Si può essere pionieri/visionari del calcio nella provincia italiana nell’anno 2020?
Non stiamo certo parlando di figure d’avanguardia come Edoardo Bosio, James Richardson Spensley, Herbert Kilpin, ai quali si deve, a cavallo tra Ottocento e Novecento, l’introduzione del calcio rispettivamente a Torino, Genova e Milano.
La famiglia aveva bisogno di soldi così si mette da subito al lavoro: fa qualche esperienza da un falegname prima e da un calzolaio poi, ma a lui i piedi interessavano soprattutto per tirare i calci a un pallone.
Gioca appena può: nei tornei in parrocchia e nelle prime partite con una squadra vera.
A giocare ci andava con «le scarpe della domenica» e per questo, oltre che per un vago e mai accertato «problema ai polmoni», la mamma non voleva per lui il calcio
.Il Nizzardo però aveva già sviluppato una caratteristica per cui si farà conoscere: la testardaggine. Così quando lo chiamano per fare un provino per le giovanili di una squadra di serie B, pur di andarci, dichiara falso nome per evitare che la mamma lo scopra in qualche modo. La squadra è stabilmente in serie B, prima della partita dei grandi giocano i ragazzini, una partitella tra i migliori della provincia per guadagnarsi una possibilità. Tra questi c’è anche Lui ma chissà con quale nome di fantasia. Gli prestano un paio di scarpe da calcio, prima di allora chi le aveva mai indossate. Primo tempo da portiere, secondo da centravanti. Il nostro, oltre alla già nota testardaggine, aveva sviluppato un fisico da marcantonio. Si fa notare e tante squadre lo vorrebbero tra i giovani ma serve il consenso della mamma, la quale ovviamente lo nega. Si muove in missione diplomatica anche lo zio ma niente da fare. Così sfuma questa possibilità, continua a giocare nel tempo libero che il nuovo lavoro da operaio all’Industria Ceramica gli lascia. Grazie al fratello ha un’altra possibilità: un provino, la partita viene giocata sotto un diluvio universale, le maglie di lana di ordinanza all’epoca diventano pesantissime e le maniche raggiungono lunghezze inenarrabili, è in porta, in un’uscita per conquistare il pallone si scontra con un avversario e si rompe il braccio, partita finita. La mamma aveva ragione, meglio lasciar perdere con i sogni nel calcio giocato. Poi c’è lo studio, il lavoro, una famiglia da costruire e per il calcio rimane solo lo spazio di qualche partitella con i compagni di lavoro.
La seconda vita da mister
Passano gli anni si laurea in medicina, comincia il percorso di specializzazione, viene assunto in ospedale e. comincia la sua nuova vita calcistica: quella di allenatore.
A 37 anni ha la sua prima esperienza di mister con la squadra dell’ospedale e in quella locale, categoria esordienti. In quegli anni ha anche l’occasione di conoscere e discutere, vedi alla voce testardaggine, con un allenatore di serie C che diverrà celebre per come intendeva il calcio , corsa, tecnica e universalità. Continua a masticare calcio e panchina, sempre categorie di giovani, sempre con gli amici del posto di lavoro. È qui, dopo un’iniziale esperienza di squadre amatoriali di adulti, decide di dedicarsi esclusivamente ai suoi ragazi: il tempo e la passione non mancano. Si ritrovano nella palestra della scuola media quando piove e nel campetto appena possibile
Ha delle priorità: «il calcio è un gioco» ma è una cosa seria L’ignoranza degli allenatori la vedi quando si arrabbiano con i bambini perché hanno perso una partita. «Non esistono vittorie e sconfitte. Esiste solo: ho dato il massimo, non ho dato il massimo»; «tutto l’allenamento si fa con il pallone tra i piedi». Non ha senso correre, devi far giocare con la palla. Non è difficile allenare i ragazzi, il difficile è allenare i genitori». È il comandamento più importante. I genitori devono sapere che dentro il rettangolo di gioco non possono entrare. Ha interrotto partite se sentiva genitori dire cose che non gli piacevano ai suoi piccoli giocatori. È la sua idea di calcio, di vita. Oltre l’esperienza c’è stato tanto studio: quando ha iniziato si è fatto recapitare a casa le videocassette degli allenamenti delle giovanili dell’Ajax. Poi ha girato i campi della provincia e della regione per guardare gli altri come facevano.
Ha conosciuto e imparato tanto da altri
Quest’anno non ha una squadra, ha litigato con la società perché le cose secondo lui non sono state fatte nel modo giusto. Ma dice subito che tornerà