Originariamente Scritto da
Khabar
Secondo me non si è proprio letta.
La proposta in discussione
@
enigmainsoluto
è definita ius soli “temperato” proprio perché non basta essere nati sul territorio italiano per avere la cittadinanza. Anzi.
Prevede invece che un bambino nato in Italia diventi automaticamente italiano se almeno uno dei due genitori si trova legalmente in Italia da almeno 5 anni. Se il genitore in possesso di permesso di soggiorno non proviene dall’Unione Europea, deve aderire ad altri tre parametri:
– deve avere un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale;
– deve disporre di un alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge;
– deve superare un test di conoscenza della lingua italiana.
L’altra strada per ottenere la cittadinanza è quella del cosiddetto ius culturae, e passa attraverso il sistema scolastico italiano. Potranno chiedere la cittadinanza italiana i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico (cioè le scuole elementari o medie). I ragazzi nati all’estero ma che arrivano in Italia fra i 12 e i 18 anni potranno ottenere la cittadinanza dopo aver abitato in Italia per almeno sei anni e avere superato un ciclo scolastico.
Cioè che ci sia la conoscenza della lingua e della cultura di questo paese è un presupposto fondamentale per poterne diventare cittadino. Un po' diverso dal "regalare" la cittadinanza, no?
Poi, ti chiedo una cosa proprio su quello che scrivi tu:
Che ne pensi quindi dei pronipoti di italiani emigrati in SudAmerica per esempio che hanno la cittadinanza italiana ma non parlano una sola parola e non sono nemmeno mai stati nel nostro paese? Sono italiani? La legge attuale, quella che non si vuole cambiare, basata sullo ius sanguinis, dice di sì.
Altra cosa che vorrei dire. Non ne posso più del discorso "nel loro paese però". Le leggi dobbiamo farle come "risposta" o "dispetto" in relazione a quello che fanno altri? Secondo me è un concetto un po' assurdo. Dovremmo valutare la nostra situazione e ragionare su quella.
E infine, secondo me, si fa confusione tra nazione e stato. Tra "appartenenza" a una comunità di popolo nazionale, culturale, linguistico, e essere cittadino di uno Stato. IMHO non è la stessa cosa. Ci sono stati composti da più nazioni (la Spagna per esempio) e nazioni divise tra più stati (vedi gli Armeni, gli albanesi del Kosovo, ma gli esempi sono tantissimi). Posso essere cittadino di uno stato ma sentirmi di appartenere a una nazione diversa. Faccio un esempio su di me: io sono nato in Colombia, ma da pochi mesi di vita fino a oggi sono cresciuto, vissuto in Italia. Sono sempre stato cittadino italiano, ho studiato qui, mi sento profondamente italiano, ma allo stesso tempo mi sento profondamente colombiano. Perché quella è la mia terra di nascita. E non mi sento in contraddizione con le due cose, credo possano convivere molto tranquillamente.
Anche perché io credo che l'aspetto cittadinanza sia essenzialmente "burocratico" - darti un documento in cui sei registrato e di conseguenza hai diritti e doveri di quella cittadinanza, ma non definisce a quale nazione appartieni.