anzi, per me quando i giudici hanno visto che i presunti dopati facevano 15" nei 100m gli hanno anche detto che in turchia per pochi euri ti vendono robbabbuona
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Il Times ha aperto un nuovo fronte nelle sue inchieste giornalistiche sul doping nello sport: dopo l'atletica leggera, tocca ora al nuoto, con la Russia ancora una volta al centro dell'indagine. Il quotidiano britannico ha dedicato ieri quattro pagine all'argomento e i punti chiave del report sono sei.
Numero uno: Sergei Portugalov, il medico squalificato a vita che ha architettato il doping nell'atletica russa, avrebbe spinto anche i nuotatori della squadra nazionale di nuoto a fare uso di sostanze per migliorare le loro prestazioni.
Numero due: un testimone ha dichiarato di aver visto un dottore a bordo vasca rifornire di pillole e medicine gli atleti.
Numero tre: un personaggio importante del nuoto russo ha parlato di un allenatore che gestisce un laboratorio farmacologico.
Numero quattro: due atleti sono risultati positivi all'Epo nel 2009, ma non sono mai stati puniti. I due casi sarebbero stati riportati sui media russi, ma la Fina, la federazione internazionale, non avrebbe mai preso provvedimenti.
Numero cinque: testimoni sono stati minacciati di rappresaglia se avessero reso pubbliche le loro rivelazioni.
Numero sei: la Russia ha il primato delle positività nel nuoto nell'ultimo decennio con 40 casi. L'ultimo della serie riguarda la ranista Yulia Efimova: il farmaco incriminato è il meldonium, reso celebre dalla rivelazioni della tennista Maria Sharapova. La Efimova, già fermata sedici mesi nell'ottobre 2013 per uso di steroidi, medaglia di bronzo nei 200 rana a Londra 2012, resta sospesa dalla Fina e rischia la squalificata a vita.
Immediate, naturalmente, le reazioni. La federazione internazionale ha negato di aver coperto le positività dei due atleti russi e ha annunciato che i migliori nuotatori del mondo potrebbero essere sottoposti fino a sette test prima dell'Olimpiade di Rio. La federazione russa ha respinto tutte le accuse, mentre Craig Reedie, presidente della Wada (agenzia mondiale antidoping) ha dichiarato che se "queste accuse dovessero essere fondate, ci sarebbe da preoccuparsi". Le parole di una figura anonima di rilievo del nuoto russo, che alle domande del Times ha replicato "se parlo con voi, finirò sotto un treno alla stazione di Mosca", bastano e avanzano per preoccuparsi. Anche nel caso del nuoto, si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un doping di Stato, protetto dai vertici del Cremlino. La stessa vicenda dei due nuotatori positivi nel 2009 alimenta i sospetti. Quando ai due atleti fu chiesto di rivelare l'identità del medico che avrebbe fornito loro le sostanze dopanti, il nome svelò un personaggio molto vicino alle autorità di polizia locali e per questa ragione la Rusada, l'agenzia anti-doping russa, archiviò la faccenda.
Ma ci sono altri elementi che autorizzano ad ipotizzare un vero doping di stato nel nuoto russo. Ad alcuni allenatori sarebbero stati offerti compensi fino a 300 mila dollari per lavorare nei centri tecnici russi, che includono nei loro dipartimenti una sezione farmacologica. La figura chiave del sistema è il dottor Sergei Portugalov, squalificato a vita dopo lo scandalo-doping nell'atletica. Portugalov si sarebbe offerto di dare il suo "aiuto" al nuoto nel 2009 e da allora i casi di positività russi sarebbero stati ben 23. Yuliya Rusanova, l'ottocentista che con il marito denunciò nel 2014 la piaga del doping nello sport russo ed è stato costretta a chiedere asilo politico in Canada nel novembre 2015, ha raccontato di aver visto "allenatori ed atleti di spicco del nuoto frequentare lo studio di Portugalov".
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