Nei decenni precedenti la Champions League era diventata una competizione molto elitaria, basti pensare che bisogna tornare indietro di 23 anni per trovare una finale raggiunta da una vera e propria outsider (il Porto del 2004). In tutte le altre edizioni la competizione fu monopolizzata da quella decina di top club (Barcelona, PSG, Bayern Monaco,Man Utd, Real Madrid...) che non sembravano avere rivali. Tutta un'altra storia rispetto agli anni in cui la amata Coppa Campioni poteva riservare le sorprese che gli appassionati ricordano (La Stella Rossa del '92, lo Steaua Bucarest dell'86 o il mitico Nottingham Forrest di Brian Clough che riuscì a vincere due edizioni di fila).
La Fiorentina di Vittorio per raggiungere la storica finale doveva passare da Londra dove ad aspettare c'erano i Blues del Chelsea. La partita del Terry Park di Londra fu divertente ed equilibrata, con ripetuti cambi di fronte e pericoli da ambo i lati. A spuntarla furono i viola, che per l'occasione indossavano la maglia a quarti bianco rossi del centenario. Sugli scudi salì Luciano Fagni, promosso a terza scelta in attacco dopo la cessione di Rahmati alla Juventus, che sarebbe stata finalizzata all'inizio della stagione successiva. La doppietta della giovane punta di Grosseto dava buone speranze ai viola per la gara di ritorno. Speranza che si concretizzarono con la terza rete segnata da Kamissoko. La rete di Berardi allo scadere manteneva però tutto aperto per la gara di ritorno.
La gara di ritorno a Firenze fu ben più dura della gara di andata. I londinesi ormai avevano ben poco da perdere e questo mise in difficoltà i viola che vedevano ribattersi colpo su colpo tutte le offensive. A sbloccare la situazione fu la rete di Nicolò Grillo, rete che poi lo avrebbe portato a quota 11 reti nella competizione consegnandogli la golden boot per l'edizione 2027, ma il Chelsea non sembrava intenzionato a demordere, ottenendo il pareggio quindici minuti più tardi. Il 2-1 arrivò dai piedi di Kamissoko, ma anche in questo caso durò poco, perché la rete di Abrahams rimise subito in discussione il risultato. A questo punto per Vittorio le cose diventarono complicate. Subire un'altra rete avrebbe vanificato gli sforzi della gara d'andata, per cui la scelta più appropriata sembrò dedicare gli sforzi principalmente a non prenderle. Nei successivi 30 minuti il gioco dei viola si era ridotto a qualche veloce ripartenza che però continuò ad essere sterile. Allo stesso tempo i tentativi del Chelsea venivano rintuzzati efficacemente, così il risultato finale fu un 2-2 che premiò la squadra di casa, regalando ai viola la finale di Champions League che era attesa dai tifosi dal lontano 1957.
La finale mise di fronte alla Fiorentina, per la terza volta in stagione, i campioni in carica dell'Atletico Madrid. Sebbene il blasone fosse tutto dalla parte degli iberici, i toscani arrivavano favoriti sulla base dei precedenti incontri, nella fase a gironi, in cui i madrileni avevano portato a casa 12 reti subite contro le sole 3 fatte. Il canovaccio della finale non cambiò rispetto a quanto visto nel girone, e, nonostante le preoccupazioni dovute all'assenza di Frye e Charan impegnati con USA e Suriname nella Gold Cup, la Fiorentina si impose con un netto 4-1 grazie alle doppiette di Hassan e di Magalhanes. La Fiorentina, guidata da mister De Santo, portò così a casa la sua prima Coppa dei Campioni.
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