre che si illudono di poterne tenere il passo, e poi, già staccate, tutte le altre.
Il Rumelange dopo il pareggio all’esordio, uscì sconfitta solo nelle partite contro le due squadre di testa, i pareggi con Rodange e Wiltz completavano la lista dei passi falsi. In tutte le altre gare finirono con un predominio totale della squadra guidata da Vittorio.
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I 27 punti conquistati nelle prime 13 gare sembravano dar ragione alle ambizioni di qualificazione Europea
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Durante il mercato invernale Vittorio Riuscì a portare al Rumelange parecchi giocatori che avrebbero portato maggiore qualità ed esperienza alla rosa. Il terzino sinistro Rodrigues de Almeida e il trequartista Teixeira Soares arrivarono dal mercato degli svincolati
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Dal Differdange furono ingaggiati i centrocampisti Damir Muhovic e Gustav Schulz e la punta Eddire Mokrani
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Dall’Hamm Benfica arrivarono il difensore Kevin Engeldinger e il trequartista Marc Schiltz
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E per finire dal Wiltz arrivò il centrocampista Julien Rolandi mentre dal Kaerjeng il difensore Nico Reith
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La scelta di puntare sull’esperienza si rivelò azzeccatissima, visti i risultati del girone di ritorno. Dalla 14° alla 26° giornata il Rumelange conquistò 37 dei 39 punti in palio, vincendo tutte le partite ad esclusione di quello che poi sarebbe stato uno scontro diretto, contro la Jeunesse Esch, che finì 1-1
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La classifica finale fu qualcosa di clamoroso. Dopo una lunga rincorsa, il Rumelange approdò in prima posizione a 4 giornate dalla fine del campionato, e difese quella posizione con le unghie e con i denti, portando a casa il titolo con un turno di anticipo, anche a fronte di prestazioni opache, rese difficili dall’infortunio dei due terzini titolari, Theis e Rodrigues de Almeida e della punta Eddire Mokrani. Inoltre Il calendario del mese di Maggio era ancora più fitto per gli incontri in coppa che resero tutto più faticoso. Ciononostante mister De Santo riuscì a portare in bacheca il primo titolo di campioni di Lussemburgo nella storia del Rumelange.
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La stagione capolavoro però si concluse tre giorni dopo la fine del campionato, quando si giocò la finale di coppa nazionale. Rispetto alla passata edizione, questa volta i campioni in carica non si trovarono di fronte una compagine di dilettanti, ma il temibile Fola Esch, a cui avevano soffiato il titolo in campionato. Nonostante ciò la partita fu a senso unico e si concluse con un secco 4-1. Il double fu così completato da De Santo e il titolo in coppa difeso.
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Cap. 13 – 2019/20 – Guardare avanti! - Parte 1
Con la vittoria dal campionato lussemburghese si presentò a Vittorio l’opportunità di giocare la Champions League, ma a che prezzo? Avrebbe voluto dire giocare due partite e prendere da tanti a tantissimi gol, in base alla generosità del sorteggio. Vittorio ne approfittò per parlare alla dirigenza e chiarire le sue perplessità, ma quello che ottenne fu la consapevolezza che il campionato lussemburghese era poca effettivamente poca cosa, e che le squadre che vi partecipavano, un po’ per rassegnazione e un po’ per assenza di ambizioni, stavano benissimo ai livelli infimi a cui si assestavano. Ci fu una serie di colloqui con la dirigenza, che culminarono nelle dimissioni dal ruolo di allenatore del Rumelange.
Andato via dal Lussemburgo, inizialmente Vittorio tornò in Italia, a casa, da dove aveva ripreso a cercare una panchina. Con suo sommo stupore scoprì che di essersi fatto una certa reputazione tra i semiprofessionisti. Partecipò ad un’infinità di colloqui, ed ottenne decine di offerte, ma quella giusta tardava ad arrivare. Germania, Austria, Turchia, Ungheria e Russia erano le nazioni da cui arrivavano più offerte. Tra le altre, aveva ricevuto anche un’offerta dalla Finlandia ed una dalla Lettonia. Quando fu quasi pronto a firmare per trasferirsi a Francoforte (quella povera, quella sull’Oder), arrivò una chiamata per un colloquio che rimise tutto in discussione.
Si era aperta all’improvviso la possibilità di fare sul serio, tra i professionisti della Challenge League in Svizzera. La squadra era quella dei Basler Old Boys, una squadra appena promossa in seconda serie. Il colloquio andò alla grande, ma a Vittorio rimase l’impressione di essere una seconda scelta, la carta pronta da giocare nel caso in cui fallissero le trattative per prendere qualcun’alto. Quell’impressione fu confermata quando, in attesa di riscontri dagli svizzeri, venne a sapere che la panchina era già stata assegnata.
Ma anche Vittorio aveva il suo asso nella manica. Così, nonostante la delusione per l’accordo saltato con gli svizzeri, agli inizi di luglio si trasferì ad Aberdeen, dove firmò il suo primo contratto professionistico con i Cove Rangers.
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Il campionato scozzese è stato, per diversi decenni, una curiosa eccezione nel palcoscenico calcistico europeo. Inizialmente era una lega chiusa, e fino al 2014 era composto da una federazione “senior”, sotto la Scottish Football Association, chiusa e comprendente 42 squadre (12 in premiership e 10 nelle tre serie inferiori), una serie di federazioni regionali “junior” racchiuse dalla Scottish Junior Football Association e infine i vari campionati locali racchiusi dalla Scottish Amateur Football Association e dalla Scottish Welfare Football Association. Non era previsto in origine un sistema di promozioni e retrocessioni tra le varie leghe, finché nel 2014 fu messa in atto una riforma che prevedeva un meccanismo di promozione/retrocessione tra SFA e SJFA. In pratica l’ultima classificata della League 2 (quarta serie) si scontra in un play-out contro una squadra selezionata dalla SFA tra quelle della SJFA che presentano la candidatura.
I Cove Rangers avevano ottenuto la loro prima promozione in League 2 attraverso questo meccanismo, e nell’estate del 2019 assunsero Vittorio per garantirsi la permanenza tra i professionisti. Quello che il neoallenatore trovò al suo arrivo fu una società senza uno staff e con una squadra da costruire da zero. Non conosceva praticamente nessuno in Scozia, e fece di necessità virtù. Radunò tutti i suoi contatti in Italia, ed organizzò una serie di provini che sembrarono interminabili. Quello che venne fuori fu una rosa che includeva una nutrita presenza di giocatori italiani.
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Cap. 13 – Guardare avanti! - Parte 2
La partenza non fu delle più entusiasmanti, lasciando presagire che sarebbe stato un campionato in cui ci sarebbe stato da soffrire. Arrivò subito l’eliminazione dalle coppe nazionali, ed il campionato iniziò con il piede sbagliato, per proseguire poi a singhiozzo. Vittorio riuscì ad ottenere dei buoni risultati, ma le prestazioni in generale non erano convincenti. Tutto sommato la terza divisione scozzese però era un campionato abbastanza equilibrato, dove le 10 squadre che ne prendevano parte si scontravano per 4 volte. Poche squadre e tante partite, in un campionato dove, ad esclusione del Queen’s Park che mise subito in chiaro il suo ruolo da ammazzacampionato, i valori in campo erano grossomodo equivalenti, voleva dire che sarebbero bastate le strisce vincenti giuste per essere nei piani alti della classifica. In effetti per i Cove Rangers di mister De Santo andò proprio così, e alla fine del 2019 le 9 vittorie ed i 5 pareggi ottenuti nelle prime 19 partite di campionato furono sufficienti a chiudere l’anno solare in terza posizione.
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Cap. 13 – Guardare avanti! - parte 3
A gennaio la riapertura del calciomercato permise di puntellare la rosa qua e là. Vittorio cambio approccio tattico per cercare quella continuità che gli era mancata nella prima parte della stagione, abbandonando il suo 4-3-1-2 per uno schema che fu una via di mezzo tra un 4-5-1 ed un 4-3-3. Dopo una prima metà di stagione che gli permise di guadagnare il posto da titolare anche dopo il rientro di Baldi dal suo infortunio, Osio si vide assegnare la responsabilità di trainare il reparto offensivo, affiancato da Pierre Parent e Michael Friday, che occupavano le due fasce, in un ruolo che li faceva sembrare più degli attaccanti esterni che delle ali. Così il modulo girava ed arrivò anche quella continuità di risultati che era mancata ad inizio campionato. Una serie di dieci partite senza sconfitte rinsaldò la posizione in zona play-off,
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Ai play-off promozione si qualificavano 3 squadre della League 2 e la penultima della League 1. Gli accoppiamenti seguivano il classico schema 2°vs.3° e 1°vs4°, Quindi il Cove Rangers affrontò prima il Clyde, liquidato con due vittorie di misura, e subito dopo il Morton, che doveva difendere il suo posto in League 1.
L’andata della finale dei play-off, in trasferta, fu una vera gioia per gli occhi: Una doppietta di Osio ed un gol a testa per Baldi e Parent permisero di chiudere la gara d’andata sul 4-2 e di giocare tranquillamente il ritorno in casa, che finì con uno 0-0 noioso ma sufficiente a far guadagnare ai Cove Rangers la loro prima promozione proprio nell’anno dell’esordio tra i professionisti.
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I giocatori più significativi per il successo della squadra di mister De Santo furono il difensore Nicola Pasquali
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Il centrocampista Loic Martin
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E i tre del tridente offensivo: Michael Friday, Pierre Parent e Luca Osio
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Cap. 14 – Tempo di riconferme - parte 1
L’estate del 2020 fu un’estate dura per i Cove Rangers. La dirigenza annunciò un buco di 800.000€ nelle casse societarie e non si vedeva come questo potesse essere risanato. L’impatto sulla squadra fu notevole. Solo pochi giocatori accettarono il taglio dei salari, e quindi rimasero in squadra solo in 7, a cui si aggiunsero il terzino sinistro Cook ed i centrocampisti O’Hanlon e Wilson, riscattati dopo i prestiti durante la stagione precedente. Fu riconfermato il prestito di Parent, così ad inizio giugno la rosa era composta da soli 10 giocatori: i difensori Cook, Sechi e Colombo, i centrocampisti Wilson, Fonsato e O’Hanlon e gli attaccanti Friday, Parent, Osio, Baldi e Giombetti. Muoversi sul mercato sembrò un’impresa disperata e Vittorio riuscì ad ingaggiare solo giocatori che potevano al più essere utili per far numero. D’altra parte si era visto costretto a giocarsi il più grande bluff che poteva pur di farsi accordare una somma per gli ingaggi che gli permettesse di lavorare sul mercato. Promise alla dirigenza di mettere su una squadra che potesse conquistare la promozione in Championship!
Gli unici giocatori importanti che riuscì a portare in squadra a titolo definitivo furono il portiere Arnaudo, il terzino Kerr e il mediano Hunter
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Per completare la rosa si affidò ai prestiti, per ottenere i quali fece fruttare i contatti che gli erano rimasti in patria. Ancora una volta ai nastri di partenza presentò una squadra il cui nucleo principale era composto da italiani
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Cap. 14 – Tempo di riconferme - parte 2
La seconda stagione alla guida dei Cove Rangers, nonostante il problema sempre più grave del bilancio, sembrò essere tutto rose e fiori. La fine del 2020 per Vittorio si poteva sintetizzare con questo gol, che rimase per un bel po’ negli occhi degli increduli appassionati scozzesi
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Andava tutto liscio, sembravano non contare nulla le scelte tattiche di mister De Santo, il blasone degli avversari, le difficoltà economiche del club… sembrava che qualunque cosa si provasse fosse destinata ad andare a finire bene, proprio come il gol dell’estremo difensore Arnaudo ai danni del malcapitato Annan. E più passava il tempo, più aumentava l’entusiasmo in squadra e meglio andavano le cose, così alla fine dell’anno solare i Cove Rangers erano in testa alla classifica con 9 punti di vantaggio sulla seconda
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